2014

Mihajlovic: «Tanti i derby giocati. Quello di Genova dura un anno»

Pubblicato

su

In vista del suo primo derby, Sinisa Mihajlovic sembra esser il più pronto di tutti alla sfida contro il Genoa. Per lui il derby è…: «…è la Partita, con la “p” maiuscola. Per il resto, dipende molto dalla mentalità. Quando sono arrivato a Roma, per esempio, mi sono subito accorto di come fosse più importante del campionato. Ma questa per me è una mentalità da provinciale – esordisce il serbo – Io da allenatore preferisco perdere tutti i derby e vincere tutti i campionati. Però posso capire i tifosi, quanto sia speciale quest’appuntamento per loro. Poi c’è anche un’altra variabile, la durata del derby cambia da città: a Roma comincia tre mesi prima e finisce tre mesi dopo, a Milano tre giorni prima e finisce il giorno dopo. A Genova è tutto l’anno».

BELGRADO E ROMA/1 – I numeri dei suoi derby non sono proprio grandiosi: «Lo so, non ne ho vinto uno. Anzi sì, uno con la Stella Rossa: dopo un quarto d’ora eravamo tre a zero. E ho sbagliato anche dei rigori nei derby». A partire da quello di Belgrado: «Era molto sentito: stadio sempre pieno, 80-85mila persone: da questo punto di vista, qualcosa di simile l’ho rivisto a Roma. Ho segnato anche al Partizan su punizione…». Nel maggio del 1992, ma Mihajlovic non ricorda: «Io ho segnato solo su punizione nella mia vita, quindi anche quello lo sarà stato». Per passare poi al primo derby romano, sponda giallorossa, nel 1992 (Lazio-Roma 1-1, gol di Gascoigne e Giannini): «Gazza segnò alla fine su cross di Signori. Da noi c’era Boskov». Al ritorno, la partita si concluse per lui con la sostituzione con Tempestilli: «Pensa un po’ come stavo per esser sostituito da Tempestilli… Si fece male Carboni e Mazzone mi utilizzava come terzino sinistro. Nelle prime dieci partite, per media-voto, era dietro Van Basten. Poi sono sceso».

GENOVA E ROMA/2 – Si passa poi ai derby di Genova, che Mihajlovic fa finta di non ricordare. A partire dal 1994/1995, quando si potevano mettere in campo solo tre stranieri. Dentro Jugovic, Gullit e Platt, ma lui no: «(risata)… forse Eriksson già sentiva che da giocatore non avrei mai vinto un derby. Ricordo però di essere andato allo stadio e ricordo un gol di Maspero con la palla passata sotto Tacconi. Il Genoa retrocesse e non ci furono altre occasioni di giocarli per me». Andò anche peggio a Roma, stavolta sponda Lazio: «Ricordo delle scoppole. Un 4-1, dove ho segnato su rigore l’unico mio gol in un derby italiano. E c’ero anche in un 5-1, allenatore Zaccheroni – precisa Mihajlovic a “Il Secolo XIX” – Nel primo tempo Montella segnò tre gol e Nesta, che lo marcava, chiese il cambio. Intervengo: «Nesta, cazzo, sei il capitano, non mollare così…». Lo convinco e allora Zaccheroni toglie me, uno dei meno peggio. Chiedo: «Ma siete matti? Allora sta fuori lui, chissenefrega di Nesta…».».

MILANO E DERBY ALTERNATIVI – Diverso l’ambiente di Milano: «L’ultimo, dell’aprile 2006, è stata la partita dove ho deciso di smettere di giocare. Fischio d’inizio, batte il Milan, lancio lungo, io ero difensore centrale, salto e la passo di sinistro. E sento una fitta al muscolo: ho capito di essermi fatto male, ma mi vergogno a chiedere il cambio. Resisto però solo dieci minuti – confessa Mihajlovic – I muscoli non mi “avvertivano” più, prima della partita stavo bene. E quando i muscoli non ti parlano più, è l’ora di ritirarsi». Il derby migliore è stato non nei club, ma in nazionale: «Serbia-Croazia, un 2-2 a Zagabria con un uomo in meno che ci qualificò all’Europeo del 2000. Su tutti i giornali avevo preso 10. E’ stato anche il mio primo derby da allenatore, quando eravamo nello stesso girone di qualificazione al Mondiale».

DOMENICA – Ora arriva il primo da allenatore, l’unico che non ha mai giocato: «Lo aspetto, ma senza ansie». Arrivato alla Samp, però, confessò che ci stava facendo più di un pensierino, citando Garcia («per riportare la chiesa al centro del villaggio»): «No, avevo detto per ricostruire la chiesa al centro del villaggio. Perché all’andata è stata rasa al suolo e perché a Genova c’è una chiesa sola ed è blucerchiata».

Exit mobile version