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Editoriale

Il buonsenso non è un peccato

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La sconfitta della Sampdoria a Napoli brucia più di tante altre, per un arbitraggio che ha deciso di non applicare il buonsenso e per un Reina recidivo e fin troppo furbo

Tante volte mi sono ritrovato a dire che nascondersi dietro gli errori arbitrali non è né costruttivo, né una giusta partenza per una disamina di una partita, ma stavolta devo decisamente ricredermi. Perché l’errore dell’arbitro Di Bello, più nello specifico del suo addizionale Fabbri, ha indubbiamente condizionato la gara della Sampdoria, là dove l’espulsione è avvenuta a Matias Silvestre, uno dei giocatori più importanti della formazione di Marco Giampaolo.

ARBITRI, APPLICATE IL BUONSENSO – Potremmo aprire un capitolo lunghissimo sull’espulsione dell’argentino, ma invece di dilungarci in maniera prolissa e con tecnicismi arbitrali che rischierebbero di rendere soltanto ridondante l’intera disamina, sbroglieremo la situazione in poche parole: Reina, con tanta malizia, ha sfruttato la sua furbizia per un ruolo già noto perché recidivo, avendo già causato l’espulsione di Niang a inizio stagione, ma dall’altro lato Silvestre, ingenuo, avrebbe potuto evitare di tentare di essere furbo a sua volta. Conoscendo il personaggio Reina, l’ideale sarebbe sempre lasciarlo rilanciare in libertà, così da poter prevenire qualsiasi tipo di ammonizione o espulsione: detto ciò, però, sia chiaro, il secondo giallo per Silvestre non c’è. Non sono stato un grande arbitro, non ho arbitrato sugli stessi campi di Di Bello o di Fabbri, quindi mai mi permetterei di ergermi a maestro nei loro confronti, ma il buonsenso è quella regola non scritta che l’arbitro deve sempre applicare prima di ogni altra norma: Reina rinvia, senza alcun problema, pertanto non c’è ostacolo né altro. L’ammonizione è inutile e crea un caso completamente evitabile: nessuno si sarebbe lamentato se Di Bello non avesse fischiato e ammonito Silvestre, invece. Un po’ come quando Gervasoni annullò a Pozzi il gol del 2 a 0 contro il Torino perché il primo tempo era terminato sulla respinta del portiere avversario: va bene il regolamento, ma anche in quel caso nessuno si sarebbe lamentato dinanzi all’applicazione del buonsenso.

IL LAMENTO DI FERRERO – Fa bene Ferrero a lamentarsi, ad alzare la voce: il Ferrero più lucido della stagione, probabilmente di sempre da quando riveste la carica di presidente alla Sampdoria. Un Ferrero che, oserei dire, mi è piaciuto: preciso, porta a sé gli argomenti giusti e chiosa anche sul contratto di Torreira, altro argomento spinoso. Il numero uno blucerchiato, però, svestendo quei panni fastidiosi, ridondanti, inutili e oramai boriosi, parla da bravo aziendalista, da ottimo cinico imprenditore: l’offerta è stata presentata, tra l’altro con un gesto non dovuto da parte della Sampdoria, forte di un contratto fino al 2020 con Torreira; Bentacourt non l’ha accettata e allora, parafrasando Ferrero, tanti saluti. Là dove la nomofilachia può condurre ognuno di noi in una direzione per l’interpretazione ultima: io la vedo come una costrizione da parte del Doria per Torreira a rimanere ancorato a Genova e placare le inutili e improvvise necessità espresse dall’agente del giocatore. Che si pensi a giocare, insomma, e che lo si continui a fare bene, come d’altronde il regista ex Pescara ha fatto sabato sera, sia in costruzione che in fase di rottura.

IL CAMPO – Venendo al calcio giocato, quindi, la Sampdoria si è data decisamente da fare contro il Napoli, che con molte defezioni mentali post-sosta stava quasi per soccombere sotto l’intensità difensiva della Samp. Certo è che i problemi anche stavolta si sono visti: è un peccato che il climax discendente di Dodô, uno degli errori più grandi di Walter Sabatini in tanti anni di carriera, debba palesarsi proprio nell’annata del riscatto con la Sampdoria. Il terzino brasiliano ha il 70% di responsabilità sul gol di Gabbiadini, perché si lascia scappare Callejon, fino a quel momento completamente fuori dal gioco: lo spagnolo, incredibilmente però, riesce a trovare forza e coraggio, oltre che spazio, proprio con l’ingresso dell’ex Inter e Roma, un giocatore che il Doria, purtroppo, dovrà sostituire quanto prima per avere una valida alternativa sulla fascia sinistra. Poi che Regini si lasci scappare il centravanti partenopeo, suo ex compagno di squadra, è un altro discorso. Il 2 a 1, poi, è l’inevitabile debacle di una squadra che dopo aver preso il gol del pareggio e aver quindi perso le speranze di vittoria deve fare di tutto per aggrapparsi con i denti al tesoro rimasto: e in questi casi, purtroppo, spesso si finisce per perdere tutto. I punti a nostro favore però ci sono: Giampaolo si è convinto a mettere in campo dal primo minuto Schick, dopo i tre gol consecutivi, e anche se il ceco non ha segnato l’1 a 0 della Sampdoria è praticamente tutto suo, per la caparbietà nel superare Chiriches e per la lucidità con la quale effettua il cross che Hysaj devìa in porta. Un piccolo passo in avanti, che sicuramente troverà il proprio compimento nel creare la coppia Muriel – Schick sin dall’inizio, sabato sera resa complicata dalle condizioni del colombiano.

Non è sicuramente al San Paolo che la Sampdoria costruirà la sua classifica, è risaputo, ma esser stati privati del difensore più importante a pochi minuti dalla fine della partita, col risultato a proprio favore, dà non poco fastidio e produce non poca rabbia. La prestazione è comunque da salvare e da sfruttare per le gare a venire, a partire da quella con l’Empoli. Un concetto che oramai ci accompagna da diverse settimane.

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