2014

Mihajlovic si racconta a Samp TV: «Non mi arrendo mai»

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Carisma, grinta, esperienza di calcio giocato, passione e amore per i colori più belli del mondo: questo è Sinisa, l’uomo della svolta (e della provvidenza…). L’allenatore che, nonostante la disastrosa e soporifera gestione Rossi, che ci aveva portato fin sul bordo più estremo del baratro, facendoci vedere per bene quanto era profondo, è riuscito a ricostruire tutto con un colpo di bacchetta magica: testa e condizione dei singoli e della squadra tutta, ambiente, entusiasmo.

Domenica non sarà ancora panchina per lui (solo telefonino ed auricolare che, c’è da giurarci, vibrerà di continuo nelle orecchie del suo vice), ma ha voluto lo stesso concedere questa sera un’intervista a Samp TV per caricare l’ambiente blucerchiato in vista della difficile sfida di domenica con i nerazzurri del loquace ex Maurito Icardi ed anche per raccontarsi un po’.

Mihajlovic ha esordito parlando proprio del match che si disputerà il 13 aprile con l’Inter, che vede una Sampdoria in una situazione non facile, per via dei numerosi acciacchi: «Abbiamo un po’ di problemi dal momento che diversi giocatori non hanno avuto la possibilità di allenarsi questa settimana: sto parlando ad esempio di Berardi, Gastaldello, Mustafi, Gabbiadini, Fornasier. E’ emergenza – ha spiegato il serbo –, ma cercheremo di fare il possibile, nonostante non abbiamo avuto il modo per preparare al meglio la partita. Il mio lavoro qui? Dovevamo fare molto bene per salvarci ed ora, raggiunto l’obiettivo, posso dire che noi dello staff siamo stati bravi a convincere i giocatori a seguirci e loro a mettere in pratica tutto quello che abbiamo detto. Nessuno tre o quattro mesi fa si poteva aspettare risultati simili a quelli ottenuti e sono molto contento di come abbiamo gestito il campionato. Penso di aver fatto tutto quello che potevo fare da quando sono arrivato alla Samp, squadra con cui ho così pareggiato i conti, dal momento che mi ha dato tanto nella vita». 

La conversazione, negli studi di Studio Live, è proseguita poi affrontando il capitolo “passato” e, quindi, si è parlato della sua lunga carriera come calciatore, che nessuno scorderà facilmente: «E’ stata una fortuna per me arrivare in Italia, anche se stavo bene nella Stella Rossa dove avevamo vinto davvero molto. Nella Roma giallorossa ci sono stati un po’ di problemi, come giocatore sono stato un po’ sfortunato perché ho preso anche un sacco di pali e traverse e ho segnato poco. Ma poi mi sono rifatto alla Lazio, all’Inter e alla Samp, dove sono arrivato nel 1994. Mi è sempre piaciuta come società e avevo scelto di venire a Genova, isola felice, perché è stata sempre una società che si è distinta dalle altre, per il comportamento e per la magia dei suoi colori. Sapevo di potermi riscattare in quell’ambiente e così è stato. Sono sicuro che quella squadra oggi vincerebbe il campionato: era molto forte, con giocatori di qualità».

Non è mancato, poi, il tempo per un parere su alcuni suoi colleghi, che hanno avuto modo di giocare con lui negli anni passati: «Chiesa e Bellucci hanno intrapreso anche loro la carriera di tecnici e sono contento che si abbia questo desiderio di guidare i ragazzi e dare il meglio di se stessi. Sono stati bravissimi giocatori, secondo me Enrico un fenomeno. Montella? Ha segnato un sacco di gol di destro, di sinistro, ha fatto tantissimi dribbling. Veron? Abbiamo giocato nella Lazio e nell’Inter insieme ed era molto forte, giocatore con personalità che voleva sempre la palla. Comunque sono rimasto in buoni rapporti con tutte le persone con cui ho giocato e conservo amicizie che fanno piacere. Una tra queste è quella con il Mancio, che è stato molto importante per la mia carriera sia da calciatore che da allenatore: ho avuto con lui nel tempo molte discussioni costruttive e il suo è stato un aiuto importante». 

