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Seedorf: «In difficoltà alla Sampdoria. Poi parlai con Eriksson»
Clarence Seedorf, ex centrocampista olandese, ha ripercorso le esperienze vissute con le maglie di Ajax e Sampdoria
Clarence Seedorf ha partecipato a una lezione dedicata agli oltre 50 tecnici dell’Academy blucerchiata. L’ex centrocampista, nel raccontare la sua visione di calcio, si è soffermato sulle esperienze formative vissute con le maglie di Ajax e Sampdoria.
FILOSOFIA – «Prima di tutto sono una persona, poi viene il resto. Grazie a questo approccio sono riuscito a provare interesse per molte cose all’infuori del calcio, avendo la mente libera e sviluppando ogni aspetto della mia vita. È un credo che propongo anche da allenatore: conta la crescita dell’uomo, non del calciatore».
AJAX – «Anche nel settore giovanile c’è una mentalità vincente che spinge verso l’eccellenza. Lì nessuno si accontenta. Un fattore che mi ha aiutato alla Sampdoria, quando cercavo di capire la realtà in cui mi trovavo e provare a modellare le mie precedenti idee su quelli che erano i principi del calcio italiano».
SAMPDORIA – «Gente come Invernizzi, Mannini e Zenga mi ha aiutato. La voglia di imparare e inserirmi nel gruppo è stata sempre importante, anche se all’inizio non è stato facile. Avevo un carattere forte, non sempre ero visto di buon occhio dai più anziani. Durante il periodo alla Sampdoria è stata fondamentale una chiacchierata con Eriksson: non riuscivo a toccare palla perché venivo scavalcato dai lanci lunghi, spiegai all’allenatore che ero abituato a un calcio diverso e dovevo toccare più palloni per divertirmi. Per me un passaggio corretto era come un gol. Mi chiedevo come i tifosi potessero apprezzare i giocatori che correvano e basta. Eriksson mi rispose che in Italia le persone si svegliano alle 6 del mattino per andare a lavorare e apprezzano sia l’impegno sia la grinta dei giocatori in campo. Inoltre, quando facevo qualcosa che non andava, i senatori dello spogliatoio parlavano in modo chiaro. Tutto quello che ho ottenuto l’ho cercato e l’ho voluto, scrivendo gli obiettivi a mano come se fossero parte di un contratto con me stesso».
RUOLI – «Ho giocato in tutte le posizioni, dall’attacco alla difesa. Piano piano sono tornato in avanti perché ero un giocatore creativo in fase offensiva, questo mi ha dato l’opportunità giocare praticamente tantissime partite in tutti i ruoli dal momento che non ero uno specialista. Il mio ruolo naturale di trequartista l’ho giocato solamente nell’ultima parte della mia carriera».