2014
SampMagazine, Okaka: «So happy della Samp. Tifosi fantastici. Razzismo? Assurdo per il 2014»
Storia strana quella di Stefano Chuka Okaka: da enfant prodige ai tempi della primavera della Roma ad oggetto misterioso in giro per l’Italia. In molti avevano storto il naso al suo arrivo alla Samp, ma l’italonigeriano, grazie al lavoro ed alla fiducia di mister Mihajilovic, è riuscito a conquistare i tifosi blucerchiati, rimasti impressionati dopo le belle prestazioni con Cagliari e Torino. Contro i Granata, il 24enne è tornato al gol dopo un digiuno di 680 giorni, un’eternità.
“So Happy“.Okaka, intervistato da SampMagazine, non vedeva l’ora di iniziare la sua nuova esperienza con la maglia della Samp: «La Sampdoria è una società importante, lo stadio e i suoi tifosi sono straordinari, e penso sia emozionante per tutti giocare tra queste mura. L’impatto è stato molto buono. Ho conosciuto ragazzi fantastici e brave persone, che mi hanno accolto in modo eccezionale; calciatori umili che giocano uno per l’altro, credo lo si veda la domenica sul campo. E poi ho sentito fin da subito la fiducia del direttore Osti e di mister Mihajlovic: è anche per tutti questi motivi che sono riuscito subito ad esprimere le mie qualità».
Digiuno. Il gol contro il Torino è stata una vera liberazione, anche se il numero 9 blucerchiato ammette: «È stato bello, non posso negarlo, ma non ho mai vissuto questa astinenza come un peso eccessivo. Nei mesi scorsi, anche se ero stato messo in disparte, ho soltanto pensato a lavorare duro, da professionista serio come ritengo di essere. Adesso, finalmente, sto raccogliendo i frutti di questa mia perseveranza».
La carriera. Storia curiosa quella di Okaka, che a soli sedici anni esordisce in Serie A, tra l’altro proprio contro la Samp, e che nel giro di pochi anni viene ricoperto di responsabilità e critiche eccessive per un ragazzo di soli diciotto anni: «Ai tempi degli esordi con la Roma pensavo esclusivamente a giocare, ero felice. Poi cominciarono a immaginare che il fenomeno appena maggiorenne potesse trascinare una grande squadra. Ovviamente non andò così e per la gente fu una delusione. Poi ci misi del mio e, non posso negarlo, mi persi un po’. Ma nei momenti più duri, quelli in cui avrei potuto anche dire basta, ho avuto la forza di crederci e di non mollare mai». La fiducia, però, non è mai mancata: «A parte negli anni a Modena e alla Spezia, sono sempre andato in prestito a gennaio o addirittura a febbraio, momenti della stagione in cui diventa difficile imporsi in un ambiente che di lì a poco quasi certamente saluterai. In ogni caso, ringrazio quelle esperienze perché, nel bene e nel male, mi hanno permesso di essere lo Stefano Okaka di oggi. Oggi che posso guardare in faccia chiunque, a testa alta, con la consapevolezza di essermi conquistato tutto quello che ho senza che qualcuno mi regalasse qualcosa».
Nazionale. Okaka era giocatore di quell’Italia Under 21 che ha poi lanciato calciatori come Angelo Ogbonna e Mario Balotelli, che Stefano spera di ritrovare con la maglia della Nazionale maggiore: «Più che ci spero, io ci provo. Non mi sento inferiore a nessuno. Ho perso tanto tempo, è vero. Loro sono protagonisti in grandi squadre e con la maglia azzurra, ma come si dice: gli ultimi saranno i primi, no?».
Nigeria. Di genitori nigeriani, Okaka non rinnega le sue origini, e alla domanda riguardo un’eventuale chiamata della nazionale africana, l’attaccante doriano non si sbilancia: «La Nigeria mi aveva contattato in passato, ma ero giovane e non ho colto la palla al balzo. Non saprei come reagirei ad un’eventuale convocazione, ma le nazionali, al momento, sono discorsi prematuri: quello che mi preme è dimostrare il mio valore qui alla Sampdoria».
Razzismo. Infine, Okaka non riesce a spiegarsi come si possa ancora parlare di discriminazione nel 2014: «Penso sia una cosa inammissibile parlare di razza o di discriminazioni nel 2014. Mi è capitato in passato di essere vittima di episodi di razzismo, e penso che la vittoria più grande sarebbe di vedere i miei figli, un domani, giudicati per quello che sono, non per il colore della propria pelle».
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