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Osti: «La Sampdoria merita la Serie A. Ferrero? Nervoso e incomprensibile»
Carlo Osti, ex direttore sportivo della Sampdoria, torna sulla sua avventura in blucerchiato: le parole a Il Secolo XIX
Carlo Osti, ex direttore sportivo della Sampdoria, torna sulla sua avventura in blucerchiato: le parole a Il Secolo XIX.
SAMPDORIA – «Sono orgoglioso di essere secondo, come durata, solo a Paolo Borea, ds che architettò la Sampd’oro, un uomo di grande professionalità e umanità. È particolarmente contento di essere entrato nella storia di questo club».
GARRONE – «Gli sarò sempre grato. Grazie a lui ho potuto conoscere e vivere questo club meraviglioso. Di solito arrivava a Bogliasco il sabato mattina con la sua smart gialla, si informava, chiacchierava. Durante il periodo della sua presidenza, ho avuto con lui un buon rapporto, mantenuto anche dopo. Penso che tra noi ci sia stima reciproca».
FERRERO – «La mattina della sua presentazione l’impatto è stato forte. Si dimostrò, da subito, un uomo istrionico, informale, provocatorio, quasi pirandelliano. Mi accorsi, molto presto, che aveva saputo assemblare un gruppo di lavoro nel quale riponeva grande fiducia, concedendo la massima autonomia. Con lui ho passato anni gratificanti sotto l’aspetto professionale, ma poi qualcosa inspiegabilmente si ruppe e mi accorsi che non apprezzava più il mio modo di fare calcio particolarmente trasparente e poco “elastico”, preferendo appoggiarsi ad altre persone. Quello che successe nel settembre 2021 non me lo sarei mai aspettato e ancora oggi per me resta incomprensibile. Da quel momento non ci siamo più sentiti».
DIRIGENTI – «Penso di aver aveuto un rapporto cordiale e di stima con tutto l’ultimo cda anche se ovviamente con Antonio Romei e Alberto Bosco in virtù dei tanti anni vissuti insieme, e indipendentemente dalle strade future della vita, resterà sempre una grande amicizia. Vorrei ricordare Massimo Ienca che scelsi come segretario generale quando andò via Cosentino e che per me è diventato, nel tempo, un grande amico e un punto di riferimento sempre più costante. Ho avuto buoni rapporti con tutti i dirigenti che mi hanno affiancato. Con Riccardo Pecini, che soprannominai “il subacqueo” per la sua grande capacità di apparire o sparire quando meno te lo aspetti, ho costruito un rapporto solido e leale. Con Daniele Pradè è nato un legame sincero. Walter Sabatini è un autentico fuoriclasse del calcio, è per me un fratello, ma per un problema di salute non riuscii a portare alla Sampdoria il suo calcio “furioso e solitario”. Nel 2021 riportai alla Sampdoria Mattia Baldini, ma da dicembre non ci siamo più sentiti».
ULTIMI MESI – «Capivo che ogni giorno che passava la situazione si faceva sempre più difficile e complicato. Nello stesso tempo, non potendo più frequentare Bogliasco, non sono riuscito a dare il contributo che avrei voluto. La vera percezione che la situazione stesse precipitando l’ho avuta però nell’estate del 2021, quando ritrovai un Ferrero cambiato anche caratterialmente, aveva perso quel suo modo di fare sempre positivo, ed era diventato molto nervoso».
CALCIATORI – «Il primo nome è Fabio Quagliarella. Preso nel gennaio del 2016 e in 5 anni ha segnato quasi 100 reti. Un acquisto incredibile, pagato poco più di due milioni. Non stava vivendo un grandissimo momento al Torino e poi si capì perché. È un campione senza tempo in campo e di grandi qualità morali nello spogliatoio. Con i suoi gol ha permesso alla Sampdoria di mantenersi a certi livelli. Poi, Manolo Gabbiadini, un attaccante dalle qualità straordinarie, che ha dimostrato un grande attaccamento alla maglia blucerchiata. Gli feci il primo contratto da professionista all’Atalanta e poi lo presi due volte alla Sampdoria. Cito Torreira, Schick, Fernandes, Muriel, Zapata, Andersen e… permettetemi anche Thorsby, il simbolo della classe operaia che va in paradiso. Il brutto anatroccolo che nessuno voleva, che doveva andare all’Entella, alla Cremonese… Ma lui non si è mai demoralizzato, correva 13 km a partita, sempre con la bava alla bocca. Arrivato a costo zero, può essere considerato l’essenza della plusvalenza».
