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Pirlo: «Spero di raggiungere gli obiettivi con la Sampdoria»
Andrea Pirlo, tecnico della Sampdoria, ha fatto il punto ai microfoni di Radio Tv Serie A: le parole
Andrea Pirlo, tecnico della Sampdoria, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Radio TV Serie A.
ASPETTATIVE – «Ho sempre vissuto con tante aspettative, tutti si aspettavano che facessi qualcosa di importante. Pian piano ho fatto quello che ho fatto, dimostrando sul campo quello che raccoglievo, sempre pronto a subire le critiche. Non è facile per un bambino vivere così, però tu devi pensare a giocare e a divertirti. Non mi sono mai posto limiti, volevo essere uno dei migliori vincendo un mondiale e una Champions League. Non mi sono mai accontentato nella mia vita; non mi bastava mai quello che avevo fatto prima, cercavo sempre di migliorarmi. Il talento si migliora con il lavoro e con gli stimoli che devono spingerti a fare sempre meglio».
GIOVANI – «Quelli bravi li vedi subito; chi esordisce prima, chi dopo, ognuno ha i propri tempi e questi tempi vanno rispettati. Ognuno deve fare le proprie esperienze. C’è chi parte da giovane e diventa da subito protagonista come è stato per Donnarumma. Adesso non è facile perché il calcio è cambiato e non si hanno sempre le possibilità per iniziare da giovanissimo in prima squadra, ma chi è bravo è giusto che trovi spazio. Il movimento calcistico italiano è uno dei pochi dove non si riesce a dare fiducia fin da subito ai ragazzi; all’estero è tutto diverso, chi merita di giocare gioca, a prescindere dall’età».
ALLENATORE – «Non guardo la carta d’identità del calciatore, quello che conta è che faccia vedere le proprie attitudini e le proprie qualità. Bellingham è un predestinato, è nato per giocare a calcio ed è giusto che faccia questa carriera. È un giocatore di grandissima prospettiva accostato ad Ancellotti che è un allenatore di grande esperienza e qualità umane».
PIRLO GIOVANE – «Quando uscirono i primi articoli su di me iniziarono a nascere le prime gelosie da parte dei ragazzi del mio paese. I compagni di squadra cercavano di isolarmi non passandomi il pallone, probabilmente per farsi vedere. La mia svolta l’ho avuta quando una domenica, sconfortato da queste situazioni ricorrenti, decisi di andare a prendermi il pallone e di iniziare a giocare da solo, allora giocavo negli allievi del Brescia. Ai genitori sconsiglio di andare a vedere i propri figli giocare. Si creano sempre delle situazioni spiacevoli in tribuna perché molti genitori sperano di avere un fuoriclasse come figlio, ma spesso non è così e si rischia in questo modo di far perdere la poesia per il gioco e il divertimento che ne dovrebbe derivare».
MAZZONE E LUCESCU – «Lucescu è stato il primo a portarmi in prima squadra: stravedeva per me e anche quando mi allenavo con i ‘grandi’ aveva sempre un occhio di riguardo e mi spingeva a fare sempre meglio. Mazzone è stato colui che ha dato il là alla mia carriera; per lui ero il Falcao del Brescia e da trequartista o mezzala quale ero, mi ha spostato facendomi diventare regista del centrocampo».
PIRLO TIFOSO – «Quando inizi a giocare da professionista non tifi più la squadra che tifavi da bambino. Pensi a fare il tuo lavoro al massimo e inizi a tifare la squadra per la quale giochi. Da bambino ero tifosissimo dell’Inter; mio papà mi portava a Viareggio in vacanza e quando l’Inter era in ritiro in quelle zone, li raggiungevo per farmi fare gli autografi».
ALLENATORI AVUTI – «Ho vinto con quasi tutti gli allenatori che mi hanno allenato; con ognuno di loro conservo ricordi bellissimi. Sicuramente con Lippi ho vinto il trofeo che ogni calciatore auspica di vincere. Il pomeriggio prima del mondiale l’ho passato in camera a rilassarmi e a giocare ai video giochi».
MILAN – «Con il Milan ho vinto tutto, ma la vittoria più bella è stata la prima Champions League. Eravamo quasi tutti alla prima esperienza e aspettavamo di raggiungere questo traguardo da inizio stagione, dopo una semifinale vinta contro l’Inter. Ho avuto modo di vivere nel corso degli anni delle emozioni stupende anche grazie ai compagni che hanno reso ogni momento bello. La ferita per la finale ad Istanbul è difficile da rimarginare, abbiamo vinto quella successiva, ma in quel momento non pensi alle opportunità future e in quell’occasione ho anche pensato di smettere. La mia avventura con il Milan non è finita come sognavo; speravo di poter rimanere e di essere ancora utile. Quando ho capito che non ero più visto come un giocatore importante, non ho esitato a cambiate squadra. In quel periodo c’era la politica per cui agli over 30 veniva offerto solo un anno di contratto; io ero ancora giovane e non riuscendo a trovare un accordo andai in un’altra direzione».
JUVENTUS – «Questa è stata una rivincita per me. Avevo una grande voglia di dimostrare a tutti che ero ancora un giocatore forte e in grado di giocare ancora ad alto livello e con la Juve ho vinto 4 campionati e siamo arrivati in una finale di Champions. Con Conte è iniziata la cavalcata che ci ha portato a vincere il primo campionato senza sconfitte e poi i successivi; con lui ho un rapporto molto bello. È stato il primo ad iniziare a farmi analizzare le situazioni da campo, pensavo quasi da allenatore. È stato un grande maestro di campo e di calcio. Nel modo di gestire alcune situazioni e gli allenamenti dei miei ragazzi, prendo esempio da lui».
REAL MADRID – «Era il periodo di Calciopoli, avevamo appena vinto il Mondiale e non si capiva come sarebbe ripartita le serie A. Io avevo già firmato il contratto con il Real Madrid quando al primo giorno di ritiro con il Milan ci comunicarono che saremmo ripartiti dalla Serie A con una penalizzazione, quindi in accordo con il mio procuratore e con Galliani ho firmato con il Milan. Durante il trofeo Gamper venni chiamato da Guardiola nel suo ufficio perché mi voleva al Barcellona, intanto si stava concretizzando anche l’idea e la possibilità che Ibra venisse al Milan. Alla fine Ibra arrivò e rimasi lì anche io».
MONDIALE 2006 – «Lippi scelse me come primo per calciare il rigore della finale. Non fu una passeggiata perché la tensione era tanta però non pensai troppo e calciai. Coverciano è stata una seconda casa: dalle nazionali giovanili fino alla prima squadra».
ESPERIENZA DA ALLENATORE – «Allenare la Juve è stata un’esperienza bella. Era un percorso con una squadra giovane e nuova; non ho rimorsi. Allenare Cristiano Ronaldo ti fa capire come si diventa il numero 1 al mondo. È un professionista esemplare in tutto: dal mangiare, al recupero, all’allenamento in sé».
ALLA SAMPDORIA – «Abbiamo iniziato un lavoro lungo; mi trovo benissimo e spero di poter raggiungere gli obiettivi».