2014

SampMagazine, Nicolini: «Non sarò mai un avversario»

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Enrico Nicolini, classe 1955, Genovese di Quezzi, è uno di quei giocatori che sono rimasti nel cuore dei tifosi blucerchiati. Cresciuto in una famiglia di sampdoriani, è ancora oggi l’unico genovese ad aver esordito in Serie A in un derby, quello del 17 marzo 1974, nel quale Mario Maraschi, grazie alla sua rovesciata a tempo scaduto, contribuì alla retrocessione del Genoa.

Esordio. Quarant’anni fa, il giovane Enrico riuscì ad indossare la maglia della sua squadra del cuore, per di più contro il Genoa: «La domenica prima andai in panchina a Torino contro i granata. E lo stesso feci quel 17 marzo. Ricordo che accanto a me sedeva un altro giovane, Bastianoni. Al minuto 44 del primo tempo, Lodetti si fece male ed entrai in campo. Fu un’emozione enorme e un piccolo grande primato visto che resto l’unico genovese ad aver esordito nel massimo campionato in un derby. Fu una stracittadina tra poveri ma come sempre sentitissima. E, alla fine della stagione, risultò decisiva: grazie alla rovesciata di Maraschi che ci permise di pareggiare all’ultimo respiro noi ci salvammo e il Genoa retrocesse. Quella partita resterà nella storia e, quella domenica, di fronte a 55mila spettatori, il mio sogno si realizzò».

Legame. La carriera del “Netzer” di Quezzi, però, si sviluppò quasi subito lontano dalla Genova blucerchiata, anche se il legame tra l’ex mediano e la Samp resta fortissimo: «A Marassi giocai più volte da calciatore avversario ma era diverso, forse più naturale seppur faticoso. Negli ultimi anni, invece, qualcosa è cambiato: sono tornato un po’ alle mie origini, ho ricominciato a vivere lo stadio nelle vesti di tifoso. È per questo che ho deciso di andare in curva a Varese, in quella magica notte del 9 giugno 2012. Con Tirotta, Zanetti, Francesca Mantovani ho riassaporato il piacere di sostenere la mia squadra del cuore e di stare insieme alla gente blucerchiata in un momento tanto importante come quello della promozione in A».

Tifosi. Lo scorso 5 dicembre, in occasione dell’incontro di Coppa Italia contro l’Hellas, Nicolini fu sorpreso dall’accoglienza del Ferraris, che gli dedicò anche uno striscione: «Mi ha fatto un grosso piacere e sono contento che anche i ragazzi di oggi conoscano la mia storia. Io sono stato uno di loro: a 11 anni feci la mia prima trasferta in treno a Varese, ho ancora tanti carissimi amici nella Sud, ci vogliamo bene. Credo mi apprezzino perché sono riuscito a tramutare in realtà ciò che ogni sampdoriano sogna per sé e per i propri figli: indossare un giorno quei colori. Facile intuire perché, per me, rimettere piede a Marassi e vedere la “mia” Gradinata rappresenti sempre qualcosa di speciale».

Rimpianti. Nella sua lunga carriera in giro per l’Italia, l’attuale collaboratore tecnico del Verona ha un unico grande rimpianto: «Ne ho soltanto uno, molto grande però. Nell’85 giocavo ad Ascoli e Mantovani mi voleva riportare alla Samp. Lo zoccolo duro era quello giusto, stava nascendo la  squadra che poi avrebbe vinto lo Scudetto e per me, che avevo 10 campionati di Serie A alle spalle, sarebbe stato un ritorno a casa con i gradi che mi competevano. Purtroppo Bersellini, che già avevo avuto in blucerchiato, preferì non disturbare l’ascesa di un giovane come Pari e non se ne fece nulla. Resta il rammarico perché da calciatore formato avrei potuto dare il mio contributo».

Andrea Mandorlini. Il legame con Mandorlini, attuale tecnico del Verona, nasce nel 1985, quando i due erano compagni di squadra nell’Ascoli: «Eravamo compagni in bianconero e siamo diventati amici. Spesso nel calcio i rapporti rimangono fini a sé stessi ma noi lo abbiamo coltivato nel tempo. Ci frequentavamo con le famiglie, facevamo le vacanze insieme. Poi ognuno ha fatto la propria strada da calciatore e da allenatore fino all’esperienza comune in Romania che ci ha riportati a collaborare sul piano professionale. Un legame che l’estate scorsa mi ha regalato questa opportunità con l’Hellas, peraltro una squadra gemellata e ben vista da tutti i sampdoriani. Miglior sorte non mi poteva capitare».

Vinca il migliore. Infine, una parola anche sulla partita di domenica: «Noi pareggiamo pochissimo: o vinciamo o perdiamo. Questo significa che ce la giochiamo alla pari con tutti, cercando di non speculare e di proporre un calcio offensivo. La Samp di Mihajlovic adotta la nostra stessa filosofia e dunque ci sono tutti i presupposti per far divertire il pubblico e per far sì che questa partita diventi una festa per tutti».

 

Per leggere la versione integrale del SampMagazine vi rimandiamo al sito della Sampdoria.

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