2014

SXIX – Zenga: «Ritorno alla Samp? Ci siamo sentiti con Sensibile…»

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Classe ’60, Walter Zenga è uno dei più grandi ex tra i portieri che hanno vestito la maglia della Samp. E pensare che il suo arrivo nell’estate del 1994 lui se lo ricorda ancora: «Come potrei scordare quell’estate? E’ stato uno dei primi esempi della falsità del mondo del calcio». Zenga si spiega meglio: «Dopo tanto di Inter, che reputavo casa mia, mi comunicò il trasferimento solo il Mancio con una telefonata. Né il presidente Pellegrini né l’allenatore Bianchi. Tra l’altro successe a tre giorni dalla finale di Coppa Uefa. Mondo spietato il calcio…».

DICI SAMP, LEGGI MANCIO – All’epoca Zenga provò a prenderla con filosofia: «La Samp era da sempre la mia seconda squadra: ero stato anche a Wembley per la Coppa Campioni. Venivo volentieri, ma quella telefonata mi insegnò due cose: la falsità dell’ambiente e ciò che Mancini rappresentava al Doria. Era l’uomo squadra in campo, ma anche il leader e quasi il manager fuori. L’insegnamento che ho tratto per la mia carriera è che da allora parlo sempre in faccia ai miei giocatori: nascondersi non è mai una soluzione». Moltò di quell’affare passò dal Mancio: «E’ così, da lui e da Borea. Il Mancio per me è stato sempre la Sampdoria in persona. L’avevo intuito anni prima, quando giocavo con lui e Vialli in Under 21. Intendiamoci, il Mancio è stato sempre un gran cagacazzi (si può dire?, ride, ndr), però lui era la Samp in tutto e per tutto».

RITORNO IN BLUCERCHIATO – Non per nulla qualcuno a Genova ne sogna il ritorno: «Mancini a Genova lo riprenderebbero ieri, non per lamentarmi ma è quello che non succederà mai a me all’Inter – commenta l’ex blucerchiato ai microfoni de “Il Secolo XIX” -. Eppure io mi riconosco una certa bravura in panchina e mi tengo stretto il complimento che mi fece un certo Mourinho quando disse: «Zenga è uno dei pochi che sa come si allena e si gestisce una squadra».». Zenga invece è stato vicino a tornare alla Samp: «Sì, prima dell’arrivo di Ferrara per tre giorni l’allora d.s. Sensibile mi contattò per parlarne. Sarei venuto a piedi».

MIHAJLOVIC – Vent’anni fa, in quella Samp, c’era proprio Sinisa Mihajlovic: «Ed era esattamente come oggi: crudo, diretto, onesto. Giocava terzino sinistro e mi sono sempre trovato bene con lui. Sempre onesto, come me. E’ rimasto lo stesso come allenatore ed è una delle sue doti. Come le punizioni. Non i rigori però… (ride, ndr)». Un riferimento alla Supercoppa Italiana del 1994 contro il Milan: «Ovvio, al Meazza. Eravamo andati in vantaggio con una sua punizione, ma poi dal dischetto si è fatto murare da Rossi. Lo sappiano i suoi ragazzi di oggi quando si lamenta di un errore (ride, ndr)». Altri ricordi di Sinisa: «Tanti, era uno spogliatoio frizzante. Ricordo che in campo facevamo un casino pazzesco quando le difese protestavano sulle punizioni, perché l’arte di Sinisa era mettere il pallone dove voleva».

DUE STAGIONI A GENOVA – Il ritratto di quella stagione nelle parole di Zenga: «Partimmo forte, eravamo un bel gruppo. Poi a novembre tornò quell’altro rompiscatole di Ruud (Gullit, ndr) dal Milan e il giocattolo si è un po’ rotto perché potevano giocare solo tre stranieri e avevamo già Sinisa, Jugovic e Platt. Scherzo ovviamente: Gullit è un amico, ma lasciare fuori uno straniero di quei tre non fu indolore. E poi Sinisa sbagliò un altro rigore con l’Arsenal in semifinale di Coppa delle Coppe…». Sulla seconda stagione a Genova: «Mi ruppi subito i legamenti e Sinisa si spostò difensore centrale. La difesa era Balleri, Mannini, Mihajlovic ed Evani: in pratica non avevamo uno che fosse un difensore. Bastavo io in porta».

TIFOSI E MANTOVANI – Sul rapporto con i tifosi blucerchiati: «Fantastico. Un giorno vennero a Bogliasco a dirci che ci avrebbero contestato. All’ingresso in campo a Marassi volò qualche fischio. Poi vincemmo con il Brescia e in 15 minuti dopo la partita il presidente Mantovani corse nello spogliatoio: «Uscite, c’è la Sud che continua a cantare». C’è da aggiungere altro?». Un ricordo per un simpatico di quel gruppo: «Il team manager Giorgio Ajazzone, detto Il Cobra. Fatemelo salutare». Sui Mantovani: «Una famiglia con stile. Basti dire che a chi si rompeva durante la stagione era quasi garantito il rinnovo di contratto. Io che mi ero rotto legamenti e poi setto nasale nell’ultima di Vicenza per Mancini ero un “fortunato”. Ero lì a terra dolorante e lui mi fischiettava: «Che culo, ti rinnovano»…».

FUTURO E PORTIERI – Per ora Zenga continua la sua avventura a Dubai. Ci si chiede se gli manca l’Italia: «Ovvio, ma ho scelto questa vita e sto bene. In Italia tornerei solo se arrivasse una chiamata importante, ma chi volete che lo chiami uno come me (ride, ndr)…». Su Tavecchio e i commenti dal suo posto di lavoro: «Abbiamo fatto una figuraccia inutile. Dopo quell’uscita infelice poteva fare una donazione a una qualsiasi onlus anti-razzismo e dire: «Ho sbagliato, scusate». E finiva lì. Invece siamo stati criticati come un paese che non sa come va il mondo». Chiusura sulla questione portiere in casa Samp. Zenga si lancia in un suggerimento: «Conta dire ai diretti interessati chi sarà il primo e chi la riserva senza equivoci. Mihajlovic non ha bisogno di consigli, l’avrà già fatto...».

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