2015

Okaka – Cassano: palla in buca e fine della telenovela

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Come Francesco Nuti ne “Il Signor Quindicipalle” (questo il titolo, che non se ne abbia a pensar male), anche la Sampdoria nelle ultime settimane di calciomercato ha cercato l’incastro perfetto con le (poche) biglie a disposizione. Sarebbe stato giusto così: la bianca a scheggiare tutte le altre, la nera a fare da sponda e la rossa in buca. Punto e partita, tutti a casa a festeggiare. Nella vita però, non saremo certo noi a spiegarvelo, non sempre l’incastro perfetto riesce. Di più: non sempre l’incastro perfetto esiste e ci si deve arrangiare come si può, cioè come si deve. Se la Sampdoria fosse riuscita a vendere Stefano Okaka per prendere Antonio Cassano, in molti avrebbero festeggiato come si conviene e, il progetto iniziale, in verità, si sarebbe realizzato. La traiettoria tracciata dalla stecca, che per comodità chiameremo Massimo Ferrero, doveva portare la rossa, che per comodità chiameremo Antonio Cassano, in buca (che per comodità chiameremo solo Sampdoria). L’affare era già stato delineato, non fosse stato per quella folata di vento di troppo, quello spiffero di nome Walter Zenga che ha sposato di mezzo millimetro la traiettoria. Mezzo millimetro, un’inezia, che ha cambiato tutto (o quasi), ma questa è la vita. Chiamatelo destino, chiamatelo effetto farfalla.

LA BIGLIA BIANCA – L’affare perfetto è stato comunque quasi perfetto ed in un mondo di per sé imperfetto come quello del calcio, va bene anche così. A scheggiare le biglie sul tavolo verde da gioco è stata, ça va sans dire, la biglia bianca, quella che per antonomasia ha il compito di indirizzare tutte le altre. Per comodità, ma sempre e solo per comodità, la identificheremo con Beppe Bozzo, avvocato di lungo corso, agente di Antonio Cassano e, come vi avevamo raccontato ultimamente, di Stefano Okaka. Il suo ruolo era chiaro sin da principio: portare la biglia nera, cioè lo stesso Okaka, sul bordo del tavolo (una qualunque squadra voi vogliate, ma lontana da Genova), per innescare direttamente l’affare Cassano: palla rossa in buca. Di mezzo però ci si è messo il caso, l’imponderabile (o mai come in questo caso, ponderabile), una di quelle variabili che rendono il gioco tanto bello, eppure tanto infame: una folata di vento ha sparigliato le carte in tavola, portando la nera in buca (sì, ora potete chiamarla Anderlecht, se vi va) e la rossa dalla parte opposta rispetto a dove doveva essere, alla Sampdoria. E’ stato Walter Zenga a cambiare la traiettoria studiata da Ferrero, non è nemmeno questa una grande novità: alla fine l’incastro perfetto però è saltato. Il punto perfetto è diventato un punto quasi perfetto ed in fondo in fondo, per la Sampdoria, va bene lo stesso anche così.

I PRO DELL’AFFARE – Al netto di ciò che doveva essere e non è stato (e a questo punto difficilmente sarà), cerchiamo di mettere in fila le cose positive venute fuori dall’affare che ha portato Okaka in Belgio. Prima di tutto una buona plus-valenza per la Sampdoria, che l’attaccante di Castiglione del Lago non l’aveva pagato un solo euro ad un Parma agli albori del disastro che poi lo avrebbe portato dove è adesso. Il giocatore era arrivato (dato un po’ per spacciato da tutti dopo una gioventù calcistica assai bruciata) in cambio di Nicola Pozzi, giocatore attualmente svincolato e che, ci permettiamo di dire, difficilmente sarebbe potuto valere quella cifra lì. Dunque la Samp ci ha guadagnato, economicamente parlando. Ci ha guadagnato però anche il giocatore, che andrà ad incassare 1,1 milioni di euro più eventuali bonus per i prossimi quattro anni. Sincerità per sincerità? Quei soldi in Italia non glieli avrebbe dati probabilmente nessuno. L’ingaggio netto di Okaka alla Sampdoria era di circa 600mila euro, lui lo ha quasi raddoppiato segnando quattro reti in un anno: un sogno. Non è tutto: se non ci ha guadagnato, Okaka non ci ha nemmeno tanto perso sportivamente parlando. Con l’Anderlecht disputerà l’Europa League, ed altrettanto non avrebbe probabilmente potuto fare con la Sampdoria, che mai lo avrebbe inserito nelle liste UEFA. Siamo d’accordo che il campionato belga non sia il più bello del mondo, ma dalle parti di Bruxelles che la qualità della vita è nettamente superiore alla nostra e, se proprio vogliamo dirla tutta, statisticamente giocare la Jupiler League con l’Anderlecht significa vincerla nel 60% dei casi (vedasi l’albo d’oro degli ultimi dieci campionati belgi). Com’era la pubblicità? “Ti piace vincere facile”? A tutti piace vincere facile.

