2013
Nenad Krsticic a tutto campo su Samp TV
È uno dei protagonisti di questa “giovane” Samp, che col passare del tempo convince sempre di più; Nenad Krsticic, insieme ai suoi compagni di reparto Obiang e Poli è uno delle piacevoli sorprese di questa stagione.
Il suo lavoro il più delle volte passa in secondo piano, in quanto il suo è un lavoro sporco, duro e molto faticoso, ma nonostante ciò ha avuto l’occasione per mettersi in mostra con prestazioni molto positive.
Ecco la sua storia, raccontata ai microfoni di Samp TV: «Ho iniziato a giocare a calcio tra i quattro e cinque anni, poi mio padre a sei anni mi ha portato all’OFK Belgrado. Poco dopo è arrivata la richiesta della Samp e l’ho accettata immediatamente, perché in quel periodo c’era un certo Antonio Cassano e sapevo che i blucerchiati erano una grande squadra. Poi è iniziata tutta quella mia storia, quella brutta storia. Il giorno più bello è quando ho fatto la visita ed il medico mi ha detto che potevo riiniziare a fare tutto!».
Da un paio di stagioni il giovane serbo ha trovato continuità, infatti viene regolarmente schierato titolare e difficilmente viene sostituito: «Avevo la possibilità di andare in prestito, ma ho deciso di rimanere e tornare in Serie A con la Samp. Ho pensato che fosse meglio rimanere qui ad allenarmi e aspettare il mio momento; ovviamente dopo la retrocessione era molto difficile, in quanto tutti avevamo molta pressione per tornare subito nella massima serie e?sicuramente è stato un periodo molto importante per noi giovani per provare come si vive quando le cose vanno bene e quando vanno male. Contro il Varese sono entrato e abbiamo preso gol all’ultimo minuto ed in quel periodo si vedeva chi aveva più voglia. Ci siamo chiusi nello spogliatoio promettendoci che saremmo dovuti uscire da quel brutto momento. Poi a Padova arrivò il riscatto; quella partita fu molto importante, perché era contro una squadra che aveva il nostro stesso obiettivo, ovvero la Serie A e quella vittoria ci diede morale per fare risultati positivi per continuare la nostra marcia trionfale».
Una svolta fondamentale si ebbe con l’arrivo di Beppe Iachini sulla panchina blucerchiata, in quanto portò entusiasmo sia tra i tifosi ma anche tra i giocatori, che si dedicarono completamente al nuovo tecnico: «Beppe ci ha aiutato tanto, perché è un allenatore che ci caricava molto ed in Serie B serve uno così, che motiva e ti sprona. Berardi, Munari ed Eder? Da quando arrivarono loro incominciammo a fare risultati positivi anche perché conoscevano la categoria, realtà ignota a noi giovani. La svolta della B? Penso dopo la vittoria di Padova, partita che ci ha fatto capire che potevamo farcela, poi anche quella con la Juve Stabia. Dopo quella partita abbiamo ci siamo detti che era d’obbligo tornare in Serie A, perché sapevamo di essere la squadra più forte, ma dovevamo dimostrarlo sul campo. I tifosi sono stati fondamentali, ci hanno sempre aiutato specialmente a vincere i play-off; con i loro cori eravamo molto carichi. Quando siamo entrati nei play-off ero quasi sicuro di tornare in Serie A; Varese-Samp è stata molto difficile, perché durante il campionato perdemmo entrambe le partite contro di loro. Ma alla fine sappiamo tutti come andò a finire nei play-off, soffrimmo molto ma vincemmo sia all’andata che al ritorno con un gol in contropiede sul finale di partita. Dopo quella rete tutti entrammo in campo, sicuri ormai della promozione, arrivata dopo un anno difficile iniziato male e finito con una gioia immensa».
Col ritorno in Serie A cambiarono molte cose, soprattutto la guida tecnica che venne affidata a Ciro Ferrara, che ne veniva da un’esperienza con l’Italia Under 21: «Mister Ferrara ti chiedeva sempre cose diverse, prima ti schierava esterno e poi jolly davanti alla difesa. Nonostante ciò è stato molto bravo in quanto sapeva lavorare bene con i giovani e ci insegnò molto. Lui sapeva che io sono un centrocampista ma mi chiese se potevo adattarmi a giocare esterno; personalmente mi piace più giocare a destra, perché posso rientrare col piede per calciare in porta, poi gli dissi che avrei giocato dove avrebbe voluto. In realtà il ruolo che mi piace più di tutti è il centrocampista basso davanti alla difesa. Giocare contro il Barcellona? È stato bellissimo giocare nello stadio più bello del mondo con la squadra più forte; abbiamo incontrato una squadra che ogni anno vince qualcosa, su 50 trofei ne hanno perso solo uno e nonostante avessero schierato molti giovani è stata un’emozione comunque. L’esordio nella massima serie a San Siro è stato fantastico; in quel periodo eravamo molto carichi, perché eravamo reduci dal pari con lo Schalke 04e soprattutto dalla vittoria nel Trofeo Gamper contro il Barcã. Inoltre alcuni di noi erano all’esordio in Serie A e volevano presentarsi bene, nonostante fossimo una neo-promossa. Poi ad ottobre arrivò la chiamata di Mihajlovic in Nazionale: tutti noi giocatori pensiamo a raggiungere l’obbiettivo di giocare nella Nazionale dei grandi; quando mi arrivò la chiamata ero felicissimo e parlai con Sinisa che mi disse che mi seguiva da tempo e da quel momento in poi mi avrebbe chiamato. Il CT mi dice sempre che qui a Genova è stato molto bene, era felice ed entusiasta di avere i migliori tifosi della Serie A».
