2013
La rivincita degli esclusi
È tutto lì, nel minuto 83 di Sampdoria-Verona. La Sampdoria libera su calcio d’angolo aiutandosi con l’evidente tocco di braccio di Petagna, Krsticic conquista il pallone a centrocampo, s’invola verso l’area di rigore avversaria e segna. Poi corre, ancora più veloce, verso la panchina ed abbraccia Mihajlovic. I suoi compagni lo raggiungono e si tuffano sul mister, la Sampdoria intanto ipoteca la vittoria ed il passaggio del turno. È tutto lì, dicevamo. La compatezza di un gruppo che ha ritrovato l’unità di intenti, la vittoria degli esclusi della Sampdoria di Delio Rossi. E perché no, anche il definitivo addio a quella nuvola fantozziana che ci ha tormentato e privato anche di inappellabili trionfi (vedi Samp-Lazio) almeno fino alla bomba di Renan contro l’Inter. Allora il tifoso medio blucerchiato, che fino a poche settimane fa si commuoveva e sbraitava per l’esonero di Delio Rossi, ragiona e finisce per constatare che quella della società si è effettivamente rivelata una scelta giusta. E in questa riflessione c’entrano molto le prestazioni degli esclusi.
Fiorillo. Eccolo lì, il portierino (ormai forse l’ino andrebbe tolto) genovese e sampdoriano che difende la porta della Sampdoria con la fascia da capitano. Ma non è più il ragazzino di una volta e le emozioni riesce a mascherarle bene: in porta è sicuro e non corre grandi pericoli, un’uscita a vuoto è l’unica piccola sbavatura di una dignitosa prestazione. Qualcuno inizia a pensare che lanciarlo anche in campionato possa non essere una castroneria.
Difesa. Tra le altre cose, Sampdoria-Verona era la partita delle prime volte. Rodriguez non aveva mai giocato da terzino destro con la Sampdoria (in realtà, avremmo potuto fermarci a “non aveva mai giocato” considerando l’importanza e la competitività dell’unico match disputato prima di oggi – quello di maggio contro la Lazio); Poulsen aveva già giocato da terzino sinistro, ma mai per novanta minuti. Anche Fornasier e Regini erano al loro primo appuntamento e, in questi casi, un campione in erba come Longo può rivelarsi un cliente difficile. Al di là della straordinaria performance dell’ex attaccante dell’Espanyol e del goal che ricorda vagamente la rete di van Persie al Fulham, Fornasier e Regini non hanno sfigurato ed hanno conquistato la sufficienza. Non male Rodriguez (non abbastanza male da giustificare il fatto che avesse giocato solo una partita prima di questa), Poulsen sembra il fratello forte di quello scoordinato ed intimorito (e fuori ruolo) che l’anno scorso non si fece certo apprezzare: preciso ed attento in tutte e due le fasi, presumibilmente meno catastrofico del Costa delle ultime settimane.
Centrocampo. Non nascondiamoci, quest’anno è stato il vero flop. Stasera, la vera arma in più. E viene allora da chiedersi: è così scontato che debba giocare Obiang anziché Renan? C’è qualche legge che lo prescrive? Perché, in una sera, il brasiliano ha fatto tutto ciò che Obiang non è mai riuscito a fare sin qui. Prendersi palloni, giocarli semplici verso la seconda punta o gli altri giocatori d’attacco, proporsi, correre. Il vero leader della squadra. Persino più delicato è il capitolo Maresca, letteralmente rinchiuso in cantina dalla fine della scorsa stagione. I colpi, seppur non da regista purissimo (un paio di errori a partita sono fisiologici), non mancano e sono di primissima qualità. Nemmeno sotto il profilo atletico, Maresca è parso eccessivamente in difficoltà: raggiungere la condizione migliore sarà questione di tempo. Altro autentico cane bastonato è Eramo, emarginato da Rossi e mai amato dalla tifoseria, bocciato dopo una sola partita (giocata sotto la pioggia, alla prima in campionato, contro la Juventus). Gioca una ventina di minuti, ci mette il cuore, l’impegno. Resto convinto, anche giudicando l’innegabile splendore del suo periodo calabrese, che questo giocatore farà parlare di sè (probabilmente lontano da Genova).
Trequarti. Con la serpentina nei minuti finali, abbiamo imparato che Bjarnason non è il vichingo con le clave al posto dei piedi e che forse qualcosa di buono da lui si può estrarre. È un giocatore che ha buona tecnica e che non tira mai indietro la gamba, come piace a noi. Nemmeno Wszolek ha deluso, mentre Sansone ha giocato la solita, silenziosa, partita di indiscussa classe e qualità. Chissà se qualcuno si accorgerà di lui prima o poi.
Petagna. L’impegno c’è ed è tangibile. Si traduce nella voglia di fare, di sentirsi utile, di conquistare applausi. Spesso, anche nell’essere irruente. Nei minuti finali compie un’ingenuità dilettantistica, impattando chiaramente il pallone col braccio sul punteggio di 2-1. Nasca non vede e così salva sia la qualificazione della Sampdoria che la reputazione di Petagna.