2014
Mihajlovic: «Il mio Natale era diverso: sognavo un camion di banane e in Nazionale andai con scarpe da rugby»
Il giorno di Santo Stefano in tema Sinisa Mihajlovic. Dopo la prima parte d’intervista a SkySport che vi abbiamo proposto in mattinata, arriva anche la seconda parte, sempre a cura di Riccardo Re per SkySport. Un Mihajlovic molto più sentimentale, più aperto, più sul personale.
«È un bel casino il Natale a casa Mihajlovic. Si cena, con famigliari e parenti, mia moglie è maestra di alberi di Natale: in ogni camera ce n’è uno, lei è una fanatica. Il mio Natale era diverso: c’erano meno regali, vengo da una famiglia non dico povera, ma che non poteva permettersi dei regali per me e per mio fratello. Quando ero piccolo, ricordo, mia madre mi regalava le banane, che a me piacevano tantissimo: una a me e una a lui, però poi magari io gliele rubavo. Dicevo sempre che quando sarei diventato ricco, perché speravo di diventarlo, avrei comprato un camion di banane».
«Per quello che ho passato nella vita sono riuscito a crescere subito, a causa dei numerosi casini successi: sono diventato maturo prima del tempo, perché vedevo che con il mio lavoro potevo aiutare i miei. Molti miei coetanei erano più indietro di me intellettualmente, mentre io con la testa ero più adulto: all’inizio questo mi ha fatto male, ma poi mi ha permesso di crescere e di diventare una persona leale, che non dimentica mai da dove è partito e quello che ha fatto. Avevo fame e l’unico modo per uscirne era giocare a calcio: sono stato fortunato e sono contento di avercela fatta. Vedo i miei figli che sono bravi a giocare a calcio, ma forse manca la fame: vedo anche i miei ragazzi, quelli che alleno adesso, a 18 o 20 anni hai tutto, se non hai la testa non riesci ad andare avanti».
«Ricordo la prima partita con la nazionale: mi feci prestare le scarpette da un amico che giocava a rugby e dovetti tagliare il tacchetto davanti per poterle usare. Adesso i miei figli hanno dieci paia di scarpe. Questo mi ha aiutato, ho capito come funziona la vita e mi spero di poterlo trasmettere. Mi rendo conto che non è facile, però».