2013
Mustafi a SampMagazine: «La Sampdoria è casa mia»
Sampdoria contro Palermo, corsi e ricorsi storici ritornano alla memoria riguardo questa partita. Grandi vittorie e grandi delusioni sono maturate contro gli undici rosanero. Adesso, quasi in un gioco di specchi riflessi, è il Palermo a dover vincere per non retrocedere, un po’ come noi l’anno scorso, condannati dai siciliani.
Se per i tifosi blucerchiati il Palermo è foriero di ricordi positivi, l’accesso ai preliminari di Champions League, e di ricordi negativi, la retrocessione, per Shkrodran Mustafi il Palermo è il “Battesimo sul campo”. L’esordio nella massima serie, come racconta lui stesso in una intervista esclusiva su SampMagazine.
«Era l’11 novembre, di sicuro non lo dimentico. E’ stato un giorno tanto atteso, un’emozione incredibile. In poco meno di un anno avevo giocato soltanto una partita in B con Iachini e si può capire quanta voglia avessi di esordire in un campionato difficile e competitivo come la Serie A. Il risultato non è stato dei migliori, anzi. Ne venivamo da una serie negativa lunghissima, ma subito dopo, per fortuna, siamo riusciti a riscattarci».
Mustafi da quel momento ha avuto i suoi momenti per mettersi in luce, partite da titolare dal primo minuto e partite viste dalla panchina, ma l’animo e l’atteggiamento del giocatore non sono mutati, rimane sempre la voglia di farsi trovare pronto e il rammarico se, le volte che vieni chiamato in causa fai una prestazione per certi versi sbagliata.
«Non è mai facile per un giovane ritagliarsi un proprio spazio, a maggior ragione in Italia, in un ruolo come quello del difensore. Io avrei fatto anche il portiere pur di scendere in campo e fare il terzino destro non ha rappresentato alcun problema: questo anche grazie all’esperienza di Gastaldello e Costa, che mi hanno dato una grossa mano. Fermo restando che la fiducia nei miei confronti non è mai mancata, è un qualcosa di difficile (tornare in campo dopo tanta pachina n.d.r.). Siamo professionisti, ma non è mai piacevole allenarsi tutta la settimana e non venire chiamati in causa la domenica. Spesso ti sembra di esserti impegnato a vuoto. E quando finalmente c’è bisogno di te magari non sei pronto, ti manca il ritmo, ti mancano le misure. Sono un ragazzo a cui piace lavorare e il mio lavoro è quello di dare il massimo le volte che il mister decide di puntare su di me. Nelle ultime due partite è successo, peraltro nel mio ruolo, e ne sono felice; lo sono meno pensando ai risultati: con l’Inter soprattutto non avremmo affatto meritato di perdere. Siamo delusi dalla sconfitta e abbiamo intenzione di rifarci al più presto contro il Palermo».
Come ha detto Delio Rossi al termine della gara contro l’Inter la maturità della tifoseria blucerchiata è encomiabile, sempre vicini a sostenere la Sampdoria, per questo bisogna uscire dal campo con la maglia bagnata, per dimostrare che si è dato tutto per vincere. La tifoseria della Sampdoria è l’asso nella manica, il dodicesimo uomo in campo, quello che spesso può fare la differenza. Anche per Mustafi l’ambiente è fondamentale, il rapporto con i compagni di squadra e la città.
«Mi piace tutto: l’ambiente, la squadra, i tifosi. Abbiamo uno spogliatoio affiatatissimo, ci sono tanti giovani e c’è un bel rapporto anche con i più “anziani”. E poi Genova è una bellissima città si vive bene, si mangia bene. Qui sto davvero alla grande. Sono andato via di casa a 14 anni. Bad Hersfeld e Amburgo sono distanti come Genova e Roma. Poi sono stato due anni e mezzo a Liverpool. Papà e mamma vengono spesso a trovarmi, con loro vengono anche mio fratello e mio cugino. Siamo una famiglia molto calciofila: giocano quasi tutti, anche se in categorie minori, e fanno il tifo per me».
La storia di Mustafi è quella di un ragazzo che ha inseguito il suo sogno, diventare calciatore e lo ha realizzato. Non tutti ci riescono, anzi molto pochi. Ha fatto la gavetta e per il calcio ha dovuto scendere “a patti” con la sua religione.
«Sono musulmano e tutti i miei parenti sono credenti. Per me la religione è molto importante, è qualcosa di grande, che mi dà forza e mi aiuta tanto, nei momenti positivi e in quelli negativi. Cerco, nei limiti del possibile, di seguire tutte le regole. Giocando a pallone, ad esempio, non posso fare il Ramadan, digiunare mi riesce impossibile, ma rimedierò quando smetterò di fare questo mestiere. Per il resto non bevo alcolici, non mangio carne di maiale. Sono molto osservante. Ho fatto 11 anni di scuole in Germania. Ho finito prima di andare in Inghilterra. Devo ammettere che studiare non faceva per me e sono felice di essere un calciatore. Non oso immaginare cosa avrei potuto fare senza gli scarpini ai piedi. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili a partire dal’Under 15 ed è stato fantastico, qualche settimana fa, essere chiamato dall’Under 21. Si tratta della selezione subito prima della nazionale maggiore e mi auguro, prima o poi, di riuscire a farne parte. Sarebbe un sogno. Anche se sono nato in Germania, mi sento più albanese. Le mie origini, in fondo, sono quelle. I miei genitori vengono da una piccola città vicino a Tirana, quando li chiamo parlo albanese, la lingua che si parla a in famiglia. Però quando sono in Germania mi sento a casa. E’ una sensazione un po’ strana».
E adesso Genova, la Sampdoria. Ora e nel futuro perchè il contratto recita tre anni prima della scadenza.
«Ho ancora tre anni di contratto e il mio futuro lo vedo qui, blucerchiato. Genova e la Sampdoria sono la mia seconda casa».