2015

Il caso Cagni e lo staff tecnico nel calcio contemporaneo

Pubblicato

su

L’allontanamento di Luigi Cagni dallo staff tecnico della prima squadra è decisamente il tema del momento in casa Sampdoria. Indipendentemente dalle possibili ricostruzioni e opinioni a riguardo, sulle quali è inutile speculare senza informazioni affidabili, la questione solleva importanti riflessioni in merito alla guida tecnica di una squadra di calcio professionistica. Il ruolo dell’allenatore, o meglio del capo allenatore, nel calcio moderno ha subito evoluzioni non solo dal punto di vista tattico ma anche, se non soprattutto, dal punto di vista dell’organizzazione e della suddivisione dei compiti fra i collaboratori. All’interno di uno staff tecnico di una qualsiasi squadra di serie A, chi più chi meno, possiamo trovare il mister in seconda, l’allenatore delle palle inattive, il tattico (De Leo lo scorso anno con Mihajlovic), vari collaboratori tecnici (specializzati nella fase offensiva, in quella difensiva e in specifici aspetti delle stesse), preparatori dei portieri, preparatori atletici, preparatori atletici per il recupero infortuni, analisti di vario tipo (ad esempio nella creazione di montaggi video per prepararsi al prossimo avversario) fino ad arrivare a medici e fisioterapisti. Vincenzo Montella a Firenze contava nove collaboratori solo nell’area tecnica. Insomma il ruolo dell’allenatore non è più solo e strettamente sul campo ma si sviluppa attorno al concetto di team leader, non solo quindi nella fase decisionale, strettamente tattica, ma anche in quella di coordinatore dei collaboratori. Molti maligni potrebbero dire che, ormai, gli allenatori non allenano più nel vero senso della parola. Può darsi. L’aspetto fondamentale però è che il lavoro di squadra, anche fra i collaboratori diventa fondamentale per tutte le dinamiche di un team. L’esonero di Gigi Cagni non può non sollevare alcuni quesiti sulle modalità di composizione di uno staff tecnico.

 

Non hanno rischiato troppo, Zenga e la Sampdoria, ingaggiando un allenatore che si occupasse solo della fase difensiva? Appurato che ormai i tecnici specializzati ci sono e lavorano in tutte le organizzazioni che si rispettino è bene chiedersi se non sia stato troppo rischioso separare, anche a livello di guida tecnica la fase difensiva da quella, ad esempio, offensiva in una squadra di calcio. I paragoni con il football americano non ci stanno proprio. Nel football Nfl le due fasi sono nettamente separate, all’interno della partita stessa. Gli stessi giocatori si dividono, per caratteristiche, in difensivi e offensivi. Ogni squadra Nfl schiera dunque, con le dovute eccezioni, due formazioni diverse per le due fasi e così, per poterle allenare alla perfezione, si ricorre all’uso, oltre a quello del capo allenatore, di un mister per la fase offensiva (offensive coordinator) e di uno per quella difensiva (defensive coordinator). C’è il coach dello special team (giocatori che si occupano di kickoff, di punt o di field goal) e ci sono poi gli allenatori specifici per i vari ruoli, come se nel calcio ci fossero allenatori per esterni d’attacco, terzini, difensori centrali, ecc… Insomma i punti di contatto sono molto sottili ma, ragionando sullo sport specifico, in questo caso il calcio, la fase difensiva non è assolutamente scollegata dalla fase offensiva, anzi. Inoltre è bene sottolineare come la difesa muova i suoi primi passi dal lavoro degli attaccanti, responsabili della prima pressione sui portatori di palla avversaria. ll ruolo di Gigi Cagni non è così innovativo come si può pensare e, forse, è stato fatto passare tale da dichiarazioni improbabili in fase di presentazione della stagione. Il vero problema non sta certo nell’avere uno specialista della fase difensiva, cosa niente affatto insolita nel calcio moderno. Viene da chiedersi piuttosto se ci possa essere stata, in questo caso, connessione fra Zenga e il mister bresciano. 

 

È stata l’attitudine da primo allenatore di Cagni a far cambiare idea alla società? Io credo di no o, meglio, credo che il discorso sia più complesso. Se prendiamo ad esempio gli staff tecnici nel basket Nba troviamo ogni anno ex capo allenatori lavorare assieme (con compiti diversi), all’interno di una stessa squadra, coordinati dall’head coach. Avere nello staff tecnico persone competenti non può, e non sarà mai un aspetto negativo. Il problema può sussitere quando le personalità del team non si sposano bene fra loro, cosa tutt’altro che impossibile quando si mischiano ego importanti. Quello che emerge, a mio modo di vedere, è che la figura di Cagni sia stata vista come non compatibile con il resto dello staff, non necessariamente solo con il capo allenatore Zenga. Non è una questione di fase difensiva o di attituidine al comando. Nel momento stesso in cui assumi un ex capo allenatore (quindi con quella mentalità) come “coach della difesa” è logico aspettarsi leadership e personalità. 

 

Quello che, probabilmente, non ha funzionato è stato il Cagni allenatore all’interno di un gruppo di tecnici. Questione di personalità, atteggiamenti o di equilibri interni. Non conosciamo i fatti che hanno portato alla decisione e quindi non sapremo mai le vere dinamiche di questo allontanamento. Giusto o sbagliato che sia quello che è certo è che la questione, come ha detto il direttore sportivo Osti, non deve essere affatto definita traumatica. Che si possa cambiare idea sulla composizione di un team ci può stare a tutti i livelli. La riflessione, semmai, va fatta sul ruolo dell’allenatore, sulla scelta del proprio team in funzione del progetto tecnico che si vuole sostenere. 

Exit mobile version