2014

Ricordi di Samp-Milan vincenti, tra Novellino e Franceschini

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Arriva Samp-Milan e negli ultimi è una gara che ha storicamente portato bene ai blucerchiati: le recenti stagioni hanno fatto registrare sopratutto risultati positivi per i blucerchiati. E allora ecco tre protagonisti del passato Samp pronti a rispolverare il libro dei ricordi. Il primo a sfogliarlo è Walter Alfredo Novellino, che vinse 2-1 un match nell’ottobre 2005, che proiettò i padroni di casa nelle posizioni di testa del campionato: «Non riuscivo a vincere contro il Milan, non riuscivo proprio. C’eravamo andati vicini più di una volta, ma succedeva sempre qualcosa. E poi ci tenevo anch’io a vincere. E poi ancora, che Milan era quello là? Stellare».

Non bastò il gol di Gilardino, rimontato da Bonazzoli e da una sassata di Tonetto: «Avevamo preparato la partita con i cinesini per tutta la settimana. Avevamo studiato al computer le posizioni di partenza dei milanisti». E quel pc Novellino non se lo è mai dimenticato: «Volpi divideva la marcatura di Kakà con Diana. Su Pirlo doveva andare Zauli, partito come seconda punta dietro Bonazzoli – racconta il mister a “Il Secolo XIX” – Avevo spiegato bene ai ragazzi: Kakà allora non era uno qualunque, uno che partiva e ti saltava solo allargandosi. Lui ti saltava dritto per dritto e andava in porta». L’analisi sfuma nel sentimentale: «Bei tempi: ricordo lo stadio pieno, ricordo la famiglia Garrone, il presidente, ricordo Nervi».

Altra storia nel marzo 2009, quando il Milan è un po’ meno stellare e un po’ più anziano. La Samp è cambiata parecchio, a partire dal mister Mazzarri e dal suo dogmatico 3-5-2. Tra i suoi interpreti, c’era Daniele Franceschini: «Ricordo meglio un 1-1 perché eravamo sulla fascia destro io e Gigi Sala (una partita del 2006-07, ndr). Lui era in realtà un centrale e mi chiedeva aiuto. Ma io ero un sinistro e stavo dalla parte sbagliata». Sul 2-1 del 2009, invece: «Sì, ora ricordo, Cassano e Pazzini. Era stato un buon ritorno. Da quando era arrivato Pazzini, la squadra aveva iniziato a ingranare. Con Cassano da solo c’era da morire per noi centrocampisti, perché dovevamo continuamente inserirci e cercare di concludere. Era un continuo avanti e indietro».

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