Serie A in mano ai medici: sette problemi da risolvere
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Serie A in mano ai medici: sette problemi da risolvere

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Assicurazioni, responsabilità medica, tamponi e nuovi casi: i sette problemi da risolvere per i medici di Serie A

Sono diversi i nodi ancora da sciogliere in vista della ripresa del campionato di Serie A. Le maggiori preoccupazioni riguardano l’aspetto sanitario: garantire la sicurezza, evitare ulteriori nuovi focolai di contagio tra i tesserati e risolvere la questione relativa alla responsabilità penale dei medici sociali a fronte di nuove positività. Resta il problema della reperibilità di test e tamponi, in assenza dei quali sarebbe difficile garantire il rischio zero di ulteriori nuovi contagi. Le nuove positività sono il problema principale sia per la possibilità di portare a termine il campionato e sul piano legale. È infatti difficile poter dimostrare che il contagio sia avvenuto all’interno del centro sportivo o in un normale contesto di vita privata.

Strettamente collegato il problema del ritiro permanente, che sembra l’unica via per assicurare un gruppo squadra negativo. Eventualità che i calciatori non vogliono nemmeno considerare. A livello giuridico ci potrebbero essere altre ripercussioni: in ambito civile, il presidente della FIGC Gabriele Gravina si è attivato per alzare i massimali delle assicurazioni, in ambito penale non sarebbe possibile intervenire in caso di nuove positività. Per questo motivo non è applicabile il modello tedesco: in Italia i giocatori sono dipendenti dei club per cui vige la responsabilità penale in capo ai medici e alle società. Non da meno la questione relativa al protocollo del Cts in caso di nuovi casi: la squadra sarebbe costretta a una quarantena obbligatoria per 14 giorni che, a campionato ripreso, significherebbe non poter disputare le gare in programma.

 

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