2013
Obiang: «L’esordio con la Juve indimenticabile. Voglio migliorare ancora»
A Bardonecchia è stato uno dei più acclamati, tanto da essere incluso nel rango dei giocatori scelti per presentare le nuove maglie per la prossima stagione. Pedro Obiang non è più una sorpresa, come lui stesso ammette ai microfoni del “Corriere Mercantile”: «Il prossimo campionato è sempre il più difficile, ma sono pronto ad affrontarlo. Forse adesso non sono più una sorpresa, ma fa parte del percorso di crescita di un calciatore». Del resto, è passato molto tempo da quel pomeriggio del settembre 2010, quando Di Carlo lo fece esordire davanti alla Juventus: «Non lo dimentico. Esordio in A e 3-3 in casa dei bianconeri – conferma il centrocampista – E tre mesi dopo, a Budapest, il debutto in Europa League. Peccato che quella stagione finì male. Da allora, sono cambiato, così come è cambiata la Samp e tutti noi».
CapaRezza cantava: «Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista». Allo stesso tempo, il secondo anno di A è quello in cui ci si conferma e non sarà facile neanche per Obiang: «Lo affronterò con l’umiltà e il realismo di sempre. Nella mia carriera è stato tutto così veloce. Anche se, dopo quelle partite a Torino e Budapest – confessa lo spagnolo – tornai in campo solo in B. E fino all’ultimo non mi sarei aspettato di vivere quella stagione da protagonista, tanto che in estate ero quasi certo che sarei andato in prestito». Invece, fu uno dei pezzi fondamentali di quell’annata: «C’era troppa tensione nell’ambiente. Nelle prime partite non riuscivo a mettermi a fuoco e rischiavo di smarrirmi – racconta il mediano, al quarto anno di Samp – poi la società e l’allenatore hanno deciso di darmi fiducia. Da giornate come Nocera alla volata conclusiva, fino alla notte di Varese». In A, poi, si è passati da Ferrara a Rossi: «Al primo devo comunque l’intuizione di avermi cambiato collocazione. Così, avevo l’opportunità di giocare un po’ più alto – conferma Obiang – Rossi è un perfezionista: so benissimo dove devo migliorare, sia in fase di possesso che di non possesso».
Il più brutto momento della scorsa stagione è facilmente identificabile: «Il fallo patito da Frey a Verona, anche perché prendemmo gol sul proseguo dell’azione. Avevo rischiato di farmi molto male». Il più bello è altrettanto comprensibile: «Il primo gol in carriera. Era una partita particolare, dopo la morte del presidente Riccardo Garrone – racconta il 20enne giocatore – in settimana avevo promesso ad Edoardo che c’avrei provato. Anche Maresca lo aveva previsto. Ma il bello è stato la maglietta con scritto “Grazie”. L’avevo fatta preparare, ma nel primo tempo non l’avevo indossata… il giallo che ho preso in seguito è stato il più bello della mia carriera sinora». A gennaio, inoltre, qualcuno già lo cercava in sede di mercato: «Non me l’aspettavo, anche se mi faceva piacere – dice candidamente lo spagnolo – ma vorrà pur dire qualcosa se sono ancora qui».
Obiang avrà pur avuto un modello da piccolo, qualcuno a cui assomigliare: «Non farci il titolo, tanto più che è ovvio che se sogni, sogni in grande: non speri certo di diventare uno scarso – scherza amabilmente Obiang – mi piacevano Zidane, Valeron e Xabi Alonso, ma anche Yaya Touré e Vieira». Nonostante la pelle di colore diverso, il centrocampista blucerchiato non è mai stato bersagliato da cori razzisti, mentre Balotellì sì: «Lui è più in vista, attira sentimenti forti in un senso come nell’altro – riflette il giocatore della Samp – quando uno è un campione, idolo della nazionale, è anche un simbolo. Ma che lui vada talvolta sopra le righe non può essere un alibi per lo squallore». A proposito di nazionale, Obiang dice la sua anche sulla nazionale italiana: «Io credo che possa giocare per l’Italia solo chi si senta davvero italiano, non chi scelga una nazionale alternativa a quella “naturale”».