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Editoriale

L’importanza delle regole

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Una Samp in difficoltà riemerge e ritrova il successo dopo due mesi: una vittoria discussa dalla Roma, ma senza contesto non c’è spazio per dibattimenti

Chi l’avrebbe mai detto, eh? Due punti in sei gare, la consapevolezza dei propri limiti e le partite più brutte giocate proprio contro le squadre con le quali dovresti prenderti i punti per assicurarti una salvezza già in discesa. Invece la Samp di quest’anno è così: un po’ schizofrenica, in preda alla sua crescita e ai suoi dubbi, capace di stupirti quando meno te l’aspetti. Perché sì, la vittoria contro la Roma in un “Ferraris” diventato bolgia dopo il 3-2 blucerchiato fa bene al morale, ma è stata strana. Una gara combattuta nella prima mezz’ora, con la Samp capace di tenere testa alla Roma di Spalletti, di rimontarla dallo svantaggio firmato Bruno Peres grazie alla prima rete italiana di Praet. Poi mezz’ora di ritmi blandi e poche occasioni: la Roma in gestione, la Samp in sordina. Il gol di Dzeko, paradossalmente, ha dato una speranza al Doria di vincerla: Giampaolo si è sentito obbligato a far entrare Patrik Schick e giocare a tre davanti. In un minuto il ceco ha pareggiato, poi si è anche guadagnato la punizione dalla quale Muriel ha trovato la parabola giusta – incocciata da Nainggolan – per il 3-2. Nel finale la Roma ha improvvisamente perso la calma regale con la quale ha provato a gestire l’incontro, ma la cieca rabbia ha prodotto solo due occasioni, fermamente respinte da Puggioni. Un bel pomeriggio di sport, un piccolo segno di vita da parte di una Serie A che forse ieri – complice anche il pareggio del Napoli contro il Palermo – ha virtualmente consegnato il sesto scudetto consecutivo alla Juventus.

Tutto questo sarebbe bellissimo da discutere, ma ho l’obbligo – intellettuale e logico – di fermarmi un attimo su quanto avvenuto nel finale di gara. Al minuto 49 del secondo tempo, l’arbitro Mazzoleni dovrebbe fischiare la fine (sono scaduti i quattro di recupero), ma lascia che il Szczęsny proceda al rinvio, con la Samp che si è mangiata due minuti prima il colpo del k.o. firmato Djuricic. Dal proseguimento dell’azione, un lancio in area libera Dzeko, partito in posizione regolare. Stanco e probabilmente arrabbiato per il mancato fischio, Bereszynski stende il bosniaco. Personalmente ne avevo l’impressione già a velocità normale, ma il replay toglie qualsiasi dubbio: è rigore. Mazzoleni non se la sente di fischiarlo e anzi sanziona un fuorigioco inesistente. Al fischio finale, la Roma si affretta nell’accusare l’arbitro, in un gradiente che va da un preoccupato SpallettiNon è fuorigioco sul rigore – chiarisce da subito – c’è poco da fare, era una lettura facilissima, il guardalinee si è distratto un attimo e ha interpretato male la situazione») a un deciso Bruno PeresNon ci hanno dato il rigore, il fallo non c’era sul 3-2»).

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Giusto menzionare come il cronometro segnasse 49.40 nel secondo tempo, con il recupero già ampiamente concluso.

Gordon B. Hinckley una volta ha detto: «Non ho paura della verità, anzi la accolgo volentieri. Ma vorrei che i fatti fossero nel giusto contesto». Una frase giusta, perché è difficile dimenticare quanto è avvenuto all’andata, nel settembre 2016. La Samp viene beffata da una decisione al minimo discutibile: un rigore per un lieve contatto Skriniar-Dzeko porta alla massima punizione (eccessiva) e alla glorificazione seduta stante di Totti. Ci sarebbe da rispolverare un paio di pensieri su quell’episodio dell’Olimpico: «Il rigore? Dzeko è un giocatore che nello scorso campionato è stato chiamato “Pollo” perché in diverse circostanze non era mai caduto. Oggi ha ricevuto un colpo sul piede, la gamba gli si poggia più larga di 20 centimetri ed è caduto. Ma lui è un giocatore correttissimo. È un rigore solare, pedata netta sul piede». Parole e musiche di Luciano Spalletti. Sì, lo stesso che invoca l’attenzione al regolamento nel post-gara di Genova.

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Il rigore dell’andata: il contatto Skriniar-Dzeko porterà al 3-2 di Totti dagli undici metri.

E allora dobbiamo capirci: cos’è importante, il rispetto del regolamento – per tutto e tutti – o il bene della Roma? Il dubbio cominciamo ad averlo. In fondo, mister Spalletti non è nuovo a questi episodi: nel match precedente contro il Cagliari, Dzeko realizza l’1-0 dopo un duello prolungato con Murru, nel quale entrambi si trattengono. A fine gara, il tecnico giallorosso afferma con sicurezza che se Dzeko non avesse segnato, sarebbe stato penalty, nonostante il fatto che la trattenuta da parte di entrambi in realtà annulli qualsiasi possibilità di dischetto vaticinata dall’allenatore toscano.

Per altro, all’andata molti sfidarono la logica (Spalletti parlò di «rigore solare»: un metro particolare, non c’è dubbio), mentre al ritorno nessuno in casa Samp si è permesso di affermare che il penalty fosse inesistente: il contatto c’è, ma è fuori tempo massimo. Sarebbe stata l’ennesima beffa di questo campionato. All’andata, il tiro dal dischetto simboleggiò una beffa esagerata per una Samp ai primi albori nel corso Giampaolo; al ritorno, il contatto Dzeko-Bereszynski c’è, ma è un contrasto che non dovrebbe esserci per il fischio finale di Mazzoleni, che invece – per qualche motivo a noi oscuro – lascia giocare. Non sono mai stato a favore della compensazione, ma un filo di karma potrebbe insegnare qualcosa al tecnico di Certaldo: la mancanza di onestà intellettuale è già lancinante, figuriamoci applicata in questi contesti. Meglio sottolineare l’importanza delle regole, per non avere fraintendimenti nelle prossime sbraitate post-gara.

P.S.: La Roma è alla quarta sconfitta nelle ultime sei visite al “Ferraris” blucerchiato, dove ha vinto una sola volta (sotto Rudi Garcia): forse è il caso di concentrarsi su altri tipi di problemi.

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