Editoriale

La rimonta più bella

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La Samp torna subito alla vittoria dopo la gara con la Juventus: l’Inter subisce la seconda sconfitta a tinte doriane nella stagione e anche San Siro si colora di blucerchiato

È stato il miglior secondo tempo di questa stagione per la Sampdoria di Marco Giampaolo, che probabilmente avrà letto le mie scuse della scorsa settimana e, dato il diretto confronto con Pioli a San Siro, ha voluto rincarare la dose per averne delle altre: nel confronto tra i due allenatori candidati alla panchina della Sampdoria quest’estate, lui ha vinto anche questo. Pochi dubbi, poche incertezze, anche i cambi indovinati. Persino Ricky Alvarez. La svolta, però, l’ho vista alla mezz’ora del secondo tempo, quando Torreira-Barreto-Alvarez hanno inanellato una serie di passaggi, tutti di prima, per dimostrare la forza e il predominio del centrocampo doriano in quel frangente: perché lì l’ha vinta Giampaolo, l’ha indovinata tutta in una mediana pronta a muoversi come una fisarmonica, chiusa quando si deve difendere, aperta quando si deve attaccare. E se Torreira guadagna la punizione che Brozovic pensa bene di trasformare in rigore è proprio perché il minuto regista doriano non si trattiene su quella che è la sua mattonella e va ad aggredire gli spazi. Come lo stesso Silvestre, che dalla difesa nella ripresa si è trovato anche a calciare dalla linea di fondo. C’è stata coralità non tanto nel giocare – anche – ma nell’aggredire l’avversario: una Inter che aveva ancora velleità di Europa, di andare in Champions League, di raggiungere quel terzo posto che, adesso, la Sampdoria ha deciso che non potrà essere più un obiettivo raggiungibile.

E se da un lato l’Inter si domanda che fine abbia fatto il suo epicBrozo, che nella buia notta meneghina è tutt’altro che una delizia, ma una croce ingente, dall’altro la Sampdoria, con un felicissimo Ferrero in tribuna a San Siro, si gode ancora Schick. Il presidente lo aveva stuzzicato, lo aveva istigato a segnare anche oggi, con una maglia da titolare piuttosto che da subentrato: lui ha risposto subito presente, con un gol di rapina, con una rete che profuma di bomber d’assalto, dalle grandi capacità, con quella suola da tap-in vincente. Però Schick non è solo questo, perché la sua partita – come quella del compagno di reparto Quagliarella – è maiuscola anche in fase di costruzione, persino negli ultimi secondi di gara quando attacca l’area di rigore alla ricerca del 3-1 che però non arriva. Il mio inchino va anche alla difesa, però, inevitabilmente: se sulla sinistra Giampaolo indovina Dodô, che di leggerezze su Candreva nel primo tempo se ne concede poche, sulla destra ci si mette la (s)fortuna: nell’infortunio di Sala, infatti, c’è da dispiacerci per un giocatore che, conti alla mano, passa più tempo in infermeria che in campo, ma la soddisfazione di aver visto in campo Bereszynski, che con la sua fisicità è riuscito a essere indubbiamente fondamentale sulla fascia destra. Autogol a parte, che alla fine non è altro che una sfortunata deviazione, il polacco è stato preciso, puntuale e si è concesso anche un tunnel su Perisic: se il buongiorno si vede dal mattino, Bereszynski a mezzogiorno ci ha già mostrato il sole alto in cielo.

Un infortunio dà e un infortunio toglie, perché l’assenza di Gagliardini nel secondo tempo ha completamente ribaltato le sorti del centrocampo: segno che a volte l’assenza di un giocatore può condizionare l’esito di una partita per una squadra, cosa che non è accaduta, però, con il Doria. Perché togliere Muriel e inserire Schick è un modo di dimostrare di avere una rosa capace di sopperire anche a delle assenze importanti come quella del colombiano: sembra strano dirlo, ma stavolta la nostra panchina sembra essere davvero lunga, soprattutto quando lo stesso Regini subentra dopo una prima parte del campionato da titolare. Voglio chiudere il discorso parlando di Quagliarella, stasera in campo da capitano: la responsabilità del rigore è tantissima, perché vale fin troppo. A San Siro, con la Sampdoria a un passo dall’impresa di vincere anche con l’Inter, di entrare nella storia – come dice lui stesso a fine partita – dal dischetto a pochissimi minuti dalla fine della partita: lui è freddo, preciso e calcia dritto sotto la traversa contro un portiere che conosce bene e che quest’anno, diversamente da quanto faceva a suo tempo, non ne ha parato uno. E non para nemmeno stavolta. Questo, però, è tirato bene e non lascia spazio a interpretazioni: Quagliarella si è ritrovato e pare non fermarsi più. Il nono posto è confermato, ora sotto con la gara con la Fiorentina: c’è un ottavo posto da recuperare.

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