2013

Lombardo senior e junior: «Il mio cognome nella storia. Ora tocca a lui»

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Uno ha fatto la storia con la maglia blucerchiata nella Sampd’Oro dello scudetto, l’altro è all’inizio della sua carriera, ma i presupposti per una grande carriera ci sono tutti: stiamo parlando di Attilio e Mattia Lombardo.
Papà e figlio si sono confidati in un’intervista doppia, a mo’ di Iene, ai microfoni de “Il Secolo XIX”, che ha sottoposto i due ad un test di cultura “generazionale”, con la partecipazione straordinaria di Chiara, rispettivamente figlia e sorella.

Si parte con una domanda sulla carriere, ovvero le squadre in cui hanno militato i due: «Papà ha iniziato con la Cremonese… – ma il giovane blucerchiato si corregge subito – Ah già. Pergocrema, Cremonese, Sampdoria, Juventus, Crystal Palace, Lazio e Sampdoria».
Per Attilio questa domanda è molto più facile, in quanto il giovane classe ’95 è solo all’inizio della sua carriera: «Tu due: Bogliasco e Samp».
“Popeye”, “Braccio di ferro”, o “bold eagle”, questi i soprannomi di Attilio, che, come ricorda il figlio, ha vinto tre scudetti (Sampdoria, Juventus e Lazio) e con la maglia della Sampdoria conta 235 presenze e 38 gol.

Mattia, invece, ha vinto, finora, un solo scudetto ma ha ancora molto tempo per raggiungere lo score del padre che fece parte di quella storica formazione che portò alla Sampdoria il primo tricolore: «Pagliuca, Mannini, Vierchowod, Pari, Cerezo, Lombardo, Vialli, Mancini, Dossena… Invernizzi… Mikhailichenko».

Si passa poi agli idoli calcistici, a cui i due si ispirano, o come nel caso di Attilio si ispiravano; parte Mattia che risponde così: «Per me Beckham in assoluto. Ora seguo quelli del mio ruolo, Pirlo, Verratti, Palombo, Montolivo».
Altri tempi, altri calciatori per Attilio: «Io da ragazzino andavo a San Siro a vedere l’Inter di Altobelli, Beccalossi e Rummenigge. Erano loro. Anche perché sono nato attaccante. Poi quando mi hanno messo ala, le ali: da Causio a Beckham».
Per “Popeye” quasi 300 presenze da professionista, mentre “Tia”, come chiamano Mattia i suoi compagni, è ancora a zero: «Ne ha saltate due. Una per squalifica e una in panchina, a Torino. Ero venuto apposta da Manchester per vederlo… in panchina».

Per essere un centrocampista Attilio, nella sua carriera, non segnò molti gol, come ammette lui stesso; era decisamente più portato per gli assist: «Gol più bello? Di miei importanti non ne ricordo. Ne ho fatti pochi e proprio per questo sono stati tutti molto belli. Forse il mio primo con la Samp, al Bologna. Parlare di assist no?».
Il figlio invece sembra, invece, vedere maggiormente la porta, anche perché non ricopre lo stesso ruolo del padre: «Il mio più importante il rigore nella finale con l’Empoli. Il più bello, quello all’Atalanta, stessa stagione, un pallonetto dalla distanza».
Dal campo alla cucina, dai gol più belli al piatto preferito dell’altro: «Lo so. Per papà una bella insalatona completa di tutto… Anzi no, la peperonata della nonna».
Secca la risposta di Attilio: «Ma quale peperonata della nonna… un bel pesce. Mattia invece non ne ha, nel senso che mangia tutto, sembra Poldo Sbaffini, giusto per restare a Braccio di Ferro».

Non poteva di certo mancare una domanda sulla scuola, una di quelle “classiche”: il voto più alto e più basso mai preso. Per Attilio rispondere non è così scontato: «Mi sono fermato alla terza media. Il mio più alto è appena sufficiente. O se vogliamo, ottimamente appena sufficiente. Ai miei tempi le votazioni erano così. Io andavo a scuola per hobby. Appena finivano le lezioni correvo all’oratorio a tirare giù muri e vetrate con la palla. Quella era la mia scuola». Tempi passati quelli, ora la scuola va presa molto più sul serio, anche da ragazzi che potrebbero avere un futuro nel calcio professionistico come Mattia: «Il più basso un 2 al 3 di latino, alla prima verifica. Lì mi sono preoccupato e ho iniziato a studiarlo. Ho preso un 9, poi».

Nonostante siano passati ventidue anni da quello storico scudetto, Attilio Lombardo è ancora nel cuore di tutti i tifosi blucerchiati e a dimostralo sono i numerosi attestati di stima che riceve quotidianamente: «La gente ancora mi ferma. Non solo, ricevo sempre delle lettere dalla Cina, di tifosi della Samp. Mi fermano qua a Genova non penso perché sono famoso, ma perché qualcosa per la Samp ho fatto. E a volte mi ferma anche qualche genoano, mi stima per la carriera. Sono cose che apprezzo molto».
Mattia non gode sicuramente di tutta questa notorietà, ma ha ancora molto tempo per cercare di raggiungere palcoscenici importanti, si spera, come il padre, con la maglia blucerchiata: «Il cognome può penalizzare la carriera di Mattia? Può penalizzarlo solamente se incontra qualche addetto ai lavori che si lascia, lui, condizionare dal cognome. Mattia deve essere valutato non in quanto Lombardo, ma per quello che dimostra sul campo. Non si va vanti per essere “figli di”, credo che questo lo sappia benissimo. Se avrà la capacità di migliorarsi costantemente, se avrà spirito di sacrificio, potrà costruirsi una sua storia».

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