2014

Soriano e Mustafi alla stampa tedesca: «Dalla gavetta alla nazionale grazie alla Samp»

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E il mondo si accorse di Soriano e Mustafi. Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, nella sua edizione online, ha dedicato ampio spazio ai due calciatori di nazionalità teutonica; ieri a Bogliasco c’è stato un incontro tra alcuni membri della redazione di FAZ e i due blucerchiati.

Dalle origini in Germania fino alle rispettive nazionali maggiori: i due gioielli della Sampdoria hanno raccontato la loro storia calcistica e non solo. «È stato difficile separarsi da amici e famiglia. All’inizio c’è un sacco di nostalgia», racconta Roberto. E come dargli torto? Da Darmstad a Monaco a soli 15 anni, sarebbe dura per chiunque. Poi la chiamata della Sampdoria. L’Italia, il paese di origine dei genitori. Inizialmente il numero 21 doriano ebbe qualche perplessità a trasferirsi: «In un primo momento decisi di restrare. Poi mi dissero che a Genova mi volevano per la prima squadra». Ed ecco quindi il Soriano blucerchiato.

Quindi Shkodran Mustafi, da una squadra di paese all’Amburgo alla Premier League: «Per me la Premier è il miglior campionato del mondo e ho pensato di lasciare Amburgo per crescere». Un ambiente diverso, duro, in cui tutti sono trattati allo stesso modo: «Avevo solo 17 anni. Gli inglesi sono molto diretti perché tutti sono trattati allo stesso modo ed è difficile. Che tu abbia 17 anni o 35 nel calcio inglese ti dicono tutto in faccia. Non è stato facile, ma sono cresciuto molto sia sul piano fisico che caratteriale in questi due anni e mezzo».

Due ragazzi che hanno fatto la gavetta, che si sono sudati tutti i traguardi raggiunti, culminati nelle convocazioni di Prandelli e Low. Grazie all’arrivo di Mihajlovic alla Sampdoria, i due sono cresciuti tantissimo: «Lui ha detto che gli piace come gioco – racconta Roberto Soriano – E non avrei dovuto avere paura di affrontare un uno contro uno, o di poter fare qualche errore». Prosegue poi Mustafi: «Ha detto che ci avrebbe fatto giocare diversamente. Non devo più guardarmi le spalle ma posso anche uscire palla al piede. È stata una liberazione per me, era quello che avevo imparato a fare in Germania, il mio gioco».

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