CHI NE ESCE BENE, CHI NO – Dall’affare, complessivamente, esce molto bene dunque sicuramente Okaka: a Genova l’ambiente per lui era divenuto quasi insopportabile, adesso è nel posto ideale per iniziare una nuova vita calcistica, potersi giocare il posto in nazionale e segnare pure tanto (alle spalle avrà un fenomeno di nome Youri Tielemans, potenzialmente il centrocampista più forte al mondo del prossimo decennio) di fronte a difese davanti alle quali non sarà difficile spiccare per stazza fisica e capacità d’area. L’Okaka dei primi mesi a Genova era un buonissimo giocatore: non un campionissimo, ma nemmeno un calciatore di terza fascia. Sbagliava chi si convinceva fosse il nuovo Didier Drogba come sbaglia oggi chi lo reputa un bidone. Esce bene dall’affare anche Beppe Bozzo: l’avvocato è riuscito lì dove qualcun altro prima di lui non era riuscito, non per mancanza di professionalità, quanto piuttosto di pazienza e capacità di gestione di un carattere non facile come quello del giocatore (ma Beppe, con Cassano, negli ultimi anni ha fatto tanta, ma tanta palestra in questo senso). Bozzo ha percorso una strada che già altri avevano tentato prima, ma con maggiore perseveranza e, soprattutto, facendo leva sugli ottimi rapporti con Herman Van Holsbeeck, direttore sportivo dell’Anderlecht, con cui aveva già avuto a che fare ai tempi della trattativa per Aleksandar Mitrovic in Italia. Non aver potuto accontentare Cassano resta un dispiacere, ma non riuscire non è peggio che non aver mai tentato. Chi ne esce davvero male è l’attaccante di Bari Vecchia, che voleva a tutti i costi tornare alla Sampdoria, non tanto il suo agente (che probabilmente gli troverà un’altra sistemazione a cifre anche più redditizie di quelle che avrebbe trovato in blucerchiato): Cassano ha trovato di fronte il muro Walter Zenga ed ha dovuto prenderne meramente atto. “Fantantonio” ha provato in talune circostanze a forzare la mano, ma quando prendi a capocciate uno con la testa dura almeno quanto la tua, difficilmente ne esci vincitore. Una parte del suo destino inglorioso Cassano in fondo la deve anche alla propria fama da bad boy, che stavolta lo ha preceduto in maniera sin troppo poco propizia. Fosse stato un giocatore qualsiasi, uno di quelli da trafiletto su un quotidiano nazionale, Zenga avrebbe sicuramente chiuso un occhio. Stavolta non poteva, ma del resto, nel bene e nel male, Cassano un giocatore qualsiasi non sarà mai. Ne esce benino, ma non benissimo, Massimo Ferrero, che dal mondo del calcio ha ancora tanto da apprendere, essendo un neofita. La traiettoria tracciata dall’affare, come già detto, era perfetta, anche la scelta dell’uomo giusto, Bozzo, era ottimale. Un po’ meno felice la decisione di fare i conti senza l’oste, ovvero l’allenatore (a fare i conti senza l’Osti tanto, bene o male, c’ha già fatto l’abitudine). Da rivedere anche la scelta di delegare, almeno sulla parola, la cessione di un giocatore a quattrocentoquaranta intermediari in giro per l’Europa, da Fali Ramadani a Pini Zahavi, personaggi che hanno complicato la vita, più che facilitarla, dell’affare, perché nei dipinti dove ci sono troppe mani, la pennellata non viene mai uniforme. Che serva da indicazione per il futuro: sul mercato si agisce con i contratti, non con le parole, con le firme e non con i virgolettati. Non è andata come doveva andare, ma è andata comunque: palla nera in buca e tutti contenti in attesa del prossimo colpo. Vincere è anche saper rinunciare.

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