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Vierchowod: «1 aprile 1992? Fu la partita delle partite»
Il primo aprile del 1992 la Sampdoria andava a vincere a Sofia contro lo Stella Rossa: il ricordo di Pietro Vierchowod
Pietro Vierchowod ricorda la partita disputata a Sofia il 1 aprile 1992 contro lo Stella Rossa. Le parole dell’ex difensore della Sampdoria a La Repubblica.
PARTITA DELLE PARTITE – «Per tanti fattori, che uniti assieme rendono il trionfo eccezionale e immortale. Innanzitutto bisogna ricordare il clima di terrore che si creò per tutta la giornata. I serbi erano in guerra, in noi italiani vedevano la Nato, l’Occidente, ci odiavano. Fa effetto, pensando all’Ucraina, parlare di queste cose ora, ma sotto certi aspetti la situazione era simile. I loro tifosi, armati di mazze e bastoni da hockey, davano la caccia all’italiano. Se lo trovavano, erano dolori».
PAURA PER LE STRADE – «Rammento tutto. Ricordo la paura di mia moglie Carmen, di alcuni miei amici, di tanta gente che conoscevo. Proibito fare i sottopassi, erano luoghi per agguati. La gente si rifugiava nelle chiese, nei negozi. Un clima di terrore incredibile, molti furono i feriti. Pensare che si era evitato di giocare a Belgrado, per evitare guai, data la guerra civile in Yugoslavia. Ma Sofia era a 80 chilometri, ci arrivarono sessantamila tifosi e naturalmente tutti i più feroci».
ORE TESE – «Simili a quelle dei tifosi. Ezio Marchi, il massaggiatore, fu aggredito e picchiato. Eravamo in passeggiata con Boskov, lui era rimasto una cinquantina di metri indietro. Fatali, prese un sacco di botte. Potete immaginare con che spirito ci trasferimmo allo stadio».
RISCALDAMENTO SOTTO LA CURVA – «Ci voleva un gesto forte, per vincere il terrore, per far capire che eravamo pronti a giocarcela. Decisi di andare in campo a torso nudo, da solo, di fare il riscaldamento sotto la loro curva, guardandoli, mentre mi insultavano. Dissi ai compagni: io vado, chi vuole venirmi dietro…»
IMPRESA – «Non lo so, di sicuro fu l’inizio. Lo sapete io ero un po’ matto, di sicuro incosciente. Fui un esempio, trascinai, ma i miei compagni non furono da meno. In campo disputammo la partita perfetta, anche perchè mettiamo in evidenza pure il resto, non solo i loro tifosi violenti».
STELLA ROSSA – «Affontavamo una squadra di fenomeni. Io dovevo marcare Savicevic, un fuoriclasse. Non gli feci toccare palla. E poi c’erano Mihajlovic, Jugovic, Pancev, Belodedici, Stojkovic e tanti altri ancora. Era quella la finale e, seppure in un girone, non potevamo permetterci il pareggio. La Stella Rossa era più forte del Barcellona, ciò non fa che aumentare il rimpianto di Wembley. Non solo: dopo 11 minuti eravamo già sotto. Punizione di Mihajlovic, rete, corrida. Ma pure noi eravamo forti, rispondevamo colpo su colpo: fondamentale il pari di Katanec prima dell’intervallo. Nella ripresa non ci fu storia: dominio, gol di Vialli e Mancini, trionfo, la nostra gente in delirio. Volete sapere la cosa più incredibile? A fine gara uscimmo dal campo fra gli applausi. I tifosi della Stella Rossa avevano capito: eravamo noi i più forti, li avevamo conquistati. Entrando nella storia».