Sinisa ha parlato anche del mestiere che svolge da ormai diversi anni; un lavoro che richiede tanto impegno ma che riesce a regalare spesso molte soddisfazioni: «Essere allenatore? E’ come giocare delle partite a scacchi, anzi… mi piace di più vedere ogni gara come una battaglia. Non è semplice, si lavora tanto ma qualche volta non basta e a volte non si raggiungono i risultati sperati. Bisogna essere sempre lucidi ed essere pronti a qualsiasi situazione. Inoltre – ha proseguito – avendo al fianco uno staff valido si migliora molto e migliorano anche i giocatori. Guardiamo spesso video delle partite giocate dagli avversari ed è uno studio, un lavoro mirato: non so se sia realmente utile, ma noi facciamo tutto il possibile per vincere le partite. Poi il campo dà il verdetto. A volte rompo tanto le scatole, ma dò consigli per il bene di tutti i miei ragazzi».

E’ stato toccato anche l’argomento non facile delle guerre vissute in Serbia, dove Mihajlovic ha visto negli occhi la morte e le atrocità dei violenti scontri che hanno lacerato quelle terre, prima di passare a raccontare un po’ del suo vice, Nenad Sakic: «Per la vita vissuta in Serbia non sono una persona abituata a mollare e per me ogni problema, che per un altro può sembrare insuperabile, va affrontato e risolto. Sono positivo, non perdo mai la fiducia e credo sempre in me stesso. Sakic? Lo conosco bene, è un bravissimo ragazzo ed un grande professionista. Sapevo come sa lavorare e ho imparato ad apprezzarlo: svolge bene il suo lavoro, con passione, ed è una brava persona, che è alla fine la cosa più importante. Quando si fa la “guerra” bisogna sapere anche chi portarsi dietro ed è importante anche conoscere il territorio. Sono stato quattro anni a Genova e mi sono trovato molto bene ed il fatto di conoscere bene l’ambiente, forse, è un aspetto che può agevolare un po’ il lavoro».

Capitolo “Garrone”: il tecnico serbo ha espresso anche il suo parere riguardo all’attuale presidente blucerchiato, Edoardo, che alcuni mesi fa aveva riposto in lui la fiducia per il raggiungimento della salvezza: «Ho conosciuto da vicino la famiglia due o tre anni fa, perché prima che arrivasse Di Carlo alla Sampe avevo parlato con loro. Già là avevo capito che il Presidente era molto bravo nel ruolo che ricopriva: ora posso dire che è una bravissima persona ed un tifoso vero; è un presidente che ogni allenatore vorrebbe avere e ti dà massima fiducia e massima disponibilità su tutto. Lascia lavorare nella maniera migliore. Cosa è cambiato nella squadra dopo il mio arrivo? Abbiamo svolto un lavoro importanto e i giocatori hanno dato veramente tanto e, tra tutti, dico che Soriano mi ha colpito subito e non riuscivo a capire come mai non avesse giocato prima».

«Ho sempre un obiettivo: per me ci sono quelli a lungo termine, a medio e a breve termine. Mi piace vederla così, altrimenti diventa tutto un po’ troppo noioso. Voglio vedere fin dove riesco ad arrivare – ha proseguito l’allenatore – e mi diverte fare sfide con me stesso. Io cerco sempre di migliorarmi e l’ho fatto anche da calciatore, con le punizioni: come calciavo io nessuno era in grado di tirare il pallone, nemmeno Recoba, Figo o Adriano, che guardavano tutti come calciavo la palla. Appena la toccavo, poi, sapevo subito se sarebbe andata dentro la rete oppure no. Credo che io sia migliorato nei calci piazzati anche con l’allenamento e con gli esercizi, tanto che poi ho aiutato anche Balotelli».

In conclusione di intervista, spazio ad alcuni desideri per l’immediato futuro: «Quando si raggiunge un obiettivo se ne deve avere sempre uno nuovo in mente e la nostra squadra, ora che è salva, ne ha altri: speriamo di riuscire ad arrivare anche a quelli. Io non mollo nulla e bisogna cercare di prendere più punti possibili: mancano poche partite al termine della stagione e, dal momento che non amo fare brutte figure, voglio chiudere bene il campionato, sapendo che i nostri tifosi – ha concluso – ci sono sempre vicini».

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