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2015

Non succede, ma se succede…

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LA ROMA – Se bisogna trovare un difetto storico alla Roma non si fa molta difficoltà: i giallorossi da sempre vincono prima di alzare i trofei, si sentono già con la medaglia al collo prima di giocare. E’ un male che dura da anni e che, ogni volta che si ridimensionano le aspettative, porta a scossoni incredibili in casa Roma. Per quanto la scaramanzia nel calcio possa non essere decisiva – crederci è da ignoranti, non crederci porta male – il 25 aprile del 2010 molti fan giallorossi si sentivano già con lo Scudetto in tasca, nonostante mancassero ancora quattro partite alla fine del campionato. Serpeggiava, tra i più accorti tifosi della Lupa, una specie di motto che divenne un leitmotiv che divenne una maglietta: «Non succede, ma se succede…». Il 25 aprile del 2010, dicevamo, la Roma avrebbe giocato il posticipo della domenica alle 20.45 in un Olimpico strapieno a sole 24 ore dal successo dell’Inter – al momento avanti due punti ma con una gara in più – contro l‘Atalanta per tre a uno. Avversaria di quella sera non era, purtroppo per la Roma, una squadra appagata e senza motivazioni, bensì la miglior Sampdoria degli ultimi quindici anni.

LA SAMP – La Sampdoria del 2010 era una squadra partita in sordina con Delneri in panchina dopo il regno di Mazzarri, poi clamorosamente si era issata a suon di 4-4-2 nelle zone alte della classifica disputando un girone di ritorno da favola. Il 25 aprile del 2010 alle ore 20.45 la Samp è quinta dietro al Palermo ma ha ovviamente una gara in meno. I rosanero il giorno prima hanno vinto con il Milan per tre a uno, un intreccio numerico-geografico che farebbe gongolare gli amanti della cabala, e si sono issati a quota 58 punti, uno in più della Samp. Quella però non è una Sampdoria qualsiasi, è una macchina oliata in ogni suo movimento e che viene da tre successi di fila, l’ultimo col Milan nei minuti di recupero. Quando all’Olimpico escono le formazioni ufficiali un tifoso qualsiasi della Sampdoria non può che notare la bellezza di tale squadra, magari non una corazzata di fenomeni ma un gruppo unito e che può contare su un attacco fantastico: Storari; Zauri, Gastaldello, Lucchini, Ziegler; Semioli, Palombo, Poli, Guberti; Pazzini, Cassano. Il modulo è un dogma, l’attacco è poesia. Sciabola e fioretto, diavolo e acquasanta, croce e delizia: Cassano e Pazzini sono una coppia fantastica, giocano assieme da un anno e mezzo ma sembrano cresciuti sul solito campetto. Un’intesa mostruosa, ma forse dire così è riduttivo.

PRIMO TEMPO – Il signor Damato di Barletta fischia l’inizio di Roma – Sampdoria in uno stadio strapieno e entusiasta, consapevole di poter fare il miracolo e forse anche troppo convinto di riuscirci. A Roma il caldo è a livelli inconsueti per essere aprile, i giocatori scendono in campo a maniche corte ma potessero userebbero una canottiera. Fin dai primi minuti si sente nell’aria un certo senso di straniamento, come se dovesse succedere davvero qualcosa di incredibile. Non succede, ma se succede. Dopo soli nove minuti Francesco Totti si ricorda di essere uno dei più grandi calciatori che il dio Eupalla ha mandato sui campi italiani e con un palleggio degno di un artista di strada manda in porta Menez, che però è Menez e tira in porta dalla linea di fondo trovando pronto Storari. La Roma parte forte, Totti si è preso sulle spalle la squadra e ha capito che la Samp è ipnotizzata dall’arduo compito che la attende. A Palermo sono certi che il 25 aprile possa essere il giorno del sorpasso, a Roma invece che si possa già cucire mezzo Scudetto sulle maglie 2010-11. Al 14′ ecco la summa di questo pensiero, racchiusa come spesso accade nei piedi del dieci giallorosso: Vucinic corricchia sulla fascia e serve Totti, il cui sinistro batte Storari per l’1-0. A Genova e nella curva doriana un po’ si spengono le speranze per la qualificazione ai preliminari di Champions, l’Olimpico diventa il Colosseo di quasi duemila anni prima e i tifosi della Roma urlano di gioia. Palo di Totti, tiro di Menez parato da Storari, tiro di Vucinic fuori, altra parata assurda del doriano sull’ex leccese: il finale di primo tempo è un monologo giallorosso, la squadra di Ranieri sta schiacciando la Samp, che si limita a un mezzo tiro di Cassano. E’ finita.

