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Editoriale

Un vivaio che ha dimenticato l’azzurro

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C’era una volta a Genova un vivaio che parlava solo italiano. Ora c’è l’estero, soprattutto l’Europa dell’Est, a fare la fortuna del Doria: una storia di cicli che si rinnovano

La Sampdoria e i suoi giovani: una storia di vicendevole amore che da anni dona soddisfazioni al club blucerchiato. Non serve scomodare gli annali del passato, ma basta portare la memoria agli anni di Fulvio Pea, quando il tecnico di Casalpusterlengo in un solo anno riuscì a portare a casa tre trofei, mancando il quarto a Viareggio contro la Juventus. Era la stagione 2008/2009 ed era la Sampdoria di Fiorillo, di Marilungo, di Mustacchio e di Donati, una squadra che pochi mesi prima era stata anche di Poli, di Volta e di Eramo. Una scuola azzurra che si faceva rappresentare ottimamente anche nella nazionale Under 21 e che è entrata nel cuore dei tifosi per i tre trofei portati a casa quell’anno sotto la guida di Fulvio Pea. Di quella rosa molti passarono in prima squadra, se non quasi tutti: il Doria si lasciò colorare di azzurro, tanto da aver avuto i suoi rappresentanti in Nazionale anche negli ultimi anni, con Soriano che era l’esempio più pregnante del nostro vivaio azzurro. Un settore giovanile che da qualche anno, però, ha smesso di considerare i nostri colori: non vuole essere una critica, ma un’amara – nonché patriottica – considerazione.

Nell’anno in cui Andrea Pirlo celebra, dall’altro lato del mondo, la generazione di talenti italiani che parte da Donnarumma e continua fino a Di Francesco, passando per Gagliardini e Verdi, la Sampdoria di Giampaolo si gode Torreira, Skriniar, Bereszynski, Djuricic ma soprattutto Schick. Proprio da quest’ultimo parte la mia considerazione, perché l’attaccante ceco classe ’96 è arrivato alla Sampdoria per appena 4 milioni di euro, una cifra decisamente bassa se iniziamo a ragionare su quello che potrebbe essere l’ammontare della vendita futura a fronte di un’annata incredibile. Dall’altro lato, intanto, la Sampdoria due anni fa aveva fatto un acquisto simile, sempre puntando sulla linea verde, un acquisto che porta il nome di Federico Bonazzoli. Classe ’97, arriva dall’Inter e dopo un anno a Genova inizia il suo biennio di prestiti: il primo anno al Lanciano è da cestinare, per quanto il ragazzo riesca a farsi le ossa in una società che retrocedere in malo modo e con una scarsa solidità dal punto di vista della programmazione; il secondo anno stenta a decollare a Brescia, dove purtroppo non trova una situazione migliore ed è nuovamente impelagato nella lotta per non retrocedere. Segna poco e rende meno, segno che il campionato cadetto non è sicuramente il suo posto, ma anche che, a differenza dello Schick visto a Genova, strada da fare ce n’è ancora. Con appena un anno di distanza tra i due, a livello anagrafico, l’attaccante ceco ha esaltato la lungimiranza sul mercato di Pecini, ma soltanto all’estero, perché in Italia sembra che il Doria non riesca più a indovinare l’acquisto.

Come dicevo poc’anzi, la mia non è assolutamente una critica a un settore giovanile che ha una tradizione da invidiare, ma semplicemente una constatazione, un po’ amara. Perché vedere il blucerchiato nella nostra Nazionale mi fa sempre piacere e che Di Biagio, CT dell’Under 21, possa scegliere i nostri per creare la spina dorsale dell’azzurro che ci fa tifare ed emozionare un’estate ogni due, mi dà sempre un brivido lungo la schiena. Però da un po’ di tempo oramai leggere le liste dei convocati delle nostre nazionali giovanili – salvo gli sporadici casi di quelle effettivamente fuori scala – ha quel retrogusto insipido che è diventata quasi un’abitudine, perché la Sampdoria in azzurro non ha più niente da portare. Va da sé che con una propensione così importante sul mercato estero è anche giusto non crucciarsi di questo aspetto: questi saranno gli anni di Baumgartner, di Tomic, di Balde. Quest’ultimo si è guadagnato anche la convocazione in prima squadra per l’amichevole con il Lugano, durante la quale ha lasciato un segno sulla traversa dopo aver provato a trovare il gol diverse volte: se in Primavera ne ha già fatti otto, il ragazzo ha dimostrato di avere una propensione all’area di rigore decisamente alta. Non quanto Ponce, che l’anno scorso ha sfoderato cifre da capogiro per la classifica marcatori, ma sicuramente un ottimo inizio. Insomma la nostra scuola è diventata questa, il nostro vivaio si è dimenticato dell’azzurro, ma ha scoperto che al di là delle Alpi c’è davvero tanto da scoprire e da portare a casa, che siano cechi, slovacchi, brasiliani o colombiani. Probabilmente è una questione di cicli anche per Genova: se nove anni fa la nostra Primavera si era tinta per la maggior parte d’azzurro, adesso è giusto tentare un’altra strada. Tanto, in un caso o nell’altro, la nostra Nazionale la tiferemmo lo stesso. Magari con un Vrioni in più.

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