2014
Romero: «Un portiere si valuta dalle parate, non dallo stipendio. A Genova sto bene»
Da escluso a in campo, da reietto a probabile titolare contro la Roma vice-campione d’Italia. Proprio i giallorossi, contro cui giocò due grandi gare nel 2012-13. Proprio la Roma, che lo voleva nell’estate 2011 e poi lo lasciò alla Samp per virare sul deludente Stekelenburg. Sergio Romero ha vissuto gli ultimi 18 mesi in maniera particolare: «Una storia diversa. Sarò sempre grato all’ex ct della mia nazionale, Sabella, per avermi dato fiducia. Quando mi sono trasferito a Montecarlo, sapevo che sarebbe stato difficile avere spazio, perché Ranieri mi aveva spiegato che il titolare sarebbe stato Subasic. Ho accettato pur sapendo che era la stagione pre-Mondiale. Ho lavorato tantissimo per farmi trovare pronto all’evento di giugno».
TUTTO SCRITTO – Da vice-campione del Mondo, Romero è tornato alla Samp per essere la riserva di Viviano: «Ma lo sapevo. Sapevo che il Mondiale non avrebbe cambiato la vita professionale. Quest’estate sapevo che se non avessi trovato una nuova squadra sarei tornato alla Samp da dodicesimo. E lo sapevo perché la Samp ha preso la Samp due settimane dopo la finale Mondiale. Per trovare una nuova squadra, però, bisogna chiudere un triangolo: deve andare bene alla Samp, a me e a chi mi prende. E non si è chiuso. In ogni caso avevo già parlato con Osti, Mihajlovic e il presidente. E avevo detto che avrei dato il massimo e che non avevo problemi a fare il secondo, il terzo o il quarto. Sono un professionista, però ho sentito cose che non mi sono piaciute nei mesi scorsi».
CRITICHE INGIUSTE – Romero si spiega meglio: «Non è giusto secondo me rapportare il mio rendimento allo stipendio che prendo. E del mio stipendio si è parlato troppo. Secondo me un portiere si valuta per le parate che fa o non fa. E poi avete scritto che avrei rifiutato Galatasaray e Dinamo Mosca. Persino il Manchester United, perché non volevo fare il dodicesimo a De Gea. Non è vero: nessuna di queste squadre mi ha cercato. E non è vero che sono ancora qui oggi perché non ho trovato squadra, ma è corretto dire perché non ho trovato la squadra del “triangolo” – ha spiegato l’argentino a “Il Secolo XIX” -. Ma sono molto felice di stare qui: la mia famiglia a Genova si trova benissimo. Mia figlia non voleva venire a Montecarlo, preferiva restar qui…».
OCCASIONI MANCATE – Forse Romero avrebbe potuto far chiarezza prima: «Forse. Però a me non piace parlare, non mi avete mai sentito fare commenti. A me piace parare, piace la partita e mi alleno duramente. So che gli allenamenti possono convincere l’allenatore a farmi giocare. Io sono fatto così, ho questa faccia. A volte sembro incazzato, ma non lo sono. Solo che mi sono svegliato così. La mia vita è campo e casa. Mi avete mai visto in giro? Se mi avete visto, ero con la mia famiglia. In più gioco in un ruolo particolare. Se una punta sbaglia nove gol e ne segna uno, è bravo. Se un portiere fa nove parate e un errore, prende quattro. Pochi giorni fa ero dodicesimo, ma ora mi preparo a difendere nuovamente questa porta con orgoglio».
RITORNO DA TITOLARE – Sarà un bel filotto, con Roma, Inter, Fiorentina e Milan: «Sono tranquillo. Mi sarebbe piaciuto partire titolare dal primo giorno, ma sapevo di dover aspettare il mio momento: è arrivato per l’infortunio di Emi (Viviano, ndr), non il momento come lo avrei voluto. Ma è così. Sono contento di tornare da titolare a Marassi. Quest’estate qualche dubbio intesta l’avevo dopo tutto quello che era uscito fuori: come mi avrebbero accolto i tifosi? Perché in fin dei conti mi pareva di aver capito che per un 50% ero un problema e per l’altro 50% solo Sergio Romero. Mi aspetto di fare una gran partita contro la Roma, di esser partecipe di quello stupendo cammino che i miei compagni stanno portando avanti. Peccato per Cagliari, avremmo meritato di vincere. Ma il gruppo è compatto».
DUBBI E UDINE FUNESTA – Negli ultimi 18 mesi, Romero ha giocato più di due partite di fila solo al Mondiale: «Vero, però so di stare bene fisicamente e mentalmente. Mi sento la stessa testa e la stessa forza del Mondiale. Voglio sfruttare quest’occasione per dimostrare a Mihajlovic e al nuovo ct dell’Argentina (Gerardo Martino, ndr) quanto valgo». Forse ha dubitato qualche volta delle sue qualità: «No. L’unico momento particolare è stato proprio alla Samp, dopo Udine. Delio Rossi mi disse che forse era mgeglio per me fermarmi, io sentivo che era vero. Sono andato dal preparatore Sardini e gli ho detto che dovevo fermarmi per rialzarmi. E ho iniziato a lavorare per rialzarmi. Il mio Mondiale è nato lì».
FROM ZERO TO HERO – Prima dei rigori nella semifinale contro l’Olanda, Mascherano disse a Romero: «Hoy te convertis en heroe». Una frase forse valida anche per questo momento: «In nazionale ho degli amici più che dei compagni. Quando ero in difficoltà alla Samp e al Monaco, tutti quanti – da Messi a Di Maria, da Mascherano a Higuain – mi hanno difeso. Hanno fatto capire al ct che, pur non giocando nel club, il posto da titolare era mio, perché me l’ero guadagnato. I semi di quella frase erano stati deposti tempo prima. Quel giorno quelle parole sono state una spinta in più. E così è stato. Ora penso alla Roma».