SECONDO TEMPO – A inizio ripresa Delneri tenta il tutto per tutto. Si è accorto che Guberti su quella fascia soffre troppo e che il giovane Poli sta sentendo l’emozione in uno stadio così storico e quindi li toglie entrambi, dentro Tissone per riequilibrare il centrocampo e Mannini per riuscire a sfondare di più sulla corsia esterna. Non è ancora la mossa della disperazione ma ci assomiglia parecchio, perché Delneri vuole pareggiare e vincere, vuole la Champions. Non succede, ma se succede. Qualcosa in effetti succede perché la Roma parte nella ripresa come se volesse ammazzare il gioco, non è sprint come nella prima frazione e sembra quasi accontentarsi. Al sesto proprio Mannini vince un duello aereo con Cassetti e fa arrivare palla a Cassano. Ecco, se c’è una cosa che Fantantonio sa fare è proprio non farti capire niente di quel che sta facendo, catapultarti in un’altra dimensione spazio-temporale mentre lui sposta la palla a suo piacimento e cambia passo. Lo fa anche su Burdisso e Menez e col sinistro crossa sul secondo palo, dove aveva incredibilmente visto l’inserimento di Pazzini. Julio Sergio non esce, ammira la deliziosa parabola disegnata dal barese: in pochi in campo hanno studiato architettura, forse Pazzini, che trova il modo per issarsi sulla volta creata dal compagno e schiacciare il pallone in rete di testa. E’ uno a uno, lo spicchio di tifosi della Sampdoria esulta esterrefatto. Il Palermo è a un punto, la Roma è seconda, la Sampdoria ci crede.

E’ SUCCESSO – Se si interrompe la piega degli eventi si crea un caos insormontabile, per questo spezzata la continuità degli attacchi e della sicurezza della Roma la Sampdoria può quasi agire indisturbata. Qualcosa è crollato nella mente dei giallorossi, che non giocano più con ordine ma solo con frenesia, dovendo dimostrare qualcosa l’un l’altro. La Samp prende fiducia e sguazza nelle incomprensioni capitoline, e poi c’è Storari: sicuro in occasione di un colpo di testa di Toni, reattivo su un siluro estemporaneo di Menez, eroico in uscita su Vucinic e si arriva all’80’. Delneri vuol togliere Cassano e mettere l’imberbe Testardi, ma prima c’è un piazzato per la Roma e la palla arriva a Riise, il cui sinistro notoriamente è un’arma. Il tiro del norvegese entrerebbe pure in gol se non fosse per il signor Storari da Pisa che con un balzo degno di qualsiasi personaggio di X-Men manda in corner. La Roma non sa più come fare gol, le ha provate tutte e adesso è il classico pugile stanco alle corde. I giallorossi si coprono e Mannini ha campo libero a sinistra, si invola in area e crossa basso verso nessuno. Attenzione però perché dove non dovrebbe esserci anima viva arriva il piedone del Pazzo, lesto a metter dentro il 2-1. E’ il delirio nella curva Samp, i tifosi blucerchiati esultano come ossessi. I giocatori della Roma perdono il controllo del match, quelli della Sampdoria sperano che Damato fischi il prima possibile, cosa che fa al 95′ quando il tabellone indica Roma 1-2 Sampdoria. Inter prima, Sampdoria quarta. E’ l’anno del Triplete nerazzurro, è l’anno in cui la Samp arriva quarta e si qualifica ai preliminari di Champions League. Non succede, ma se succede… E infatti è successo, una stagione trionfale per il Doria, forse l’ultima nei tempi recenti. Anche perché l’anno dopo arrivarono il Werder Brema, Cavasin, la Serie B, e dopo ancora Nocera Inferiore e Atzori. Questo magari non doveva succedere. 

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