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Vierchowod: «Rapporto speciale con Mantovani. Una volta mi disse…»

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Pietro Vierchowod, uno degli eroi dello Scudetto della Sampdoria, ricorda gli anni d’oro del club blucerchiato: le sue parole

Pietro Vierchowod, uno degli eroi dello Scudetto della Sampdoria, ricorda gli anni d’oro del club blucerchiato: le sue parole a Tuttosport.

SCUDETTO – «Con il presidente avevo un rapporto speciale. Un giorno mi disse: “Pietro può fare e dire tutto quello che vuole”. Una cosa così detta da lui era davvero importante. Ma tutto il gruppo aveva uno splendido rapporto con il presidente. Lui credeva in ognuno di noi e noi lo adoravo. E questo incredibile Scudetto e le altre vittorie sono arrivate proprio grazie alla coesione, alla fora di un gruppo di ragazzi eccezionali ma anche grazie a una gestione societaria straordinaria. Allora conquistammo il tricolore, un evento impensabile per una società mai ci era riuscita prima. Vero, prima di noi ci furono gli esempio di Cagliari e Verona, eccezioni che confermavano la regola pro grandi. Ma il nostro scudetto fu un evento epocale. Difficile trovare le parole giuste per descrivere ciò che provammo tutti noi. Meglio ricordare con il pensiero».

CALVACATA – «Eravamo reduci dal trionfo in Coppa delle Coppe di Goteborg, più maturi e convinti delle nostre possibilità. Ma imporsi in Italia è più difficile che in Europa. La società seppe creare una squadre che era il giusto mix tra giovani e giocatori esperti. Per esempio, Cerezo in quanto a esperienza e classe, fu fondamentale. Il collettivo era solido, dietro c’eravamo solo io e Moreno Mannini, gli altri appena potevano andavano tutti in avanti. Marcature rigorosamente a uomo, uno contro uno, e se il tuo avversario di turno ti faceva gol poi durante gli allenamenti venivi massacrato da sfottò e prese in giro dai tuoi stessi compagni. Adesso vedi tutti gli undici in campo tornare indietro a difendere, allora ognuno di noi se la vedeva con uno specifico avversario, un duello in cui tu eri solo».

GOL MANNINI – «Dopo aver battuto l’Inter a San Siro sentivamo di avere lo Scudetto in tasca. Ma tra scaramanzia e precedenti illustri la settimana pre Lecce è trascorsa a testa bassa, a lavorare sul campo di allenamento. Sapevamo che avremmo giocato a Marassi, davanti ai nostri tifosi e questo ci tranquillizzava. Poi la partita, davanti a un pubblico in delirio. Quando Mancini inventò un gol spettacolare, lui che non segnava mai, ho pensato: eh sì, questo è proprio l’anno giusto per vincere, se fa gol pure lui significa che non possiamo più perdere».

BOSKOV – «Più che un allenatore era un gestire dello spogliatoio. Aveva una forte personalità, ma sapeva sempre come prendere ciascuno di noi e tranquillizzarci nei momenti difficili. Lui era abituato a gestire campioni, aveva allenato pure il Real Madrid e i suoi sorgili erano preziosi e sempre azzeccati. Lui con noi era un po’ come mister Bianchi al Napoli. E che vuoi insegnare calcio a Careca, Maradona? Devi solo gestirli».

DOPO LA SAMPDORIA – «Dopo l’esperienza a Genova andai alla Juventus e al Milan. La gestione di questi due club era già allora molto aziendale e schematica. Nella Sampdoria invece ci gestivamo noi, le regole erano sancite da allenatore e gruppo».

VISITA AL PAPA – «C’era chi aveva i capelli biondi, chi la parrucca, chi la cresta. Era il nostro modo di festeggiare un po’ goliardico. Fummo pure ricevuto dal Papa, Giovanni Paolo II, che si stupì in modo particolare dell’enorme cresta multicolore che portava il nostro magazziniere Boston. La visita al Papa fu molto emozionante. La partita in campo finì 3-3 e per la cronaca segnai anche io».

SPERANZA – «Quei giorni furono incredibili con i nostri tifosi in delirio. Celebravamo un evento che non aveva precedenti, molto più importante della Coppa Italia e della Coppa Coppe che avevamo vinto in precedenza. Quei trofei ci aiutarono ad acquisire quella mentalità vincente che ci ha permesso di conquistare lo scudetto e di arrivare, l’anno dopo, alla finale di Champions League a Wembley contro il Barcellona, sfortunatamente persa. Era una grande Sampdoria, fatta di campioni ma soprattutto di ragazzi diventati uomini. Fu un’esperienza che ha segnato in maniera positiva tuti noi che l’abbiamo vissuta. E dico che tutto fu possibile grazie alla lungimiranza e alla capacità di un uomo, Paolo Mantovani. Prese i migliori giovani italiani, li fece crescere, li aspettò, mise loro accanto qualche giocatore d’esperienza infine li affidò a un maestro di calcio e di spogliatoio. E il suo lavoro diede un frutto indimenticabile, entrato nella storia del calcio. Spero arrivi presto alla Sampdoria un altro Paolo Mantovani…»

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