2013

La commozione di Mihajlovic: un monito per tutti

Pubblicato

su

Una cosa che mi ha fortemente colpito di Sinisa Mihajlovic ieri pomeriggio durante la conferenza stampa: la sua commozione. Un ringraziamento sentito alla sua Federazione, che per quanto – per sua ammissione – abbia tentato di trattenerlo e di continuare il rapporto lavorativo con Mihajlovic, alla fine ha dovuto cedere. Un premio, un favore, un regalo al suo CT, la guida di questi ultimi due anni.

«Io amo il mio Paese». Con queste parole il nuovo tecnico blucerchiato ieri ha dato il via alla commozione: qualche secondo di silenzio, qualche istante per capire che stava trattenendo qualcosa, che poi è sfociato in quel labbro inferiore tremante, seguito da due parole strozzate. Un patriota, un nazionalista, nell’accezione positiva della parola, che non passa inosservato, che non passa in secondo piano.

Mihajlovic va ammirato per la sua fede, per la sua decisione di aver accettato la Sampdoria lasciando quello che era il suo amore e che resterà tale: il suo Paese. Lo ha confidato: spera di poter tornare ad allenare la Serbia in futuro, un giorno, senza fretta, perché non c’è – lo dico io – onore più grande che essere l’allenatore della squadra che rappresenta il tuo Paese. Forse noi italiani lo capiamo meno, perché la maggior parte di noi passa le giornate a stramaledire il tempo e il governo e il nostro Paese, ma Mihajlovic ha provato a spiegarcelo, a farcelo capire in quella commozione.

Quello che ancora di più ci ha fatto capire, però, è che lui per la Sampdoria ha rinunciato a qualcosa di grande, qualcosa di enorme. E l’ha fatto perché alla Sampdoria ci tiene. Forse quasi quanto tiene al suo Paese. Che le sue lacrime strozzate, quindi, siano un monito per tutti, per tutti quelli che un giorno penseranno di dire che Mihajlovic non ci ha messo tutto se stesso per la nostra squadra.

Exit mobile version