2013

Paolo Mantovani: l’intelligenza, la forza, l’amore e il ricordo

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Sono nata nel 1986 e i fasti e la gloria dell’epoca Mantovani sono per me un vago ricordo, costruito anche attraverso quello che ho sentito in famiglia, grazie anche ai “vissuti” degli altri. Sono nata a confine: troppo piccola per ricordarmi la gioia dello scudetto e poi, grande abbastanza da vedere e comprendere nella sua tragicità il tramonto della grande Sampdoria. Dal paradiso all’inferno, andata e ritorno.

E’ stato scritto tanto su Paolo Mantovani, l’ultimo e forse l’unico Presidente tifoso. Di lui si ricorda sempre l’intelligenza e la pazienza, l’essere un uomo proiettato verso il futuro e innamorato della sua squadra, con la capacità di saper scegliere i collaboratori giusti. Si ricorda sempre la fatica di sollevare la Sampdoria, nel 1979, dal baratro in cui era piombata e la capacità di trasformare una squadra provinciale in una squadra da Champions League. Si ricordano i nomi dei campioni, le coppe vinte e tutto quello che Mantovani ha saputo costruire come il centro sportivo di Bogliasco.
E, tristemente, si ricorda la morte e i funerali del Presidente, con quei 30.000 Sampdoriani affranti e raccolti in un ultimo saluto. Paolo Mantovani l’uomo che scelse, amò e costruì mattone su mattone la Sampdoria dello scudetto. E non senza sacrifici e sapendo consapevolmente che con il passare degli anni sarebbe stato necessario trovare le giuste alleanze per mantenere la Sampdoria sempre ad alti livelli.

Anche i paragoni non si sprecano con quella Sampdoria, con Paolo Mantovani e le glorie di quegli anni diventano un’eredità pesante per la Sampdoria di oggi. Un calcio completamente diverso, una realtà completamente diversa, un calcio dove i valori sono completamente ribaltati e dove bisogna purtroppo investire tanto per ottenere risultati apprezzabili. Sono terribili i paragoni, non rendono giustizia a nessuno, quella Sampdoria non potrà mai essere emulata, si potrà arrivare a risultati simili, ma emulare quei risultati è impossibile per tanti motivi. Perché papà Paolo non c’è più, perché quei ragazzi che tutto vinsero non ci sono più e anche il calcio, quel modo di giocare e di vincere, purtroppo non c’è più. Restano il ricordo, la memoria e lo stile, che non muore mai e si tramanda da padre in figlio, ogni domenica, sugli spalti dello stadio, tra le fila della gradinata sud.

Perché come dice la canzone, può passare il tempo ma siamo sempre noi, cambieranno tante cose, anche i nomi dei nostri eroi ma su quel campo, di periferia, tante maglie blucerchiate continuano e continueranno quella grande magia. La magia che ci ha regalato papà Paolo che, ovunque sia in questo momento, continua a tifare per la Sampdoria. Chiudo con le parole di mia nonna che racchiudono l’essenza della grandezza del ricordo di Mantovani: “Paolo ci ha allevato, ci ha cresciuto, ci ha dato tutto quello che un buon papà regala ai suoi figli. E quando un papà ci lascia, muore qualcosa dentro di noi. Quando è morto Paolo Mantovani siamo morti tutti noi sampdoriani. La verità è che Paolo Mantovani non è mai morto, ha lasciato questa vita terrena, ma è sempre con noi, in spirito per guidarci e proteggerci come solo un grande padre può fare.”

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