2014

Emiliano Viviano: «Non ci poniamo limiti. La Nazionale un obiettivo, non una malattia»

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Terminata in questi minuti la conferenza stampa di presentazione di Emiliano Viviano, il nuovo portiere della Sampdoria in prestito con dirittoi di riscatto dal Palermo. Il portiere si è presentato ai media nella sala stampa del Mugnaini di Bogliasco; dopo le foto di rito con la nuova casacca numero 2, il portiere ha potuto affrontare diversi temi, dal suo ritorno in Serie A dopo un anno di assenza al rapporto coi nuovo compagni, le differenze con il calcio inglese e la Nazionale.

Alle 12,30, il primo a prende rela parola è Paolo Viganò, per introdurre il nuovo acquisto: «Per la Sampdoria e per il presidente Massimo Ferrero è motivo di grande orgoglio avere qui con noi Emiliano Viviano. C’è stato qualche giorno di attesa ma era legato a questioni burocratiche».

Ecco quindi che tocca a Viviano a concedersi alla stampa. Si parte dal ritorno nella massima serie italiana e la scelta del numero di maglia. «Dopo un anno in cui non ho giocato, è veramente motivo di orgoglio essere qua. La scelta del numero 2? Non c’è un motivo particolare: io sono un tipo alla vecchia maniera, mi piace giocare con numeri bassi. Il numero 1 non era disponibile, così ho scelto il più vicino. Anche la maglia nera mi piace molto».

Tornare in Italia dopo un anno anonimo all’estero non è facile: «Dopo la mia esperienza all’estero vedo che qui in Italia i giudizi sono molto severi. Il passato non conta, io sono qui per far bene. All’Arsenal ho conosciuto un calcio diverso, con metodi di allenamento diversi».

Rapporto con i compagni e la maglia da titolare: «Dovrò guadagnarmi il posto sul campo, anche a seconda di quello che deciderà l’allenatore. Con Angelo Da Costa abbiamo un po’ di amici in comune, mi hanno tutti detto essere un ragazzo eccezionale. Sono stato in nazionale con Palombo e De Silvestri, poi conosco Okaka, Gastaldello. Dove si può arrivare non si mai, ci sono troppe variabili. Siamo una squadra ambiziosa e non ci poniamo limiti e questi sono presupposti ottimi per lavorare».

Sinisa Mihajlovic ha fortemente voluto l’ex Bologna e Fiorentina alla Sampdoria: la sua volontà nell’operazione è stata fondamentale: «So che l’allenatore è stato uno degli artefici del mio passaggio, la stima però te la devi guadagnare con il comportamento di tutti i giorni. Uno dei miei sogni da bambini era quello di venire a giocare in questo stadio, c’è un’atmosfera particolare. Una piazza che vive di calcio in cui si sente lo stimolo del derby tutti i giorni».

Nonostante l’anno a Firenze, la Fiorentina sarà un avversario come gli altri: «Come affronterà la Fiorentina? Come è stato sempre. Per ogni tifoso rinnegare la fede è una cosa che non si deve mai fare, rimane la passione per la Fiorentina però ora gioco per la Sampdoria e vorrò fare il massimo per la Samp. Credo che gli Ultras e i tifosi siano la parte positiva del calcio. Scuffett? Spero di arrivare davanti a lui e fare meglio di lui».

Approccio alla gara e differenze tra Serie A e Premier League: «La musica è importante per me ma non la ascolto con le cuffie prima della partita. Ognuno ha un approccio diverso alla partita, bisogna cercare di avere rispetto dell’atteggiamento del compagno. In Inghilterra parlano al telefono mezz’ora prima della partita, in Italia sarebbe qualcosa di inconcepibile. In Premier League c’è molta meno pressione, ti applaudono a prescindere dal risultato, qui gli stadi sono fatiscenti, lì gli stadi sono sempre pieni ogni partita».

Nonostante tutto la scuola calcio italiana continua a offrire ottimi prospetti tra i portieri e non solo: «La scuola italiana di portieri rimane, sotto il profilo tecnico, all’avanguardia. Ci sono un sacco di portieri interessanti come Bardi e Leali, però a volte si ha meno voglia di puntare su un portiere italiano e si preferisce un portiere che viene dall’estero. L’avversario più temuto? Quello che mi ha fatto più male di tutti è stato Milito, che mi ha fatto dieci gol e per fortuna è andato in Argentina. Uno dei più forti? Pepito Rossi».

In chiusura, una domanda sulla Nazionale: «Se penso alla Nazionale? La Nazionale deve essere l’obiettivo di tutti, in quanto è l’obiettivo massimo. Non ne faccio una malattia».

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