2014
SXIX – Palombo e il tredicesimo ritiro: «Il calcio e la Samp sono la mia vita»
Angelo Palombo è il veterano di questa Samp: per lui è il 13esimo ritiro con la maglia blucerchiata. Nonostante qualche acciacco, Palombo tiene sempre botta: «Altroché, il calcio e la Samp sono la mia vita. Quindi giocare a calcio nella Sampdoria è la cosa più bella che mi possa capitare. Devo dire che lavorare in questo momento della mia carriera con Mihajlovic mi sta dando una mano. Perché gli allenamenti sono sempre duri, si corre tanto, però lavoriamo moltissimo con il pallone. E questo aiuta, perché fatichi sì, ma ti diverti. E’ l’allenatore, tra quelli che ho avuto, che utilizza maggiormente la palla. Ed è la prima cosa che mi viene in mente quando penso a questo ritiro. Oltre al fatto che c’è un nuovo presidente…».
AGLI INIZI – Forse proprio per lui il cambio è stato più strano da digerire, visto che Palombo è stato uno dei primi acquisti dell’era Garrone. Angelo partì con Garrone e Novellino: «E Marotta. Che dire di Novellino, si viveva molto alla giornata con lui. Cioè le nostre giornate dipendevano da come si alzava al mattino. Ricordo le urla in certi allenamenti, in mezzo ai monti del Trentino risaltavano ancora di più. Era il suo modo per aumentare la concentrazione. Quando girava bene ero “Angelo”, quando girava meno bene ero “Palombo”. Ricordo anche che a tavola era meglio tenere un profilo basso. La regola era parlare piano e ridere il meno possibile. C’è stata un’evoluzione e se oggi ti scappa una battuta a pranzo, con la giusta misura, nessuno la nota più».
WALTER E CASSANO – Poi è arrivato Mazzarri, rimasto a Genova per due anni: «Fumava da tutte le parti. Appena poteva se ne accendeva una. E poi erano quelle sigarette sottili… gli dicevo: «Mister, che fa, fuma le sigarette da donna?». E lui: «Oh bimbo, vacci piano..». – racconta Palombo a “Il Secolo XIX” -. Ricordo anche il suo mitico “phon” del quale avete parlato tutti e Antonio Cassano lo prendeva in giro proprio per quello. Ricordo anche i suoi allenamenti, brevi ma intensi. Brevi… cioè, non lunghi. E questa è un’altra caratteristica che ho trovato in tutti gli allenatori che ho avuto, l’intensità».
DEL E DI – Con Gigi Del Neri non è iniziata bene: «All’inizio non toccavo palla. Ma proprio non la toccavo e un po’ mi innervosivo. Ero andato da lui e gli avevo detto: «Mister, non riesco a toccar palla». E lui mi aveva tranquillizzato, mi aveva spiegato che il suo modulo era particolare e che per i due centrocampisti centrali ci sarebbe voluto un po’ di tempo. E così in effetti è stato: quella stagione è stata indimenticabile». Al suo posto è arrivato Di Carlo nel maggio 2010: «Bravissima persona e bravo allenatore. Ricordo la sua pacatezza e preparazione. Io ero arrivato a Moena qualche giorno dopo per via del Mondiale. Affrontava ogni situazione con pacatezza, senza urlare. Era stato un buon ritiro, si pensava al preliminare di Champions League. Le attese erano alte».
RIPARTIRE DALLA B – Su Atzori: «Ha dovuto gestire uno dei ritiri più complicati, sopratutto dal punto di vista psicologico. La retrocessione era stata una mazzata. Ricordo il prete che era venuto a benedirci prima di un’amichevole e alla fine quella benedizione ci era servita visto che siamo riusciti a tornare in Serie A colmano un ritardo di 20 punti – ricorda il centrocampista e vice-capitano della Samp -. Ricordo che è stato il ritiro più faticoso della mia vita. Sognavo quasi di notte il preparatore Carlo Simionato. Quanto abbiamo corso…».
L’ULTIMO BIENNIO – Al ritorno in A, è stato il turno di Ferrara. Ma Palombo era fuori dai piani societari e si allenava con Beruatto a Bogliasco: «Nonostante tutto, è stata un’esperienza di vita per me. La ricorderò sempre». Delio Rossi è stata un’altra storia: «Me lo vedo con il cappellino e gli occhiali da sole in bicicletta, qui nel sentiero del bosco, che ci sta davanti mentre corriamo e dice qualcosa tipo: «Dai forza…». E me lo vedo in mezzo al campo quando ogni tanto se ne usciva con qualche battuta delle sue… ed era anche il primo a riderne. Era solo un anno fa».