Editoriale

Un sogno chiamato Coppa Italia

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Il primo ostacolo per la Coppa Italia è stato superato: ora ne mancano tre per poter tornare a competere in una finale, per vendicarci dei rigori con la Lazio

Quando a inizio stagione in molti puntavano sulla Coppa Italia ero uno dei primi scettici, perché affrontare squadre di livello superiore in una gara secca non mi sembrava il modo migliore per vincere un trofeo. Fatto sta che poi ho visto crescere questa squadra, ho visto come giocava la Sampdoria di Giampaolo quest’anno, di cosa era capace – Udine e Bologna escluse – e mi sono ricreduto. Già solo l’aver domato la Fiorentina in campionato fa ben sperare per gli ottavi di finale della Tim Cup, che si giocheranno il 13 dicembre prossimo: avere poi la Lazio sul proprio cammino, nella sfida successiva, fa altrettanto ben sperare, perché delle cinque squadre che ci precedono è sicuramente la più abbordabile, al momento. E in ogni caso il campionato ci ha dimostrato che abbiamo battuto la Juventus, fatto tremare le gambe all’Inter e che quindi ai biancocelesti qualcosa potremo saper dire.

La gara di ieri sera col Pescara è stata, d’altronde, troppo facile, fin troppo. A parte il gol segnato da Benali, che è figlio di una sfortunata deviazione nostra in porta, in campo c’è stata una sola squadra: Zeman dice che se si prendono due gol in otto minuti ci sono dei problemi, e indubbiamente la sua linea difensiva era dannatamente alta e non sulle marcature a uomo, tanto da permettere per ben due volte ai nostri di ritrovarsi liberi di andare al cross e poi segnare. Al di là, quindi, del fiuto del gol che ha dimostrato ancora una volta Kownacki, della duttilità tattica di Caprari, della rapidità di Ramirez, a metterla in discesa questa partita è stato proprio il Pescara. È chiaro che il Doria ci ha messo del suo, a partire da Puggioni, che nella ripresa ha salvato la sua porta con una reattività che forse in campionato non s’era mai vista, fino a chi ha finalmente assaporato i novanta minuti di gioco. Perché, d’altronde, il turnover serve anche per dare visibilità e possibilità a chi tutto l’anno è relegato in panchina, non per cattiveria, ma per necessità di gerarchie.

Adesso, però, Giampaolo non dovrà compiere l’errore della scorsa stagione, quando andò a giocarsi gli ottavi di finale con la Roma schierando una Sampdoria B. È pur vero che le “seconde linee” di quest’anno sono molto più avvicinabili alla squadra titolare, a partire da Caprari, Alvarez, Verre, Capezzi e Regini, ma sarà fondamentale per il nostro tecnico capire l’importanza di questa competizione per i tifosi e per il pubblico blucerchiato. La finale persa ai rigori con la Lazio di Delio Rossi pesa ancora e vorremmo tornare a giocarla, una finale, valorizzando quelle che sono le nostre competenze tattiche e la nostra fame. La Fiorentina è un avversario abbordabile, che abbiamo già domato, la Lazio scopriremo già domenica che cosa ci riserverà e come può essere arginata, poi dalle semifinali inizierà un torneo completamente nuovo: che sia Inter o Milan ci proveremo, perché ne abbiamo l’obbligo morale.

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