2015

Il commento tecnico: Innocui e senza profondità

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Guardare la Sampdoria può risultare anche molto noioso in questa stagione. Non che ci si debba per forza aspettare un gioco spumeggiante, concreto e qualitativo. Se guardiamo le altre squadre della serie A non troveremo facilmente compagini in grado di esprimere una idea di calcio innovativa e caratteristica. Certo è che il Doria è estremamente leggibile e superficiale nella sua incisività di gioco. Qualche buono scambio fra i giocatori di qualità, qualche dinamico recupero palla, sprazzi di contropiede fatto bene e poco altro. Ma se grattiamo la superficie di questa squadra non troviamo grossi elementi che diano la parvenza di essere studiati e sviluppati secondo prinicipi concreti, basati sulle caratteristiche dei giocatori.  Anche ieri con l’Atalanta le problematiche riscontrate in queste prime giornate, che alcuni hanno preferito ignorare inchiodando la testa sotto la sabbia visti i risultati positivi, si sono palesate con grande continuità. Premetto che non penso che la Samp sia una squadra scarsa o che giochi un calcio aberrante. Non penso nemmeno che il gruppo non dia sempre il 100%: sono certo che l’impegno sia sempre massimo. Quello che non capisco sono alcuni elementi che, chi ha visto la gara di ieri, non ha potuto non notare.

Il primo punto riguarda la casualità della proposizione offensiva. Non si riesce mai a trovare fluidità nell’attacco, se non per qualche sporadica situazione,  e nemmeno una idea da cavalcare. Tanti, tantissimi lanci lunghi. Troppi e inutili cross per nessuno all’interno dell’area di rigore. La Samp propone poco a livello di dominio sul pallone e preferisce aspettare l’avversario per poi ripartire. Il problema è che gli attaccanti ricevono spesso lontanissimi dalla porta e i reparti tendono ad essere lunghi fra loro e mal spaziati in lunghi tratti delle partite. Ieri, ancora una volta, il Doria ha faticato immensamente ad alzare il baricentro nel primo tempo, soffrendo sulle fasce (come si può preventivare giocando col 4-3-1-2) senza riuscire mai a ribaltare l’azione in zone di campo più vicine all’area bergamasca. Ancora una volta un tempo regalato senza riuscire a cambiare in corso d’opera. L’Atalanta ha trovato si un gol molto fortunoso ma ha rischiato relativamente poco, mettendo la partita esattamente come desiderava mister Reja. Non parliamo di una grande Atalanta o di troppa fatica accumulata nella gara contro la Roma. I padroni di casa hanno gestito bene la palla e difeso con grande equilibrio per poi ripartire, veramente (non come gli ospiti), con grande concretezza. La squadra di Reja ha fatto una buona gara e nulla più. Ha sfruttato una situazione molto interessante in fase di sviluppo del gioco offensivo sulle fasce: una volta che l’esterno deve giocare il pallone, ecco abbassarsi la punta centrale che riceve spalle alla porta e sceglie se dare o meno la sfera nuovamente all’esterno (chiudendo triangolo o dai e vai) oppure giocare con un centrocampista. Questo ha sempre portato fuori i centrali difensivi blucerchiati e scardinato la densità difensiva del Doria, costretto dunque a rincorrere con centrocampisti e attaccanti la spinta dei nerazzurri. Una mossa semplice, decisa e cavalcata dall’Atalanta tutto il primo tempo. E la Samp? Impalpabile, sporadica e terribilmente innocua. Il secondo aspetto sul quale soffermarsi sta proprio nella gestione della partita della squadra blucerchiata. Una lungo accompagnamento senza acuti e senza idee che ha reso facile agli uomini di Reja la lettura delle situazioni di gioco. Le distanze sbagliate fra i giocatori, come già detto, e le difficoltà a far arrivare il pallone in area nerazzurra hanno pervaso tutto lo sviluppo della gara. Nessun cambio tattico, nessuna idea per mettere in difficoltà i padroni di casa. Niente. Incomprensibile il cambio di Rocca, inserito per Correa (invisibile ma non diamogli addosso) e spostato dopo un quarto d’ora nel ruolo di terzino destro per far spazio a Carbonero (fare entrare subito lui no?). Proprio il colombiano è sembrato in palla e per nulla fuori ritmo partita. Anche l’ingresso di Cassano per un Muriel formato fantasma è stato tardivo e, forse, andava accompagnato a uno schieramento mutato, magari a tre punte, per creare dei mismatch o, semplicemente, per far lavorare Reja negli aggiustamenti. Si è andati avanti senza cambiare nulla per tutta la partita, mantenendo un atteggiamento spuntato e approssimativo. 

Piatti, innocui e senza profondità tattica. Difficile parlare di una gara in maniera oggettiva e cercare di migliorare se poi si tirano fuori mille alibi: stanchezza post Roma , panchina corta, la rosa giovane, Ivan con problemi muscolari (stiamo parlando di Ivan eh), la grande parata di Sportiello o l’autorete di Moisander. Zenga ha detto che con due punte, un trequartista e una mezzala offensiva si concede molto all’avversario. D’accordo ma bisogna anche proporre gioco offensivo, altrimenti a cosa servono i giocatori offensivi? Non certo a compensare mancanze tattiche ma a caratterizzare una idea di gioco. Le seconde palle, per riprendere quanto detto da Zenga, sono importanti ma le possono catturare anche i giocatori offensivi, anzi forse sono anche più dotati di quelli meno tecnici grazie alle loro doti di gestione della palla. Tante, troppe considerazioni che rimangono tali perchè si fatica a vedere una idea decisa e condivisa di quello che si vuole fare. La Sampdoria non gioca un calcio bruttissimo e non è nemmeno una squadra scarsa. Le qualità per far bene ci sono e, forse, quello che manca è una idea di gioco che non sia abbozzata o casuale, senza sostanza, ma che abbia basi profonde. Altrimenti si continua ad essere a tratti carini, a tratti brutti e a tratti innocui. Sappiamo tutti, invece, che la continuità è l’unica vera arma su cui poter lavorare e dalla quale partire per raggiungere i propri obbiettivi. 

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