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Giampaolo avverte la Samp: «Una big? Non allenerò ancora per molto»

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Giampaolo inquadra i problemi del calcio italiano: «Manca un blocco, non produciamo talenti. L’obiettivo con la Samp? Trovare equilibrio»

Uno dei problemi più evidenti che riguardano il calcio italiano è rappresentato da quella che dovrebbe essere la massima espressione del movimento calcistico nostrano, la Nazionale. Un pareggio strappato in extremis con la Polonia e una sconfitta in Portogallo la pongono già a rischio retrocessione nella Nations League, risultati che sono la naturale prosecuzione del pessimo periodo storico che stanno attraversando gli azzurri, culminato con la mancata partecipazione al Mondiale in Russia. A parlare di questo e di altri problemi che interessano da vicino l’Italia e di riflesso la Serie A è stato il tecnico della Sampdoria Marco Giampaolo: «Il lavoro del c.t. è difficile: fatichi a creare una squadra pescando singole entità nei club. Puoi saltare questo step se hai tanti talenti. C’è un attaccante della Juve, del Milan, dell’Inter e della Roma che gioca nella Nazionale? Il problema non lo risolve nessun c.t., – ha affermato Giampaolo a Corriere.itma il tecnico è sempre l’agnello sacrificale. Mancini ha bisogno di stage per mettere a posto i giocatori che ha».

Il problema principale è che l’Italia sembra non essere più in grado di produrre talenti: «l tempo dedicato all’attività è minore rispetto a prima. Prima giocavi 8 ore al giorno in strada e se stai lì non studi. Oggi siamo saliti nello studio, chiaro però che hai un’ora per la scuola calcio e stop. Il calcio oggi non è più una questione di vita per i ragazzi, ma un hobby come il burraco. Talento soffocato dagli allenatori? Non confondiamo. Penalizzare un talento in virtù di un’idea è un problema, però l’organizzazione è un valore aggiunto. Ma avete visto mai una squadra vincere senza talento? Solo alla Playstation. È il talento che valorizza la partita: non sono io a dire a Quagliarella di fare gol di tacco o a Defrel di tirare all’incrocio. Messi e Ronaldo fanno la differenza, l’allenatore dà una logica».

Un tecnico può dunque incidere molto su una squadra, ma la partita poi la indirizzano i giocatori che hanno il talento per cambiare volto alle partite: «Fa saltare il banco il talento che non è solo tecnica, ma la somma di personalità, furbizia, intuizione, sana presunzione. Adoro i giocatori furbi, odio il vittimismo, i pavidi. M’innamoro invece di chi sbaglia un colpo, viene fischiato e poi ha il coraggio di rifarlo. Il gol di Quagliarella? Un’opera d’arte, inimitabile. Tutti i grandi gol non sono riproducibili. Il calcio è arte e anche lo stupore che genera in quel momento non è ripetibile». Per quanto riguarda invece gli obiettivi con la Sampdoria, Giampaolo si limita a ribadire un concetto espresso già diverse volte: «Migliorare e trovare un equilibrio tra le vittorie con le grandi e le squadre più alla nostra portata. Io in una grande? Amo questo lavoro: è creativo e mi appassiona, ma mi consuma. Non penso di poterlo fare per tanti anni e guardo al futuro. Alla Sampdoria sto bene. Il grande salto? Mettiamola così – conclude il tecnico blucerchiato con un sorriso –, se lo faccio sono cavoli degli altri…».

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