2015

Il mio sogno? Aprire un ciclo…

Pubblicato

su

Il 2-2 di Samp-Parma riassume in breve tutta l’ultima parte di stagione blucerchiata. Poca lucidità, sprazzi di cuore utili a superare l’ostacolo e successivi tonfi. In parte un “che caspita di fine ho fatto?” e in parte un “vorrei ma non posso” unito alla bizzarria della sorte: cioè il fatto che il settimo posto doriano, probabilmente, farà rima con un traguardo prestigiosissimo come l’Europa League. Immeritata o meno? Su questo argomento credo di essermi espresso già a sufficienza, e qui ribadisco che guadagnarsi le cose sul campo ha decisamente un altro gusto. E allora mi piacerebbe andare oltre, a campionato archiviato, sottolineando come l’Europa potrebbe essere importante anche e soprattutto per la programmazione della Sampdoria che verrà. Ma andiamo con ordine.

In primis quello che la Samp mette in archivio, vale a dire l’era Mihajlovic (anche se di “era” è sbagliato parlare, a mio avviso). A Sinisa, che da gennaio mi ha e ci ha fatto anche molto arrabbiare, va comunque fatto un grosso in bocca al lupo e al pari va riservato un grazie. Grazie, soprattutto, per aver risollevato la squadra dalle sabbie mobili della mediocrità al momento del suo arrivo. Grazie per averle trasmesso fame e identità precisa fino a un certo punto di questa stagione, salvo poi essere vittima e complice, al tempo stesso, di una rottura nefasta che ha compromesso tanto, forse quasi tutto. Sinisa poteva essere il simbolo di una pianificazione a lungo termine, l’uomo con cui camminare per diversi anni. Così non è stato, di certo per scelte societarie poco condivise dal mister ma di certo anche per ambizioni e interessi rivolti altrove da parte dello stesso Mihajlovic, mai nascoste fin da subito. Da qui, da questi due fattori di rottura è giusto ripartire. Mi spiego meglio.

Non so chi sarà il successore del serbo. Forse neppure la dirigenza ha ancora le idee chiarissime, vista la lista di nomi così ampia e fatta di profili così diversi tra loro. Mi piacerebbe allora qui con voi analizzarli, partendo dal presupposto che chiarezza andrà fatta e pure con rapidità. Badate bene non fretta ma rapidità, che sono due cose ben diverse tra loro. Ricordandosi quei due famosi fattori di rottura con l’ormai ex tecnico, e li metto in ordine di importanza: le ambizioni della figura che arriverà e le scelte inerenti al progetto (dai giocatori all’impostazione globale) che con quella figura andranno condivise.

Parto allora da Sarri, nome che mi aggrada molto e che negli ultimi giorni, però, è già stato contornato dall’alone dei rumours dei grandi club e la cosa non mi piace. Non mi piace perché il punto a cui voglio arrivare è semplice, ma al contempo è pure un piccolo sogno: dico io, ma è possibile che in casa Samp non si riesca una buona volta a impostare le basi per un ciclo? Un ciclo, sì, non dico magari come quello novelliniano, ma l’idea di affidare le sorti blucerchiate a un uomo che prenda a braccetto la piazza per qualche anno non mi schiferebbe affatto. In questo il nome di Sarri è senz’altro il più affascinante: solido, dalle idee chiare, sufficientemente rodato da una gavetta degna di questo nome ma al contempo non infiammato dalla necessità di guardare sempre fuori dai confini della Liguria per appagare le sue ambizioni. E badate bene: così è stato, dopo Mazzarri (ultimo tecnico da “ciclo”, in casa Samp), per Delneri e lo stesso Mihajlovic. Se ci infiliamo, nel mezzo, l’annata maledetta della retrocessione, la sciocca scelta di Atzori, la chimera Benitez che stoppò Iachini e materializzò Ferrara, la conferma di Delio Rossi dopo una salvezza a cui meglio sarebbe servito far seguire un “grazie” capendo che non ce n’era più, si comprende che l’elenco è lungo e fatto più di singhiozzi che di lunghi respiri. Per questo in cima a tutti metto il nome di Sarri, e ce lo metto col fastidio dei rumours delle grandi, che spero ci siano perché inevitabili ma che non distraggano il prescelto, qualora fosse lui. Altrimenti sarebbe come passare dalla padella alla brace, ci siamo capiti. Sarri, preso in valori assoluti, mi aggrada parecchio perché è il nome che può più di tutti far rima con “progetto”: un percorso con delle basi (giovani, sì, ma di qualità e qualche chioccia al loro fianco), che per certi versi lungo tutta la prossima stagione dovrà anche essere pazientemente aspettato, specie se l’impegno dovesse essere doppio per le gare europee.

Figura diversa, ma simile nell’impostazione, è a mio avviso Donadoni. Reduce da un’annata surreale a Parma, l’ex tecnico della Nazionale è tutto fuorché sanguigno, questo è vero, ma la fame e la voglia di rivincita accumulate nell’ultimo anno credo siano impareggiabili rispetto a chiunque altro. Profilo d’esperienza, pure lui adatto a sposare discorsi longevi anche se su logiche e impostazioni diverse dal primo che ho citato. Eto’o e Muriel con Donadoni, a pelle, per intenderci, ce li vedo di più. Ma ripeto, è una questione di sensazioni e di differenti strategie su cui scommettere.

Paulo Sousa e Zenga sono invece le incognite. Devo essere sincero, conosco poco entrambi e molto poco il portoghese. Entrambi, seppur in modi diversi, rappresentano due scommesse. Lo fu anche Mihajlovic, un anno e mezzo fa, ma questo potrebbe voler dire poco o nulla. Lungi da me il volerli declassare, in onestà però li classificherei, al momento, come scelte più estemporanee e meno programmatiche anche se poi il calcio, si sa, ama smentire dall’oggi al domani.

Quale sia il nome, per questa Sampdoria ci sarà da subito da lavorare duro e da lavorare tanto. Perché stupire è più semplice di confermarsi, vale sia per i risultati sul campo che per la gestione societaria. Vale pure per Massimo Ferrero. Che con il d.s. Osti e con la dirigenza tutta ha diverse questioni da gestire anche solo guardando alla rosa: dalla porta alla difesa, passando per la mediana e arrivando fino al delicato capitolo dei “sacrifici”. Faccio i nomi, non me ne voglia nessuno. Terrei Viviano, al suo fianco un Frison andrebbe più che bene; cercherei un nuovo Romagnoli (che bravo Rugani, eh mister Sarri?) e investirei sulla corsia mancina difensiva; in mezzo muscoli ce ne sono, qualche idea in più non sarebbe male; in avanti cedere bene Okaka e Bergessio non sarà semplice ma bisognerà lavorarci, il tutto unito a un mio modestissimo parere (anche perché so bene che i soldi non cadono dagli alberi): sacrificare Soriano e Obiang è un conto (magari puntando di più su Correa), privarsi di Éder è un altro.

Sarà un’estate lunga, ragazzi. Che poi tanto lunga non è, perché in un soffio si dovrà subito ripartire. Magari per aprire un ciclo. Sarebbe un pò come realizzare un sogno.

Exit mobile version