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Mantovani: «Superlega inaccettabile. Souness alla Sampdoria? Ho un ricordo»
Enrico Mantovani, ex presidente della Sampdoria, torna a parlare: la Superlega, il rugby come stile di vita e un ricordo su Souness
Enrico Mantovani, ex presidente della Sampdoria, dopo la sfuriata via social contro la Superlega torna a discutere di calcio, rugby e ricordi legati alla squadra blucerchiata. Le sue parole a La Repubblica.
RUGBY – «Mi sono messo a disposizione del movimento: vorrei contribuire – nel mio piccolo – con l’esperienza sportiva accumulata negli anni grazie al calcio e la passione che mi lega da sempre al rugby. Siamo indietro e di parecchio. A scuola dovrebbe essere una delle materie fondamentali: lo sport aiuta a crescere, a studiare, a diventare delle persone migliori. E se non ci sono i capitali, ci si può arrangiare: basta volerlo. Sono molto orgoglioso di quel che è riuscita a fare la mia famiglia da 36 anni col Ravano, oggi Coppa Paolo Mantovani: avevamo cominciato invitando a giocare a calcio anche le bambine, ora si fa rugby, atletica, tennis, ciclismo, pallavolo, pallacanestro, scherma, canottaggio, vela, hockey, pallanuoto. E’ una mini Olimpiade, il più grande torneo d’Europa per le scuole elementari».
FURBI E DIRITTI DIVINI – «Mi infurio quando nel calcio vengono premiati i ‘furbi’, i simulatori, quelli che protestano con l’arbitro: ‘L’arbitro non esiste, stai zitto e pensa a giocare’, è stata la prima cosa che mi hanno insegnato su di un campo da rugby. Superlega? Vogliono trasformare lo sport in uno spettacolo da soldi. Forse sui social ho usato parole forti, normalmente non mi esprimo in quel modo: ma sono stato genuino, e ho pesato non sarebbe stato corretto censurarmi da solo. E’ inaccettabile pensare che qualcun partecipi ad una manifestazione sportiva per ‘diritto divino’. Anche Mark Spitz, dopo aver vinto 7 medaglie d’oro alle Olimpiadi, ha dovuto guadagnarsi il biglietto per partecipare alle gare successive».
SOUNESS – «A Bogliasco un giorno diluviava, il campo era una piscina di fango e i ragazzi non volevano allenarsi. Arriva Graeme, che aveva vinto la Coppa Campioni col Liverpool, comincia a cambiarsi senza dire una parola. E gli altri gli sono andati dietro, in silenzio. Come rugbisti».