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Thorsby: «Il calcio può veramente cambiare il mondo»

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Morten Thorsby, intervistato da Diletta Leotta, ha fatto il punto sul sul suo impegno a favore dell’ambiente e della natura: le sue parole

“Day Off” il programma su DAZN condotto da Diletta Leotta ha intervistato Morten Thorsby. Le parole del “Greta Thunberg” della Serie A.

IL DAY OFF DI THORSBY«Mi rilasso di più quando sono immerso nella natura, per me è importante stare negli spazi verdi: mi dà tanta energia. Nei miei day off qui a Genova, se è una bella giornata vengo in spiaggia, ma mi piace molto anche andare in montagna. Quando vado in mezzo alla natura cerco sempre di fare la mia parte e se trovo qualche rifiuto in giro lo raccolgo».

L’AMORE PER LA NATURA«Il fatto di essere cresciuto in Norvegia ha favorito il mio amore per la natura. Sono cresciuto tra foreste, mare e montagne. Quando sono arrivato in Italia, poi, ho capito che l’ambiente è fondamentale: senza la natura noi non possiamo vivere. Dico sempre che il mio impegno per la natura è come una sorta di affitto che pago per abitare qua. Siamo fortunati, viviamo vite belle ma sappiamo anche che dopo di noi verranno altre generazioni. È tutto circolare, proprio come in natura: per questo dobbiamo sempre pensare a chi verrà dopo di noi. Non è niente di complicato, semplicemente vogliamo qualcosa di migliore per i nostri bambini e per gli animali. Dobbiamo lasciare questo pianeta nella migliore condizione possibile».

IL NUMERO DI MAGLIA«Ho scelto il 2 perché è un simbolo dell’Accordo di Parigi di sette anni fa: dobbiamo limitare il riscaldamento globale a massimo 2 gradi. È una sfida che il calcio ci può aiutare a combattere, così come ha fatto per tante altre battaglie: i diritti delle donne, la lotta al razzismo e la crisi in Ucraina ad esempio».

IL CALCIO CAMBIA IL MONDO«Penso davvero che il calcio possa cambiare il mondo. Ci sono più di 4 miliardi di tifosi in tutto il mondo. È il fenomeno sociale più grande al mondo. È difficile capire quanto sia grande il calcio, ma è qualcosa di pazzesco. Io penso che tutti, dai giocatori ai tifosi fino ai giornalisti, possano fare la differenza».

ESEMPIO«Più forte divento nel calcio, più forte diventa la mia voce. Posso usare la mia voce in modo positivo per le questioni che dobbiamo cambiare. Io ho messo l’ambiente e le tematiche al centro, perché penso che sia la cosa più importante sul lungo termine».

INSEGNAMENTO«Provo sempre a non insegnare, ma semplicemente a dare l’esempio agli altri. Provo a essere positivo e a far vedere che è bello andare in macchina elettrica e mangiare vegetariano ad esempio. Questa è la cosa più importante per cambiare: a nessuno piace ricevere lezioni, il cambiamento non funziona così. Il cambiamento parte con il primo passo verso la consapevolezza: prima bisogna capire, poi si può provare a cambiare. Con i miei compagni sta funzionando, sia con i giovani sia con gli adulti. Secondo me molti calciatori stanno capendo che dobbiamo cambiare. Io parlavo di queste cose già 7 anni fa e all’epoca tutti ridevano, invece adesso tutti mi ascoltano di più e il cambiamento sta avvenendo».

CALCIO E AMBIENTE«Il calcio gioca la sua partita per l’ambiente su due campi. Un campo è quello dell’impatto ambientale del sistema calcio: i viaggi, gli stadi, l’abbigliamento e tutto ciò che si può cambiare. L’altro campo è quello rappresentato dall’influenza che il calcio ha sui tifosi. Pensiamo a tutte le persone, anche giovani, che guardano il calcio: in questo senso possiamo portare loro un valore positivo».

L’ITALIA E LA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO«L’Italia la vedo in un momento positivo per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico. Adesso è il momento in cui bisogna fare le cose concrete: tutti dicono che dobbiamo cambiare, ma come? Per questo ho fondato We Play Green, la mia fondazione che lavora per sensibilizzare il mondo del calcio sulle tematiche green. Il primo progetto concreto su cui stiamo lavorando adesso riguarda l’abbigliamento nel mondo del calcio: ogni anno cambiamo le maglie e buttiamo via tutto. Abbiamo lanciato una borsa green in cui tutte le squadre mettono il materiale dell’anno precedente e noi pensiamo a come far avere una seconda vita a tutto questo abbigliamento»

L’AMORE PER LE COSE SEMPLICI«Penso che la felicità più grande sia nelle piccole cose, ma è facile dimenticarlo. Viviamo in un mondo molto veloce, quindi i momenti più belli li viviamo quando riusciamo ad assaporare le piccole cose. Per esempio, vedere una pianta che cresce o un albero che mette le foglie in primavera mi fa impazzire. È un processo naturale che esiste da sempre e che si ripete ogni anno. Il mio equilibrio è proprio questo: mi piace stare in campo e competere, ma anche trovare momenti di totale relax nella natura».

L’AEREO«Prendere l’aereo è una delle cose che fa più male al pianeta, ma a volte capita che lo devi prendere per forza. Io spesso devo prenderlo per lavoro, cerco di non farlo quando sono in vacanza. È difficile parlare di queste cose quando sei una persona come me, perché possono accusarmi di andare in aereo nonostante i messaggi che lancio. Ma io non sono perfetto, nessuno di noi è perfetto, questo è importante da capire. Sono lontano dalla perfezione, ma provo a migliorare. Non dobbiamo essere perfetti domani, ma tra 30 anni dovremo essere migliori. Se tutti noi proviamo a migliorare, da qualche parte arriviamo, questo è sicuro».

ITALIA-NORVEGIA IN MACCHINA«Negli ultimi 2-3 anni sono andato e tornato dalla Norvegia sempre in macchina. Sono 24 ore di viaggio più o meno, ci metto due giorni. La mia fidanzata mi dà il cambio alla guida, è una bella esperienza perché vedi tutta l’Europa. Adesso siamo abituati ai viaggi veloci, dobbiamo arrivare subito alla destinazione. Questo è un altro modo di viaggiare, fare il viaggio diventa parte della tua vacanza. Ovviamente bisogna cambiare un po’ la mentalità per farlo».

IL CALCIO LO HA SCELTO, NON VICEVERSA«Ho fatto tanti sport da bambino e da ragazzo: tennis, scialpinismo, sci di fondo. La scelta era tra lo sci di fondo e il calcio, mio padre era un campione di sci di fondo. A volte dico che è il calcio che mi ha scelto, non sono io che ho scelto il calcio. Quando avevo 17 anni non sapevo se andare all’università o se continuare col calcio, poi mi ha chiamato l’Heerenveen e adesso eccomi qua in Italia, alla Sampdoria. Alla fine, ho seguito questa strada senza pensarci troppo».

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