2013

Gavazzi, dalla D alla A: «Bisogna sempre dare il massimo»

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L’uomo del momento è Davide Gavazzi. Nonostante sia partito a fari spenti a causa di un infortunio che aveva compromesso la sua ultima stagione, l’ex Vicenza si è preso i gradi da titolare e sta mettendo in mostra delle buone prestazioni. Intervistato da “Il Secolo XIX”, l’esterno nasceva cinque anni fa nei dilettanti ed egli rappresenta una sorta di speranza per qualunque giocatore di quella categoria: «Da un certo punto di vista, sì. Nel calcio bisogna sempre dare il meglio di sé stessi e non mollare mai – esordisce il numero 79 blucerchiato – E sopratutto nelle categorie inferiore, come la Serie D, viverlo ancora come un divertimento. Il mio percorso è particolare, sono stato fortunato, magari anche un po’ bravo, però sicuramente fortunato». Un percorso iniziato dal Renate, dove si trasferì nel 2008, e con la Serie A lontana: «Credo che per chi, come me, aveva comunque respirato l’atmosfera delle squadre professioniste, seppur giovanili (Como e Milan, ndr), il sogno dura forse un po’ più a lungo – racconta Gavazzi – Dentro di te ti aspetti sempre di arrivare prima o poi. Certo che a quell’età la tua carriera si decide in alcuni momenti che ti passano davanti. Io avevo pagato anche un paio di infortuni ed il mio varco è stata la Renate. A quel punto, la fortuna si è materializzata in un allenatore, Rolando Maran, che pur senza conoscermi in fondo mi ha portato a Vicenza, in Serie B».

Vicenza è stato un altro “varco” per la carriera di Gavazzi: «Tanto. Non posso dire di averlo considerato un punto d’arrivo, perché c’è sempre un po’ di ambizione in ognuno di noi – confessa l’esterno – Però ero già contentissimo. Passare dalla Renatese al Vicenza, dai». Per poi arrivare alla Samp e al debutto in A, magari sempre con la fortuna e non solo: «Sì, magari sono stato anche un po’ bravo a sfruttare le occasioni. Diciamo che ci vuole un mix». Diverse cose della massima categoria hanno colpito Gavazzi: «La fisicità, la velocità. Ma sopratutto l’abbassamento del margine d’errore – commenta l’ex Vicenza – Cose che in B puoi permetterti. Là quando sbagliavo qualcosa poteva andarmi anche bene. In A ti puniscono subito». Il suo percorso atipico nella Samp potrebbe dare la sensazione a qualcuno che Gavazzi sia lì per caso: «Lo capisco. Anch’io in realtà ho iniziato ad intuire che sarebbe potuto arrivare il mio momento pochi giorni prima della gara di Trieste contro il Cagliari, quando Rossi ha cominciato a schierarmi nella probabile formazione titolare durante gli allenamenti». Un Gavazzi forse migliorato rispetto a quello visto in Veneto: «A volte mi sono posto la domanda anch’io e sinceramente direi di no, sono lo stesso Gavazzi. Certamente, di base più giochi con gente brava e più è facile migliorare – ammette candidamente l’esterno – E più giochi titolare, più cresce l’autostima e la fiducia. Quando sali di livello, piuttosto, l’aspetto più complecato è starci dentro. Da tutti i punti di vista: tecnico, fisico, psicologico».

Su quest’ultimo punto, gli infortuni ed i recuperi possono aver temprato il ragazzo: «Sicuramente. Considero importante ricordarsi da dove si viene. Mi aiuta. Adesso penso a Livorno, una trasferta fondamentale. E’ una nostra diretta concorrente, ce la possiamo giocare – commenta Gavazzi, primo anno in blucerchiato – In realtà, penso che ce la possiamo giocare con tutti, anche se mi rendo conto che detto in questo momento non suona bene. Però è quello che penso». C’è ancora qualche contatto con i compagni del Renate e Gavazzi rappresenta quello che ha fatto più strada tra loro. Del resto, a Talamona – paesino del Valtellina dove sono i natali di Gavazzi – qualcuno aveva promesso di suonare le campane della chiesa per il suo debutto in A: «Sarebbe stata un’esagerazione… E poi non sono l’unico professionista nello sport del paese. Mio cugino Fancesco è un ciclista e corre nell’Astana. Ha già vinto delle gare e quest’anno ha fatto il Tour. Poi c’è Gioele Bertolini, talento della mountain bike». Gavazzi è molto legato alle proprie radici, tanto da essere il testimonial della squadra di calcetto ed offrire le sue maglie per pesche di beneficenza: «Sì, appena posso ci torno. Ci sto bene. Le maglie non so chi le ha vinte, devo informarmi».

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