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Muriel racconta la sua rinascita: «Mi sono detto: ora basta, questo è l’anno»
Luis Muriel si racconta: «Il problema del peso è nato a Udine, quando non rendevo, ma erano in gran parte dicerie. Per la mia rinascita devo molto a Ferrero, che mi ha voluto alla Samp, e a Giampaolo, che mi ha dato nuove motivazioni»
All’inizio dello scorso anno, quando la Sampdoria inaugurò il proprio campionato battendo il Carpi in casa per 5-2, furono diverse le note positive di quella partita. In modo particolare, i due attaccanti là davanti, Eder e Muriel, fecero sfracelli contro la spaurita ed inesperta difesa emiliana, tanto che entrambi misero a segno una doppietta. Se per quanto riguarda Eder questa non era tanto una sorpresa, quanto una conferma dell’ascesa verticale del suo valore come giocatore decisivo anche in Serie A, per Luis Muriel il discorso era diverso. L’anno prima il colombiano aveva fatto intravedere sprazzi di classe, ma la continuità era stata il suo punto debole: troppe le partite giocate da assente ingiustificato, soprattutto per uno con una qualità nei piedi fuori dal comune. Quando contro il Carpi Muriel diede spettacolo, scattarono subito allora i soliti paragoni con Ronaldo, i soliti commenti sulla testa messa finalmente a posto, le solite previsioni su una futura ricchissima rivendita del giocatore a qualche opulento club spagnolo o inglese, perché Muriel aveva finalmente deciso di iniziare a giocare come sapeva.
ORA BASTA – Come poi siano andate le cose, lo si sa bene. Anche l’anno scorso, in special modo sotto la gestione di Montella, il classe ’91 si è progressivamente spento, fino ad accomodarsi in panchina per quasi tutto il finale di stagione. Quest’anno, dopo un inizio di campionato scintillante, i tifosi hanno avuto timore a ripartire a spron battuto nel decantare le qualità dell’attaccante: scommettere su di lui, affinché non sprecasse il suo talento per l’ennesima volta, era un rischio. Un rischio che però la Sampdoria ha voluto correre – anche per rilanciare un giocatore costato molto -, dando fiducia ancora una volta all’attaccante. Una fiducia che Muriel, come ammesso in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, intende ripagare con i fatti: «Ho illuso e poi deluso. Gli altri, ma prima me stesso: ero al Lecce e si parlava di Milan e Inter, ero all’Udinese e sembrava mi volesse l’Atletico Madrid, addirittura il Barcellona. E invece: grandi inizi, grandi cali. Ma ora “basta illusioni”, questo è l’anno. Non so cosa e quando mi è scattato in testa, però mi sono detto: “Se fallisci, se l’aspettano tutti: stavolta stupiscili. Non con una giocata nuova: con una testa nuova”».
GRAZIE A FERRERO – Chi ha creduto fin da subito in Muriel è stato il presidente blucerchiato Massimo Ferrero. Memorabile la logorante trattativa che decretò il passaggio dell’attaccante dall‘Udinese alla Samp ne gennaio 2015, con il colombiano e Coda “ostaggi” in hotel: «Ostaggio proprio no, ma quasi. Ferrero veniva tutti i giorni, e se non veniva mi telefonava: “La mia carriera è nelle tue mani”. “Ma come, presidente: è la mia che è nelle sue”. Dieci giorni chiuso dentro un hotel di Nervi, vedevo solo anziani in vacanza, sarò uscito tre volte per fare una passeggiata al mare. Ero infortunato, Samp e Udinese dovevano accordarsi sul prezzo: facevo fisioterapia, telefonavo, aspettavo e mi disperavo, tutto lì dentro. “A Udine non torno, piuttosto vado in Colombia”, e Ferrero sempre la stessa frase: “Tranquillo, resti qui”».
PESO – Uno dei problemi con i quali Muriel ha sempre dovuto convivere, è stato quello dei chili di troppo. Una facilità effettiva nell’ingrassare, che ha però alimentato, a suo dire, molte dicerie: «Non è mai stata una dannazione, semmai un luogo comune nato a Udine quando non facevo bene. Il mio peso forma è da sempre 82 83, a Lecce ero 83 e andavo come un treno: quando Guidolin disse che ero grasso pesavo 84, peccato che sceso a 81 se ne parlava lo stesso. La verità? C’è chi ingurgita di tutto ed è secco come un chiodo, tipo Cuadrado, mentre io appena mangio un po’ di più ingrasso: è genetica. Non nego che mi piace, ma per fortuna non amo i dolci, da piccolo ero allergico alla cioccolata. Certo, scoprire le trofie al pesto non è stato un aiuto».
MOTIVAZIONI – Quello che ci vuole per non ricadere nell’oblio e per continuare a stupire è un po’ di motivazione. Motivazione che Muriel si è dato da sé, ma che gli ha dato anche Giampaolo, per il quale il colombiano spende parole al miele: «Ho visto pochi allenatori così e non è questione di essere migliore o peggiore, semmai particolare: ecco, lui ha un modo molto suo di gestire il gruppo, di spiegare le cose, di ottenere le risposte che cerca. Sapere di calcio non basta: quelle idee, che non sono solo calcistiche, vanno trasmesse con chiarezza. Con me ha trovato le parole giuste, e so di non essere l’unico: “Meriti un futuro ancora più grande di quello che ti dà la Samp”. Se mi serviva una motivazione in più per insistere con il percorso già iniziato l’anno scorso, ha trovato la migliore».