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Sampdoria, Stankovic: «Ci mancano quattro punti. Società? Qualcosa cambierà»
Dejan Stankovic, tecnico della Sampdoria, ha fatto il punto sulla situazione in vista dell’Inter
Dejan Stankovic, tecnico della Sampdoria, ha fatto il punto sulla situazione in vista dell’Inter. Le sue parole a La Gazzetta dello Sport.
CARPE DIEM – «Lo ripeto spesso ai ragazzi. “Cogliete il momento”, perché la carriera è troppo breve e va goduta sino in fondo. E se lo dico io che ora sono dall’altra parte, devono credermi».
SCELTA SAMPDORIA– «Pentito, io? Sono fiero di essere qui. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Sarebbe bastato un attimo: “Non ce la faccio, vado via”. Invece il buon marinaio non si vede con il mare piatto, ma quando è in tempesta. Le dirò di più. Sarei venuto qui anche se la Sampdoria fosse stata in una situazione peggiore. Mai avrei potuto dire di no. Lottare ti fortifica, e ogni giorno vado sempre più fiero dei miei ragazzi. Il mio primo giorno qui dissi alla squadra: “La maggior parte delle volte mi servirà l’uomo, prima che il giocatore. Ecco, posso garantire che qui ho degli uomini».
ERRORI – «Si accetta la sconfitta, si accetta il pareggio al 99’ (a Monza, n.d.r.). Penso a quella partita di Empoli, quando ci è stato annullato un gol re-go-la-re, su un assist di Audero e tutta la squadra ha attraversato il campo per festeggiare. Lì mi hanno ucciso emotivamente. Quel punto non mi avrebbe fatto retrocedere o salvare, ma il suo valore a livello mentale sarebbe stato grande, una botta di adrenalina preziosa».
JESÉ – «Spero di utilizzarlo presto, ha assaggiato il calcio europeo ad altissimi livelli, ben vengano i campioni che possono fare la differenza. Non voglio sottolineare se in quel reparto avevamo o no problemi. Dobbiamo trovare le risposte a tutte le domande. Il mio obiettivo è portare ogni partita i ragazzi a dare il meglio sul piano fisico, mentale e tattico».
SINISA– «Talvolta mi faccio le domande e immagino le risposte che mi avrebbe dato Sinisa, con i venticinque anni di fratellanza ed amicizia che ci univano. Sinisa era un uomo vero, senza virgole. Si andava dritti al punto. Ho raccontato a Sakic un aneddoto: prima della gara con il Sassuolo dovevo inquadrare bene la squadra. Nenad mi dice: “Hai deciso?”. Io mi sono posto le domande pensando a cosa mi avrebbe risposto Sinisa. “Non rompere, metti i giocatori nelle posizioni giuste e stop”»
ZERO RIPENSAMENTI– «Si può legare al calcio o alla vita. Lei immagini se non fossi venuto alla Samp. Per nessuna ragione al mondo mi sarei perso questo straordinario percorso umano e di sport. Qui ho conosciuto persone spettacolari, e comunque non mi pento delle mie decisioni, giuste e sbagliate. Anche nelle sconfitte, se non impari hai perso due volte, come diceva Vialli».
FUTURO – «La classifica dice dove siamo. Possiamo analizzare il gol annullato contro Empoli, il pari del Monza al 99’, l’episodio di Udine… Sono 3-4 punti in più che avremmo meritato, ma non facciamo calcoli. Ogni gara sarà come l’ultima. Ora stiamo di sicuro dando il massimo».
RITIRO SVOLTA -«Due settimane insieme a lavorare, isolati da tutto, abbiamo fatto il salto di qualità. Là siamo diventati una squadra».
SOCIETÀ – «Le faccio io una domanda. Secondo lei posso fare qualcosa sotto questo aspetto? Risposta: penso di no. Perché incazzarsi, dunque? Il mio compito è proteggere il più possibile i ragazzi dal mondo esterno. Immagini un teatro: i ragazzi sono in prima fila seduti in platea, dove prima stavo anche io. Ma ora sono dietro le quinte e so che fra poco lo sfondo cambierà. Dunque, alla squadra dico di non arrabbiarsi e di non perdere tempo. Quando ero alla Lazio sono passato dal piano Baraldi, una fase di transizione, ma poi la situazione si è sistemata e la Lazio è ripartita».
CALCIO – «Quando ho smesso mi è venuto a mancare lo spogliatoio. La corsa, no: ne ho fatta così tanta… ma è la quotidianità di un mondo che ha purtroppo una data di scadenza a venir meno. Ai ragazzi dico: vivete per non dovervi pentire di nulla, la carriera è breve. Con loro scherzo facendo il mio esempio. Sono diventato padre a ventidue anni. E quanto sia passata veloce la carriera me lo hanno fatto capire i figli, quando sono passati da “ciao papino”, a “ciao pa’, com’è?”. Lì ho compreso che erano grandi e la carriera era volata. Sinisa ed io siamo cresciuti in realtà diverse. Io rispetto troppo la vita per incazzarmi e mollare perché non fatto un gol, o l’ho preso. Soffro come un cane, sì, ma mi passa e mi dà l’energia per ripartire. Le dico questo: a Monza, negli ultimi dieci minuti, mi sono seduto in panchina per godermi la squadra. E mi sono detto: “Comunque vada a finire, ho già vinto”».
CALENDARIO – «Se mi facesse una domanda da un milione di euro, non saprei dirle il calendario dopo Inter, Bologna e Lazio. Mi fermo alle prossime due partite. Stavolta arrivo a tre con la Lazio, e solo perché a Roma dovrò andare a portare un ricordino da mio “fratello” (Mihajlovic, n.d.r.)»