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Vierchowod: «Wembley? La Sampdoria era più forte del Barcellona. Sull’Italia di Mancini…»
Pietro Vierchowod, ex difensore della Sampdoria, ha rilasciato alcune dichiarazioni a El Pais sull’Italia di Mancini, Vialli e sul suo passato in blucerchiato
Pietro Vierchowod, ex difensore della Sampdoria, ha rilasciato alcune dichiarazioni a El Pais sull’Italia di Roberto Mancini, Gianluca Vialli e sul suo passato in blucerchiato. Il suo ricordo.
RITIRO – «Non ne avevo abbastanza di calcio, anzi. Però a 41 anni era difficile trovare una squadra di prima fascia. in buone condizioni. Mi avevano offerto un contratto in Serie B, ma non volevo scendere di categoria dopo 21 anni di Serie A».
RICORDI – «A quell’età marcavo Ronaldo, il brasiliano, nei suoi momenti di massima velocità, correvamo insieme. Ero un velocista. A causa delle mie condizioni fisiche avrei potuto continuare a giocare per più anni, certo. La gente mi diceva che ero un fenomeno della natura, ma anche l’allenamento quotidiano mi aiutava molto. Quando ero giovane tecnicamente non ero bravo, sono migliorato molto perché mi allenavo da solo due ore in più degli altri per migliorare la tecnica. Ero un difensore centrale un po’ speciale perché partecipavo molto al gioco. Infatti ho segnato 38 goal in Serie A».
ITALIA – «Se Mancini mi ha mai chiesto di entrare nel gruppo della Nazionale? Sono un solitario. Mi piacciono gli amici nel vero senso della parola, ma ciò non significa che bisogna stare sempre insieme. Mi fa molto piacere vedere i miei compagni di squadra dello Scudetto tutti insieme, in una squadra che è stata ricostruita da loro negli ultimi anni, dopo non essersi qualificata per il Mondiale in Russia. Mancini sta facendo un ottimo lavoro e ha ricordato i suoi amici della Samp per questo progetto. Queste semifinali sono la ricompensa per il lavoro svolto e possono ancora fare un passo in più se arrivano in finale, ma non avranno vita facile con la Spagna».
CHIELLINI E BONUCCI – «Sono molto diversi. Chiellini è l’ultimo grande difensore italiano. Bonucci, come difensore, non è un granché, ma ha una buona visione di gioco, anche se in fase difensiva lascia a desiderare. Certo, si completano a vicenda molto bene».
MANCINI – «Anche allora parlava molto di tattica e i giocatori più importanti della squadra, lui, Vialli o io, discutevamo sempre di come dovevamo giocare. Ce l’aveva già dentro, passava la giornata a parlare di calcio. Il calcio era il suo pensiero fisso».
BOSKOV – «È stata la squadra a decidere come giocare. Quando hai grandi giocatori, sono loro che decidono il tipo di gioco. Se un allenatore decide di giocare in un modo e i calciatori più importanti non lo capiscono, non lo faranno mai. Dal mio punto di vista una grande squadra si gestisce da sola, non ha bisogno di imparare nulla. I grandi giocatori sanno già cosa fare in campo. Boskov è stato importante perché ci ha fatto sentire tutti importanti, anche l’ultimo in rosa. Questo è un vantaggio per un allenatore di una grande squadra che ha poco da insegnare».
WEMBLEY – «A Wembley abbiamo perso, ma meritavamo di più. Nel calcio può vincere anche chi non lo merita. Per una squadra come noi, che quell’anno ha giocato la Coppa dei Campioni per la prima volta, è stato un grande premio. Continuo a pensare che la Sampdoria fosse più forte del Barcellona. È stata bellissima come esperienza».