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Bereszynski: «La Sampdoria ha progetti ambiziosi. Futuro? Vedremo»

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Bartosz Bereszynski, difensore della Sampdoria, ha parlato della situazione del calcio, degli Europei, del suo presente e del suo futuro in blucerchiato

Il difensore della Sampdoria, Bartosz Bereszynski ha parlato a meczyki.pl del suo futuro, della stagione, degli Europei e della situazione del calcio dopo la pandemia. Le sue dichiarazioni.

STAGIONE –  «Nell’anno precedente, che era considerato di transizione, abbiamo lottato fino all’ultimo per mantenere la categoria. La squadra era in ricostruzione, abbiamo fatto due o tre cambiamenti interessanti ma poi siamo arrivati all’obiettivo. In questa stagione l’obiettivo della Sampdoria era soprattutto stabilizzarsi. Abbiamo completato questo compito. Probabilmente poteva andare un po’ meglio, perché abbiamo avuto delle evitabili battute a vuoto, ma in generale si vede che stiamo andando nella giusta direzione. La Samp ha progetti ambiziosi e vuole crescere».

SAMPDORIA – «Quando ero in salute, giocavo sempre. In qualche partita sono stato pure capitano. Negli anni successivi il mio arrivo, sono riuscito a prendere la fascia dal braccio di Fabio Quagliarella. È stato un grande onore e un grande momento per me. Mi sentivo molto bene fisicamente. Ho giocato in vari ruoli, nella difesa a tre da centrale e in quella a quattro da laterale. Sento la fiducia in entrambi i ruoli. Dal punto di vista calcistico, penso che questa sia la mia migliore stagione in Serie A».

FUTURO E RINNOVO – «L’offerta dal club è arrivata. La Samp mi parla come se fossi un futuro capitano. Vorrebbero che restassi con loro per il resto della mia carriera. Questo è, ovviamente, un grande onore. Mi sento molto a mio agio qui, stiamo discutendo, ma non c’è fretta, perché ho ancora un contratto di due anni. Vedremo cosa accadrà. Ci saranno molti cambiamenti nel club. Claudio Ranieri se n’è andato e cambierà anche il reparto sportivo, quindi vediamo con calma. Non ho pressione. Penso ad EURO 2020  davanti a me e mi concentro su di esso».

CORONAVIRUS – «Ho scoperto subito da solo cos’è questo virus. Già a marzo 2020 sono stato contagiato da tutta la famiglia. A quel tempo, si sapeva poco di questa malattia, che aumentava l’ansia. Siamo stati chiusi in casa otto settimane. Quasi nessuno ha mai sperimentato qualcosa del genere prima. È stato un momento difficile, ma tutti hanno dovuto attraversarlo in misura maggiore o minore. Noi, come famiglia, abbiamo imparato molti aspetti positivi da questo. Ci siamo avvicinati e abbiamo rafforzato i nostri legami».

CALCIO E PANDEMIA – «Tutto è cambiato. Il calcio non è stato lo stesso finora, ed è difficile dire quando e se tornerà a una forma simile a quella che aveva prima della pandemia. Restrizioni come test frequenti, cambio d’abito in spogliatoi più grandi o mancanza di contatto con l’ambiente, forse all’inizio erano persistenti, ma mi sono subito abituato alle nuove regole. Bisogna ricordare che i giocatori sono un gruppo privilegiato».

TIFOSI «Personalmente, sento questo cambiamento. Il luogo in cui si gioca la partita non ha più importanza. Gli incontri nel tuo stadio non ti danno un vantaggio psicologico senza il supporto dei tifosi. Hanno alimentato le emozioni. Hanno alzato l’atmosfera. È uno spettacolo completamente diverso. Capisci queste cose quando le perdi».

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