RIMPIANTI – «Ilicic. Al giovedì io e Pradè avevamo chiuso l’operazione con il suo procuratore. In quel weekend successe di tutto. In più lo chiamò Gasperini e andò a Bergamo. E poi il “Gallo” Belotti mi è volato via due volte: la prima nell’estate del 2013, per questioni economiche e andò al Palermo. La seconda nel gennaio 2015 quando non erano tutti convinti dell’operazione e andò al Torino. Io avevo chiuso anche Defrel per 2.5 milioni. Alla fine prendemmo Muriel, che rimase una settimana all’Astor in attesa del tesseramento, che conoscevo bene avevo portato io in Italia nel Lecce e un Eto’o che aveva già dato il meglio di sé».
FLOP – «Matias Rodriguez, un esterno preso nel 2013 dalla Universidad Catolica, ero convinto che avrebbe sfondato. E Murillo, arrivato non in perfette condizioni, pensavo ci desse di più».
ALLENATORI – «Delio Rossi, con il quale avevo già lavorato alla Lazio, la domenica mattina scendeva a fare colazione in ciabatte e con i pantaloncini del Rimini, credo per scaramanzia. In inverno a Bogliasco calava il buio e lui era ancora lì sul campo a lavorare, la sua ricerca della perfezione era maniacale. Sinisa Mihajlovic, per festeggiare un capodanno voleva acquistare una bottiglia di magnum di champagne e io gli dissi: “Sinisa, prendiamola a Bolzaneto dove c’è un emporio he conosco bene” e lui “ma no, voglio comprarla a Cortina d’Ampezzo”. E io: “Guarda che ti costa il triplo”. E lui: “Non importa voglio fare girare l’economia del Paese”. Questa è la sintesi di Sinisa, un uomo generoso sempre pronto ad aiutare il prossimo. Walter Zenga si portò come secondo Gigi Cagni che aveva preso il brevetto di volo e un giorno disse: “Il primo charter lo piloto io…” creando il panico nella squadra. Con Marco Giampaolo io ho un rapporto speciale, non ne parlo da un punto di vista lavorativo ma umano. È un uomo ero, sincero, inattaccabile, al quale mi sento profondamente legato. Mi ricordo un viaggio fatto da Genova a Verona tutto con il finestrino abbassato perché lui voleva fumare il sigaro e su pullman della squadra non era permesso. Di Francesco arrivò ne 2019, dopo Giampaolo. Condividendo la scelta con Romei, avevo trovato l’accordo con Stefano Pioli che avrebbe rappresentato la continuità tecnica fondamentale giocando con il 4-3-1-2. Qualcun altro però scelse Di Francesco al quale con una telefonata cercai di far capire che la squadra non avrebbe potuto adattarsi al suo 4-33 e che la società non avrebbe potuto fare un mercato adeguato. Ma non lo spaventai abbastanza. Poi Ranieri, fuori dal campo un maestro di diplomazia, signorilità ed educazione, in campo un allenatore pragmatico, autorevole e carismatico. Con lui nacque subito un grande feeling. I 52 punti del suo secondo campionato sono un autentico capolavoro che non tutti apprezzarono. Infatti non venne confermato. Giochiamo con il Brescia una partita delicata. Ranieri temeva il difensore Chancellor sulle palle inattive, in settimana veva preparato la marcatura. Dopo 12′ segna proprio lui di testa, io mi giro verso Ranieri “Mister, proprio Chancellor”. E lui: “Carlo, meglio adesso che al 90esimo”. Questa è la sinstesi di Ranieri, non si abbatteva mai. Per la cronaca vincemmo 5-1».
SAMPDORIA PIU’ BELLA – «La prima: il settimo posto di Mihajlovic con 56 punti. La seconda: il 9° posto di Giampaolo con 53 punti. La terza: il 9° posto di Ranieri con 52. Le partite che mi piace ricordare sono due: Samp-Napoli 3-0 con il terzo gol di Quagliarella di tacco e il derby con la parata di Audero sul rigore di Criscito. Sotto il profilo emotivo, per l’importanza che rivestiva… neanche se avessero fatto un film di Hitchcock sarebbe finita così. Il derby è una partita bellissima, quello di Genova il più bello del calcio italiano, il mio primo era stato l’1-1 con la punizione di Eder e poi Matuzalem all’incrocio».
FUTURO – «Spero sia ancora sul campo, da ds, anche se il calcio sta cambiando velocemente e nonostante il mondo vada di fretta l’esperienza è sempre fondamentale».
GENOVA – «Una città stupenda che ho conosciuto un po’ alla volta, più la conosci e più ti prende. Dopo dieci anni e mezzo mi mancherà enormemente, la città sicuramente sta cercando di tornare al suo antico splendore e proprio per questo mi auguro che la Sampdoria possa ritornare il prima possibile in Serie A perché la rinascita di Genova passerà inevitabilmente anche dal calcio. E necessariamente attraverso la Sampdoria. E lo meritano i suoi tifosi dopo aver vissuto tante sofferenze. Meritano che la Sampdoria ritorni a livelli prestigiosi, perché hanno dimostrato anche in questa stagione di grande difficoltà una passione e un cuore infiniti».