2013
La domenica con Lei – Così vicini eppur così lontani
In questo delicatissimo momento risulterebbe sicuramente molto facile scrivere poemi “di pancia” sull’inconsistenza caratteriale della Sampdoria. La partita di ieri, che ha eguagliato il numero di sconfitte interne dell’anno della retrocessione, è stata indubbiamente un colpo al cuore per tutti i tifosi blucerchiati. Quello che si è visto in campo è stata una formazione completamente assente dopo lo 0-1 di Cuadrado. Viene da chiedersi perché, alla luce di quanto passato negli ultimi due anni e mezzo e alla luce della stagione attuale. Io mi sbilancio, come ho sempre fatto, e dico che la Sampdoria merita la salvezza e che non bisogna, anzi non si deve, buttare tutto in malora. Sia giocatori che tifosi. Le cose da analizzare sono due: la partita di ieri e il momento generale della squadra, elementi tutt’altro che disgiunti.
Partiamo da un dato di fatto: la Fiorentina di Montella è nettamente più forte della Samp. Superiore per dinamismo, mentalità e, soprattutto, qualità. Eppure i viola non hanno fatto una gara sensazionale. Anzi la cosa più preoccupante, dal punto di vista sampdoriano, è stata che la Fiorentina ha passeggiato accelerando il passo, forse, una decina di volte in tutta la partita. Il 4-4-2 di Delio Rossi, poverissimo di tasso tecnico, con le coppie sulle fasce Berardi-Estigarribia e Mustafi-De Silvestri (unico giocatore di categoria dei quattro) è stato davvero inconcludente e non funzionale dalle fondamenta. Il modulo utilizzato ieri, grande classico del calcio post Sacchi, funziona solo se gli esterni lavorano come martelli in fase offensiva mantenendo le distanze giuste (fra passatore e ricevitore). In particolare l’accoppiamento Berardi-Cuadrado mi è sembrato un suicidio premeditato. Eccezion fatta per De Silvestri, che non è un esterno di centrocampo, gli altri tre hanno evidenziato un tasso tecnico molto basso. Zero spinta, posizionamenti approssimativi, rinvii affannosi da oratorio e poca personalità. Il rinvio di stinco di Mustafi sul secondo gol viola o la pallonata in fallo laterale ( che per poco non seccava Montella) di Berardi rappresentano la mediocrità della Sampdoria in questo momento. Non a caso quando la squadra andava bene questi due giocatori non vedevano il campo. Ma non è affatto tutta colpa loro, sia bene inteso. Il fatto è che giocare con il 4-4-2 con questi esterni (Estigarribia un fantasma) è stato estremamente deleterio. In più aggiungiamoci l’incalcolabile lentezza del centrocampo e la mancanza di incisività dell’attacco che si appoggia su un Icardi inesistente (mai visto uno sgonfiamento tale) e su un Maxi Lopez fuori forma. Anche i capisaldi della squadra sono in un pericoloso calo di forma. Mi riferisco a Gastaldello, Palombo e Romero che evidenziano crepe nella loro integrità calcistica attualmente non supportabili dal resto della squadra. Insomma è un po’ colpa di tutti se le cose hanno preso questa piega. Esclusi i tifosi, sempre magnifici.
La squadra di due mesi fa è lontana, soprattutto dal punto di vista del carattere e dell’idea di gioco. In questo momento la Samp sta, da un lato, facendo i conti con le gravi mancanze della rosa, costruita con presunzione e approssimazione in estate, e dall’altro manifestando un senso di appagamento e rilassatezza che ha dell’inspiegabile. È come quando si sta conducendo una partita e non la si chiude, si ha paura di vincere e si sbagliano le cose più semplici. Figure come quella di ieri fanno diventare pazzi e scalfiscono all’improvviso tutte le certezze. Si vorrebbe prendere i giocatori e appenderli al muro e dir loro di tutto. Ma non è questo il tempo: ora serve la vera Sampdoria, o quel che ne resta. A partire dai calciatori, ovviamente, e dall’allenatore. Così vicini eppur così lontani: il rettangolo verde unico giudice.
SEGNO PIÙ
Nulla da segnalare.
SEGNO MENO
Nella prova orribile della squadra spicca in negativo il lavoro sulle fasce, soprattutto a sinistra con Berardi ed Estigarribia.
DA RIVEDERE
Assetto difensivo. La tendenza si è decisamente invertita rispetto a due mesi fa. Ora c’è affanno costante.