Ma come si può fare una figura così pessima in una partita delicata, abbordabile e preparata in condizioni diametralmente opposte ai propri, modestissimi, avversari? Vero che fino al gol regalato da una imbarazzante leggerezza di Ranocchia il Doria non aveva certo fatto malissimo. Ma è altrettanto vero che, dopo lo svantaggio, la debole reazione dei blucerchiati si è affievolita velocemente mostrando, nella ripresa, un encefalogramma piatto come una tavola da surf. Non c’è tattica che tenga quando si analizzano prestazioni così insipide, prive di carattere e passione.
Il Palermo di Ballardini, in difficoltà enormi sotto molteplici punti di vista, ha vinto quasi senza faticare una partita che per la Sampdoria avrebbe dovuto significare salvezza matematica. Non è che stiamo parlando di un traguardo così prestigioso, sia chiaro, ma è pur vero (e desolante) il fatto che esso rappresenti la massima aspirazione della mediocre e indegna stagione 2015/2016 dei blucerchiati. Ma come è possibile che questa squadra non sia ancora salva a due misere giornate dalla fine? Come è possibile steccare in maniera netta e fastidiosa un appuntamento come quello di ieri al Barbera? Ieri a livello tattico il banco è stato fatto saltare da un errore clamoroso di Ranocchia, stucchevole nella sua sbadataggine ripetitiva e deleteria. L’infortunio che ha causato la rete di Vazquez è stato sicuramente l’elemento decisivo del match ma è arrivato solo a metà primo tempo. C’erano tutte le possibilità per poter rimettere in piedi la gara, anche dal punto di vista emotivo. Invece gli uomini di Montella hanno vivacchiato, spinti dal solo Soriano, verso una incomprensibile anonimia che ha denotato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il solito sottile equilibrio fra alti e bassi che hanno contraddistinto fin qui l’intera annata. La Sampdoria è fragile, fragilissima. Nei suoi momenti alti può lottare e riuscire a superare anche le falle strutturali che si presentano prima e durante la partita. Nei suoi bassi, invece, tutto assume contorni più deboli e contorti. Il Doria quando si sgretola la fa in maniera estrema, progressivamente deleteria negli stessi principi di gioco richiesti da Montella. Ieri davvero si è toccato il fondo dal punto di vista emotivo quando, invece, ci si sarebbe atteso un piglio totalmente diverso anche, se non soprattutto, in relazione agli avversari, in affanno e con le spalle al muro. I mismatch da sfruttare ieri c’erano eccome ma tutto è sembrato paradossalmente non funzionare senza alcun tipo di reazione. Ecco allora trionfare su tutti i palloni giocatori mediocri come Cionek e Vitiello, fronteggiati da un attacco spuntato e senza fame. Aspettare che la partita venga a te e non fare il contrario è uno dei più grandi errori che un giocatore offensivo possa fare. L’intensità dei centrali rosanero, abbinata alla passività di tutta la fase d’attacco blucerchiata ha ridotto i duelli individuali a semplici anticipi sul pallone, sempre vinti dai padroni di casa. Tutto facile, semplice da leggere e da contrastare. E ancora: irritante l’incapacità di Dodò nell’attaccare Rispoli. I tifosi sampdoriani conoscono bene il tenace esterno destro e sanno perfettamente che se vai sotto con uno così, offensivamente e difensivamente, allora significa che hai qualche problema. Un’altra arma, insomma, totalmente scarica e senza munizioni regalata agli avversari. L’elemento che, comunque, ha maggiormente deluso ieri è stato l’atteggiamento. Deconcentrati, passivi e svuotati in tutti i momenti chiave del match. Così il Derby non si vince. Così il punto per la matematica salvezza non si fa.
A due giornate dalla fine ridursi a fare calcoli e guardare ai risultati delle altre è quanto di più desolante potesse capitare a un tifoso blucerchiato. La maglia più bella del mondo un campionato brutto, indegno e fastidioso come questo non se lo merita per niente al mondo.