2014

Mustafi: «Mihajlovic e Loew sono allenatori molto simili»

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Lunghissima intervista a Mustafi, rilasciata a DFB.de, sul suo passato, presente e futuro. Si inizia parlando delle differenze tra le realtà in cui ha vissuto Germania, Inghilterra e Italia. Per poi passare alle differenze tra Loew e Mihajlovic e infine sul ritiro della nazionale.

Cosa c’è di vero dietro la storia che, delle due auto che possiedi, usi solo quella adatta a Genova?
«Ho una macchina sportiva e una Smart. A Genova ci sono molte strade strette per fare manovra, non è così facile. Pertanto è utile avere una macchina piccola. Dove ci alleniamo non c’è un parcheggio per i giocatori e uno per i tifosi, il parcheggio è unico per tutti, così il contatto con i tifosi è molto intenso. A volte è anche questione di sensibilità non andare lì con una macchina troppo grande».

Che differenze trovi tra la tifoseria inglese e quella italiana?
«I tifosi in Inghilterra non sono solo interessanti all’attualità, in testa hanno più le dinamiche di sviluppo del Club. Se c’è un giovane giocatore che arriva in prima squadra, vedono questo come un successo e cercano di vedere le opportunità che ne scaturiscono. Sosterranno tale giocatore anche se farà prestazioni non ottimali all’inizio. In Italia i tifosi vogliono subito il risultato, sono più impazienti. Noi abbiamo una grande tifoseria a Genova. L’atmosfera allo stadio è sempre molto bella, anche se non sempre è tutto pieno».

La tifoseria della Sampdoria è molto famosa, come hai gestito le aspettative? Riguardo proprio le prestazioni? Avere l’affetto dei tifosi è importante?
«Per i tifosi in Italia è importante che dai tutto sul campo. Puoi anche perdere, ma devi sempre dare tutto. Anche se le cose non stanno andando bene, in ogni azione bisogna avere la piena convinzione e non bisogna mai rilassarsi. È quello che ho sempre fatto io. Meglio avere i tifosi dalla propria parte che contro. Vorrei scendere sempre in campo colmo di motivazione».

Ci sono tre passaggi fondamentali nella tua carriera: a 14 anni quando sei approdato all’Amburgo, poi quando hai lasciato la Germania per l’Everton e ora a Genova. Quale è stata la più dura?
«La più difficile non è in questo elenco. Il cambiamento che mi ha dato più problemi è stato nella mia adolescenza da Bebra a Rotenburg. A Bebra avevo tutti i miei amici, che giocavano nella mia squadra e non volevo lasciare. Ma a Rotenburg ho giocato un campionato superiore e come mi ha detto mio padre “il sogno di diventare un professionista si realizza solo facendo passi avanti”. Quella è stata la parte più difficile. Ad Amburgo, poi, c’erano molti giocatori con cui sono andato d’accordo. Ma le amicizie che nascono durante l’infanzia, semplicemente hanno un qualcosa di diverso. Il passaggio da casa fu più duro rispetto a quello da Amburgo verso l’Inghilterra e poi dall’Inghilterra all’Italia.
Sono andato via da Amburgo perché non era la situazione adatta a me. Ho lasciato l’Everton perché mi sono state presentate prospettive interessanti. A Genova ho sperimentato molto: sistemi diversi, allenatori diversi, idee diverse. Con Mihajlovic mi sono trovato molto bene, con le sue idee di calcio e le sue tattiche. È molto importante che sia venuto alla Samp, il team ne ha guadagnato, ora abbiamo un’identità di gioco».

A Genova non sei l’unico tedesco: c’è anche Soriano, che è nato in Germania, anche se ha preferito la nazionalità italiana.
«Soriano lo vedo più come un fratello, all’inizio mi ha dato un grande sostegno. Non so se sarebbe andato tutto liscio se non ci fosse stato. Ha fatto molto per me. Venne con me per la banca, ha fatto tutte le pratiche burocratiche. Non parlavo una parola di italiano, non conoscevo nessuno. Si è preso cura di me».

Quanta preoccupazione hai riguardo al fatto che ci sono ancora tre giocatori che devono essere “rimossi” dai pre-convocati per la Coppa del Mondo?
«Per me è già un successo così. Io cerco di fare quello che mi chiede l’allenatore, è successo tutto così molto veloce, tutto in una volta e si ha poco tempo per godersi tutto. Lascio i calcoli e le speculazioni agli altri, io mi concentro solo sul mio lavoro».

Che diversità c’è tra Mihajlovic e Loew? Il ritiro sta per finire, come ti sei trovato?
«In realtà sono allenatori simili: non vogliono lanci lunghi, vogliono sempre la soluzione giocata. Ma ci sono anche delle differenze. Mihajlovic è un allenatore che ci fa prendere anche dei rischi. La nazionale tedesca gioca in attacco, ma non si prende tutti quei rischi. Il ritiro è stato fantastico, semplicemente una grande esperienza».

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