2013

La domenica con Lei – Una testata alla paura

Pubblicato

su

Tre punti pesantissimi e meritati. Tre punti importanti, perchè concedono una boccata d’ossigeno ai ragazzi di Delio Rossi, e significativi, perchè ottenuti contro una diretta concorrente per la salvezza. Eppure la Sampdoria del primo tempo, imbarazzante per pochezza e fragilità, avrebbe fatto pensare all’ennesimo risultato negativo casalingo, impregnato di una paura che si percepiva ad ogni tocco di palla. 

Difficile analizzare la prima frazione in cui il Doria non ha praticamente giocato, facendo inorridire non tanto per i numerossimi errori tecnici quanto per una quasi inesistente cattiveria agonistica, inspiegabilmente nascosta visto l’importanza capitale della partita. Il 3-4-1-2 di partenza è apparso completamente svuotato di senso, a differenza di quanto visto a sprazzi in quel di Livorno. Regini largo a sinistra, impegnato si e no nella marcatura di Brienza (che ha spesso svariato cambiando posizione), non è riuscito mai a spingere con convinzione e, con questo atteggiamento, non ha mai favorito lo sviluppo della manovra nel suo lato. Il risultato è stato uno sviluppo di gioco non fluido, per usare un eufemismo, e negato sull’out di sinistra dove l’Atalanta ha avuto sempre campo per portare palla. Palombo, schierato e centrocampo, e Bjarnason sulla trequarti hanno inciso zero sulla partita, sia dal punto di vista qualitativo che, soprattutto, da quello del ritmo. Le idee hanno viaggiato troppo lente nei loro movimenti diventando così estremamente deleterie per la squadra. Se a tutto questo aggiungiamo un Gabbiadini decisamente giu di corda (e troppo lontano dalla porta), una paura generale di attaccare e buttarsi sugli spazi (perchè?) fronteggiata a una ottima disposizione in campo degli uomini di Colantuono, otteniamo uno dei peggiori primi tempi della storia recente blucerchiata.

Nella ripresa la musica è cambiata radicalmente con il passaggio al 4-4-2 e l’inserimento di Gentsoglou al posto di Palombo, nervoso come mai mi era capitato di vedere. A beneficiare maggiormente di questo cambiamento di modulo sono stati senza dubbio Obiang, che con l’inserimento del greco ha avanzato il proprio raggio d’azione, e De Silvestri, il più in forma dei nostri, che da esterno di centrocampo ha spinto sulla fascia come se non ci fosse un domani. Il dirottamento di Bjarnason a sinistra è stato sicuramente positivo (e poco ci voleva dopo un primo tempo pessimo) ma, secondo me, difficilmente proponibile con continuità viste le caratteristiche dell’islandese. Gentsoglou, invece, ha sfruttato bene l’occasione datagli da Rossi, giocando con personalità e sicurezza, nonostante sia fra i centrocampisti più lenti che ricordo in maglia blucerchiata. I primi venti minuti della ripresa sono stati ottimi sia dal punto di vista della concretezza (molti tiri in porta, nel primo tempo zero) sia del temperamento. La Samp del secondo tempo ha avuto la fame di una squadra che si vuole salvare. Anche la fase difensiva (zero gol subiti in una gara non si vedevano dall’ultimo Atalanta-Sampdoria) ha beneficiato del passaggio a quattro e dell’innalzamento del baricentro. Regini non ha avuto più l’obbligo di spingere, Gastaldello e Costa si sono divisi con equilibrio il lavoro sulle punte atalantine e Mustafi ha potuto dare libero sfogo alla sua ottima condizione fisica. Il tedesco, gol a parte, sta trovando una continuità importante dopo una serie di prestazioni un pò altalenanti (ma sempre di prospettiva). Gli ultimi quindici minuti sono stati estremamente rischiosi poichè la Samp, in vantaggio numerico, ha abbassato nettamente il proprio baricentro consentendo all’Atalanta di portare molti uomini (saltatori pericolosi come Denis, Yepes e Stendardo) nella metacampo doriana. Gli ingressi di Soriano per Eder e di Pozzi per Gabbiadini hanno tolto alla Samp la possibilità di fare contropiede, oltre a dare l’idea di remissività nei confronti degli ospiti. Il messaggio che ne è emerso è stato: ora cerchiamo di tenere il risultato. L’Atalanta e Colantuono hanno colto il segnale implicito e per poco non hanno trovato il pareggio (mi riferisco al tiro di Denis) che sarebbe stato estremamente deludente visto la situazione di vantaggio per la Samp maturata nella ripresa. Se si è in vantaggio numerico non bisogna assolutamente abbassarsi così nettamente. Il risultato che ne può derivare è che il gioco si sposta su una metacampo sola, dove un uomo in più o in meno non fa la differenza (e questo va a vantaggio di chi è in dieci), e dove un lancio o una mischia possono azzerare qualsiasi tipo di inerzia di gioco. 

Due vittorie consecutive e sette punti nelle ultime tre partite. La classifica è meno drammatica ma le cose da migliorare sono comunque tantissime: questo è chiaro a tutti. Una cosa è certa: serve maggior equilibrio perchè la bruttissima squadra del primo tempo non può essere quella, coraggiosa e concreta, vista nel secondo. L’identità predominante determinerà il futuro della Samp. In questa settimana avremo altre risposte, a partire dalla difficilissma trasferta di Verona.

Exit mobile version