2015
Segnali di vita
Dopo il pari, molto particolare, maturato contro il Verona le strade da seguire possono essere due: da un lato il disfattismo generato dalla rabbia per l’ennesima vittoria mancata, dall’altro la voglia di pensare ancora positivo nonostante le difficoltà dettate dalla classifica sempre più corta e dal momento non certo brillantissimo della stagione, sicuramente il momento più delicato e spigoloso. Il tutto a cinque giornate dalla fine e con la corsa all’Europa che somiglia a un thriller: Genoa a -1, Fiorentina a -2, Torino e Inter a -3. C’è posto per due, a caccia del posto ci andranno in cinque, fino alla fine. Io allora suggerisco solo una cosa: inutile ora lasciarsi andare, inutile sbuffare anche laddove si avrebbe ragione, giusto piuttosto fare quadrato e limitarsi a guardare solo ed esclusivamente dentro le mura di casa propria. Lo dico soprattutto a margine di un 1-1 strano, ripeto, in cui non ho visto fuochi d’artificio ma neppure un gruppo privo di fame. E allora credo sia giusto ripartire da qui.
La Sampdoria purtroppo, è qui la nota maggiormente dolente, si è fatta di nuovo male da sola. Parlo dell’ingenuità di Acquah che ha costretto in 10 la squadra per quasi un tempo di gioco, parlo della gestione ingenua dell’1-0 sudato e meritato ma poi gettato al vento in un attimo, parlo anche di alcune scelte non totalmente condivisibili da parte di Mihajlovic. In mezzo però ci sta pure un bel pò di mala sorte, a questo giro: arbitraggio così così, un paio di situazioni in area di rigore ospite su Regini e De Silvestri da rivedere, gli avversari pronti a punirti al minimo errore. Insomma non gira neppure bene, diciamocelo. Ecco che il momento continua ad essere molto delicato.
I rimedi per uscire dalle sabbie mobili non sono moltissimi, specie dopo aver perso l’uomo probabilmente più importante, cioè Eder. L’altro dato lampante è rappresentato dalla condizione fisica: la Samp su questo fronte è in svantaggio rispetto alle antagoniste, forse più vicina alla Fiorentina (spremuta dalle coppe) e all’Inter (in rimonta, vero, ma datemi la metà della buona sorte dei nerazzurri e si lotterebbe ancora per la Champions) ma comunque visibilmente sulle gambe. Che fare? Ad oggi servono scelte coraggiose, dettate in primis proprio da valutazioni di tipo psico-fisico: chi sta meglio gioca, punto. Magari anche senza badare al fioretto e cercando il più possibile di sferrare gli ultimi affondi di spada. Per fare nomi e cognomi: Obiang e Duncan corrono, Eto’o e Muriel possono spostare le partite anche se a ritmi non elevati (dal colombiano mi aspetto di più, comunque), Bergessio a gara in corso lotta. A cinque turni dal traguardo credo non si possa prescindere da loro, o almeno dal loro impiego nei tempi giusti. Esperimenti del tecnico e applausi ironici al pubblico da parte dei giocatori non servono a nulla. Più chiaro di così.
In tanti diranno che si è già buttato via troppo. Comprendo la rabbia e sono il primo che ha sempre sottolineato il calo preoccupante e la confusione infruttuosa di Sinisa, specie alla voce “cosa voglio fare da grande?”. Eppure analizzo il presente e dico che crederci sempre è l’unica cosa sensata, oggi, anche andando mezzo centimetro più in là: la Juve è durissima, dentro un turno che sulla carta può agevolare le altre squadre. Tradotto: o si spinge per l’impresa, con coraggio e senza fronzoli, o tra quattro giorni si è qui a imprecare facendo ancor più rumore. E oggi a questa Samp il baccano serve davvero a poco. Piuttosto serve lottare. Perché la lotta è di quelle durissime.