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Maroni si scalda: «Datemi tempo e vedrete». Poi svela il numero di maglia
Il calore dei tifosi su YouTube e la voglia di vivere il derby da protagonista. L’esterno argentino ammette: «Non vedo l’ora»
Il primo impatto di Gonzalo Maroni con la Sampdoria è stato positivo. Gol, giocate e tanti sorrisi. Non avrebbe potuto chiedere di meglio: «La Sampdoria è molto conosciuta in Argentina grazie a Veron, Ortega, Romero e anche Ricky Alvarez. Ho origini siciliane, in casa mi hanno parlato di Palermo. Venire in Europa era il mio sogno fin da bambino. Ogni giorno sento la mia famiglia e la mia ragazza, verranno a trovarmi tra agosto e l’inizio del campionato. Mia madre mi chiede solo se sto bene, mangio e dormo. Non se faccio gol. Conosco poco Genova, ma il mare è stato importante per scegliere di venire qui. Tutti mi parlano bene del cibo. Per ora dell’Italia conosco solo i discorsi di Di Francesco».
Durante gli allenamenti e le prime amichevoli, il pubblico doriano ha già potuto ammirare una parte della sua qualità: «Sono un’ala sinistra, parto largo per accentrarmi sul destro e sparare in porta o cercare l’assist per un compagno. Mi piace la giocata, ma sono qui per imparare e devo fare le cose semplici. Il mister mi spiega molto cosa vuole. Dybala? Ho fatto la trafila nelle giovanili con lui che ha qualche anno in più. L’ho sentito prima di venire qui. È un mio modello, ma il mio idolo è Messi. Numero di maglia? Ho preso il 20, il 10 mi pareva troppo».
Merito dei compagni che lo aiutano e della sua umiltà: «In stanza sono con Regini, ma ovviamente Ramirez e Barreto mi aiutano tanto. Tutti nel gruppo mi hanno accolto benissimo. Cosa faccio? Non gioco molto alla PlayStation, ma quando capita scelgo il Boca o il Barcellona. Ora la Sampdoria così mi posso schierare. Il derby? So che come a Buenos Aires è una questione capitale per la città. Mi piace che sia così. Non vedo l’ora di provare il Ferraris, mi hanno detto che è la Bombonera italiana. Ho visto su YouTube il calore del tifosi doriani. Per essere protagonista – conclude ai microfoni del Secolo XIX – devo prima imparare l’italiano. Datemi tempo e vedrete».