2013
Marotta: «Derby, una cosa speciale: il migliore d’Italia»
Ormai i tempi della Samp sembrano lontani, specie quando sei parte del corpo dirigente di una squadra campione d’Italia ed una delle più forti d’Europa. Tuttavia, certe emozioni non si dimenticano: è così anche per Beppe Marotta, che ha gli occhi illuminati quando sente parlare di derby. Perché la Lanterna e le sue sfide rappresentano un’altra cosa: «Prima di arrivare alla Samp, avevo sempre lavorato in società che non aveva una diretta rivale cittadina – esordisce Marotta al “Corriere Mercantile” – Imparai ben presto che a Genova il derby è un campionato nel campionato, per certi versi persino più importante. Anche adesso alla Juventus c’è il derby con il Torino, ma è indubbio che, per intensità emotiva e partecipazione popolare, la stracittadina genovese abbia caratteristiche incomparabili, almeno nel panorama calcistico italiano». Del resto, vincere un derby è straordinario: «Sicuramente qualcosa di speciale, anche perché rappresenta il culmine di un’attesa che dura più di una settimana, nel mondo del tifo non meno che nell’ambiente della squadra».
Alla sua prima stagione, la Samp di Marotta e Novellino ne vinse tre su tre: «In effetti, non avrei potuto cominciare meglio la mia esperienza alla Samp – commenta l’attuale a.d. della Juventus – L’obiettivo irrinunciabile era quello di tornare in A, ma il calendario di Coppa Italia propose subito un derby e quindi da quello ci toccò partire. Vincemmo e riuscimmo a ripeterci nelle due gare di campionato. Se in Coppa il nostro cammino si fermò a dicembre, i successi nelle stracittadine ci diedero sei punti importanti per la promozione». Il ricordo più brutto dei derby è facile: «Di certo quello dei tre gol di Milito, anche perché nel giro di pochi secondi passammo dalla mischia in area avversaria del possibile pareggio al gol in contropiede, che avrebbe chiuso i giochi in maniera definitiva – commenta Marotta, dal 2002 al 2010 in blucerchiato – Nell’arco di una stagione i valori emergono, ma in una singola partita può prevalere la forza degli episodi. E quella volta non avevamo meritato affatto di perdere, anche all’andata avevamo avuto motivi di rammarico».
Sul ricordo più bello, invece, Marotta è combattuto: «Per quanto sofferta e di misura, dico quella del gol di Maggio, al termine di una partita segnata in modo indelebile dal genio calcistico di Cassano, che aveva creato numerose occasioni da rete – dice l’ex dirigente della Samp – la maggior parte delle quali non concretizzato proprio da Maggio. Sembrava una partita segnata, una di quelle giornate in cui una squadra domina e spreca un mucchio di opportunità, per trovarsi alla fine sconfitta dopo che l’avversaria sfrutta l’unica sortita di tutta la gara. In effetti il gol arrivò in extremis, ma fu il nostro. Più meritato, aggiungo, sarebbe stato impossibile». Un derby di Genova che, forse, a Marotta manca: «La mia carriera, in un certo senso, è tutto nel segno della Sampdoria, perché molti anni prima di lavorare per la società blucerchiata, agli inizi, avevo fatto esperienza nel Varese. Lì il presidente era Mario Colantuoni, un personaggio che aveva scritto pagine importanti della storia doriana, riuscendo a tenere la squadra in A in condizioni di difficoltà assoluta. Sono orgoglioso di aver imparato da uno come lui e quindi sarei rimasto affezionato alla Samp anche se non c’avessi mai lavorato, indirettamente – chiude Marotta – Ovvio che segua sempre, anche da lontano, il derby di Genova. Con gli stessi sentimenti di quando l’ho vissuto in prima persona».