2013

Parla ancora Ajazzone: «Il “Mancio” e Cassano i giocatori del cuore»

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Nella seconda parte della lunga intervista di Giorgio Ajazzone rilasciata ai taccuini de “Il Secolo XIX”, c’è ancora spazio per parlare di derby e di alcuni segreti, che solo chi vive dal campo le partite, come Ajazzone, può sapere: «Allenatore scaramantico? Riccomini: buttava il sale in campo. Chi più chi meno hanno tutti tic scaramantici. Hanno contaminato anche me: per un periodo mangiavo la pasta in bianco al sabato sera. Poi per fortuna ho potuto smettere (ride n.d.r.)».

Il derby è una partita speciale, un match sentito da tutti: dai tifosi, dai giocatori, ma anche dagli allenatori: «Un tecnico freddo nel derby? Mai uno, neppure Eriksson. Il più agitato? Non c’è dubbio: Novellino. Sentiva tantissimo la sfida con i genoani». La grinta dei mister dalla panchina è fondamentale per chi corre sul rettangolo verde, ma poi chi deve fare gol sono gli stessi giocatori, che in occasione della stracittadina si “trasformano”: «Mancini – dice Giorgio Ajazzone – era uno di quelli ma non ne ho mai visto uno non esaltarsi. Il derby di Genova ha sempre dato adrenalina. Un giocatore bizzarro? Klinsmann: era appassionato di antiquariato. Ragazzo intelligentissimo, ho dovuto accompagnarlo a cercare artigianato. A 27 anni, è insolito. Chi piaceva alle donne? Ne ho visti tanti. Certamente Gullit era un bell’uomo, piaceva moltissimo. Ma pure Zenga anni prima. E lo stesso Mancio, lui non so perché (ride)».

Il team manager blucerchiato poi passa agli avversari di domenica sera, il Genoa: «Chi ho sempre patito nel derby? La buonanima di Gorin: era un pugno nello stomaco. Ci metteva tutto. E anche Onofri. E Marco Rossi. E poi ho un ricordo da tifoso, quando nel vecchio Marassi si entrava da sotto la Sud. In porta avevano Da Pozzo, quando usciva guardava la nostra gradinata e come minimo ti faceva l’ombrello. Personalità forti, non avevano paura di niente. Come il nostro Casagrande: avercene tutta la vita nei derby di uomini così. Ma ne potrei citare tanti, cinquanta».

Tanti quanti sono quei giocatori passati sotto la Lanterna che sono entrati nel cuore di Ajazzone: «Se devo limitarmi sarei disonesto se non dicessi Antonio (Cassano n.d.r.) e poi il Mancio. Se riuscivo solo io a gestire Cassano? Non è questione di gestirlo. Io insieme ad altri due o tre, compreso Marangon, riuscivamo a dialogare con lui. Ci siamo affezionati a lui e lui a noi. Poi c’è stato quel fattaccio che purtroppo ha fato precipitare le cose. Due talenti incompiuti? Dico Bazzani, che avrebbe potuto essere un bomber più grande di quello che è stato. E Flachi che ha fatto vedere cose strepitose».

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