Nella prima parte di campionato i ragazzi blucerchiati dovettero passare momenti difficili e scacciare i fantasmi della Serie B, dovevano credere nelle loro potenzialità e giocare come sapevano: «Nelle sconfitte siamo sempre rimasti uniti, il nostro è un gruppo giovane e ancora oggi abbiamo bisogno di crescere. Con la vittoria nel derby uscimmo da quel brutto periodo, in cui i risultati non premiavano i nostri sforzi. Vincere contro il Genoa? È stata una cosa bellissima, perché appena sono entrato mi sono girato verso la Sud per ammirare la coreografia ed ero già carico; è stata un’emozione unica, da brividi. Dopo sette sconfitte giocare un derby è stato sicuramente molto elettrizzante, pressavamo alti ed eravamo cattivi e alla fine è arrivato anche il risultato. La vittoria nella stracittadina mentalmente ci ha aiutato tanto, poi sapevamo che dovevamo vincere col Bologna in casa, perché sono una squadra concorrente per la salvezza e poi siamo entrati in campo con la testa giusta e siamo riusciti a fare risultato, ma non fu facile in quanto loro si coprirono molto dopo l’espulsione nei minuti iniziali. Anche nella trasferta di Firenze entrammo col piglio giusto, come dovevamo fare sempre e anche in quell’occasione portammo via un punto molto importante. Il mio gol? Ho visto che arrivava la palla ad Icardi e lui mi ha servito un assist d’oro di testa, col corpo ho fatto la finta a Gonzalez per farmi arrivare la palla sul sinistro per calciare in porta; all’inizio volevo tirare sul secondo palo poi ho cambiato idea, perché di solito il portiere si butta sul secondo palo…mi andò bene! Spero che quel gol mi serva per sbloccarmi e spero di fare altri gol e assist per questa squadra fantastica.
Una svolta alla stagione della Samp la diede un nuovo cambio di panchina, che arrivò il 17 dicembre 2012, quando a prendere il comando della banda blucerchiata arrivò il tecnico emiliano Delio Rossi: «Con Rossi sono tornato al mio ruolo naturale e sono molto contento per questo; Ferrara mi metteva esterno perché c’era carenza di uomini. Ora sono felice, c’è un nuovo modulo e con questo ci troviamo meglio. Anche prima mi trovavo bene, ma ritengo che questo sia il nostro schieramento ideale e dobbiamo continuare su questo binario. Nel 2013 stiamo facendo molto bene, mi piace come interpretiamo le partite, tranne quella di Siena dove eravamo scarichi e sottotono; ora stanno arrivando i risultati e i punti che ci servono per la salvezza. Icardi? Quando arrivò in Primavera vidi subito che era un ottimo talento. Ha la velocità, la tecnica e tiene bene il pallone perciò pensai immediatamente che sarebbe diventato un grande giocatore; ci sta aiutando molto e ha le carte in regola per diventare un grande attaccante».
Lasciando da parte le vicende di campo, il giovane Nenad si confida ai mircofoni del canale televisivo interamente blucerchiato parlando anche della sua vita privata, i suoi vizi le sue abitudini e i suoi difetti: «Quando ho tempo libero vado a vedere la Primavera, perché sono molto legato a quell’ambiente e fino a due anni fa giocavo lì e tutti mi aiutarono per recuperare dalle malattia. Un mio pregio penso che sia quello di essere migliorato molto nella fase difensiva, perché prima non partecipavo quasi mai a questa fase di gioco; il difetto invece è quello che devo imparare a calciare di più in porta, ma c’è sempre tempo per migliorare. Penso di essere una persona normale, anche perché non è che giocando a calcio sono cambiato; bugie? Si qualcuna mi è scappata; una follia che rifarei? Sinceramente non me ne vengono in mente. Oltre al calcio mi piace molto il tennis, infatti quando sono in vacanza ci gioco sempre, è molto bello come sport e seguo molto Novak Djokovic, tranne quando gioca in contemporanea con noi; è diventato numero uno al mondo per il suo temperamento mentale. Esco molto volentieri con i miei amici, anche se non li vedo molto, perché sono lontano da casa. Noi slavi l’italiano lo impariamo facilmente, pur essendo una lingua completamente diversa ci viene facile impararlo e penso che sia un aspetto importante quando ti trasferisci in un nuovo paese. Genova? È una città che mi è piaciuta sin dall’inizio, perché da bambino sognavo di giocare a calcio in una città con il mare dove non fa tanto freddo. In cucina sono negato, quando c’era qui la mia ragazza, che non può stare qui più di tre mesi in quanto la Serbia non fa parte dell’UE, faceva tutto lei, mentre ora mi arrangio; la carbonara è il mio piatto preferito. Alla musica italiana preferisco quella slava; tecnologia? Me la cavo abbastanza, mi piace tutto di quel mondo, insieme a Pedro gioco a Fifa e lo massacro sempre. Non ho nessun tatuaggio e la politica non mi interessa. Penso che nel calcio possono nascere dei veri rapporti d’amicizia, infatti io sento ancora Muratore, il mio migliore amico che chiamo ogni giorno. Mi ha aiutato molto quando stavo male così come Martinelli che è andato al Portogruaro. Sinisa lo ammiro per come calcia le punizioni, perché già quando giocavo in Under 15 lo conoscevo. Il mio sogno? Vincere qualcosa con la Samp anche con la nazionale, ma ora pensiamo a salvarci e poi si vedrà…»